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HELMET @Fabryka, Cracovia, 12.09.2014

Creato il 23 settembre 2014 da Cicciorusso

helmet

Nei primi anni novanta, quando il sottoscritto muoveva i primi passi nell’universo della musica del diavolo, Videomusic era uno dei pochi contatti col mondo esterno che mi permetteva di tenermi aggiornato e al limite scoprire pure qualcosa di nuovo. Fu così che un giorno, mentre facevo zapping, mi capitò di vedere uno speciale su Sonoria ’94 (un attesissimo evento che doveva essere una specie di nuovo Monsters of Rock ma che poi si rivelò un autentico fallimento). Beccai proprio il momento in cui facevano vedere l’esibizione dei Sepultura. Ovviamente ero contentissimo. Ancora promuovevano Chaos AD, quindi è superfluo dire che stiamo parlando dei veri Sepultura. Ma a quello che venne dopo non ero preparato. Quattro ragazzi con bermuda, t-shirt e capelli corti, all’apparenza assolutamente normali. Non avevo idea di quello che stavo per sentire. La potenza del suono sprigionato da quei Marshall mi investì subito, assieme alle ritmiche quadrate e sincopate. Signore e signori, gli Helmet.

Una delle cose che mi ha sempre affascinato degli Helmet è il contrasto tra la voce limpida di Page Hamilton e la potenza del riffing. Esperimento cominciato con il secondo disco, Meantime. Dunque, quel contrasto tra la loro immagine e la musica, così potente e fragorosa, quel loro apparire ragazzi normali, così lontani da quei puzzoni, che so, dei Biohazard o dei White Zombie, mi affascinava. In passato i nostri erano stati già in grado di provocare qualche mal di testa niente male, quando la loro musica era piu’ grezza e caciarona. Provare la raccolta dei primi singoli/ b-sides Born Annoying per credere.

Usciva proprio nell’anno di Sonoria quel capolavoro che risponde al nome di Betty, di cui si festeggia appunto quest’anno il ventesimo anniversario. Per l’occasione i newyorchesi gireranno l’Europa riproponendo integralmente l’album in questione (cosa che sembra andare parecchio di moda ultimamente). Le prime sensazioni della serata sono negative, perché, avendo fatto male i calcoli dopo l’uscita da lavoro e aspettandomi una band di supporto, arrivo mentre si apprestano ad eseguire il quarto pezzo, quella Milquetoast che, tanto per dire, era di gran lunga il brano migliore della colonna sonora de Il Corvo. Semplicemente distruttiva con i suoi riff matematici e pesantissimi.

I nostri proseguono con la riproduzione dell’album ed è un’esecuzione della madonna. Perfetta. I nuovi membri reclutati da Page dopo la reunion non hanno nulla da invidiare ai vecchi. D’altronde è sempre stato Hamilton la forza trainante del combo, il quale ha visto alcuni cambi di line-up nella sua storia. Menzione speciale per Kyle Stevenson dietro le pelli. Potente e preciso come nella migliore Helmet-tradition. Tic, Street Crab, Speechless, la stupenda Overrated, grande esempio di potenza e controllo come non ce ne sono più. Le canzoni si susseguono e l’esperienza è appagante. Il pubblico salta e scapoccia, il metronomo della band, ovvero la gambetta sinistra del buon Page, si muove come al solito con una coordinazione degna dei migliori direttori della Berliner Philharmoniker.

Dopo l’esecuzione dell’intero album arrivano diversi episodi dal suo successore, quell’Aftertaste che, seppur ottimo, lasciava maggior spazio a soluzioni più prettamente “alternative” e meno rumorose. Non il loro miglior disco ma sempre su livelli altissimi. Il tempo scorre e, quando il pubblico si accorge che la serata sta per finire e Page domanda quali brani vorrebbero sentire, è naturale che a gran voce si invochi Unsung. Gran pezzo. Non prima della granitica In the Meantime, pero’. E Poi Unsung. Headbanging frenetico e riffoni da paura. Alla fine Page viene ad abbracciare e a farsi le foto con tutti i fan delle prime file. Io gli stringo la mano. La sua band ha significato molto per me. Li avevo nelle orecchie quando lasciai casa la prima volta per andare all’università. Ed era proprio Betty. Band così non ne nasceranno più.



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