ROMA - “Harold e Maude” non è semplicemente una commedia sentimentale e fantasiosa in tipico stile anni Settanta, malgrado di quell’epoca abbia dei tratti distintivi, primo fra tutti la ricerca della felicità individuale a discapito di usi e costumi troppo rigidi; questo film, che nel 1997 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti, è soprattutto un’opera poetica e surreale sulla morte e sulla possibilità di trovare una serenità più autentica abbattendo gli schemi precostituiti che ci vengono forniti fin dalla nascita. Harold (Bud Cort) è un agiato diciottenne che, stanco della vita, passa le sue giornate ad inscenare finti suicidi e a recarsi a funerali di persone che non conosce; durante una di queste celebrazioni conosce Maude (Ruth Gordon), una vispa ottantenne di cui si innamora perdutamente e che gli insegnerà a guardare alla vita con occhi diversi . L’amore che nasce fra Harold e Maude non può non sorprendere ed è senz’altro l’aspetto che più di tutti dona alla pellicola un carattere fantasioso e surreale; a ben vedere però, è nel ribaltamento di ruoli e convenzioni che si trova il vero elemento innovativo del film, che riesce, grazie alla bella regia di Hal Asby e alle bellissime musiche di Cat Stevens, a mantenere comunque un tono da commedia romantica. In un’epoca in cui si discute ancora sui rapporti in cui è la donna ad esser più matura, “Harold e Maude” si pone come un esempio di libertà e di amore, che vuole insegnare come “l’impossibile” sia solo e sempre un pregiudizio creato dalla nostra mente.