Di hikikomori ho già scritto più volte ma voglio tornarci perché qualche giorno fa ho letto un brevissimo articolo del Wall Street Journal che parlava di hikikomori in un modo che mi è sembrato carico di sensibilità.
La fondazione Yokayoka e gli hikikomori
Shirley Wang ha intervistato un gruppo di ricercatori della Yokayoka, una fondazione che da quattro anni si occupa di hikikomori a Fukuoka, in Giappone, e alcuni hikikomori che hanno beneficiato dell’aiuto fornito da questa fondazione. Secondo i ricercatori della Yokayoka, in Giappone, il numero di persone hikikomori sarebbe compreso tra mezzo milione e due milioni. Sono persone che scelgono di isolarsi dalla vita sociale e rifiutano ogni contatto umano, come Yossy, che, dopo una brutta lite col suo capo, non ha visto nessuno per sei mesi, come Kimura, che, cambiata città, ha smesso di andare a scuola e si è rinchiusa a casa per cinque anni, come Yu-chan, che, ferita dalle parole dei suoi amici, è rimasta nascosta in casa per quattordici anni.
Da questo punto di vista, l’isolamento sociale mi sembra la condizione individuata per sopravvivere a frustrazioni e separazioni che non si riescono a gestire in altro modo. Le cose non sono però così lineari e frustrazioni e separazioni incrinano in realtà una personalità in difficoltà già da prima.L’isolamento è poi solo uno degli aspetti presenti in chi si considera ed è considerato un hikikomori. Ve ne sono altri: depressione, autismo, tendenze ossessive, in alcuni casi una dipendenza da internet.
Mi è sembrata infine interessante una osservazione riportata nell’articolo del Wall Street Journal: lo stigma nei confronti delle persone hikikomori è inferiore allo stigma verso malattie mentali considerate più gravi, ad esempio la schizofrenia. Il risultato è che non sono poche le persone disposte a definirsi hikikomori. È una osservazione coerente con quanto evidenziavo tempo fa, cioè il fatto che l’hikikomori possa contenere anche la dimensione della fuga da una società che si disprezza.
Ciò che hanno in comune le persone che si sono rivolte alla fondazione Yokayoka è la consapevolezza che un cambiamento era necessario. Per dirla con le parole di Kimura, “Non puoi riavere indietro il tempo perduto. Per favore, prova a fare il primo passo verso fuori”.
Mi unisco alle parole di Kimura.
Per approfondire
Hikikomori: isolarsi per troppa vergogna e dire no al conformismo
Hikikomori: il ruolo dei genitori nella scelta di isolarsi dal mondo
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Rosalia Giammetta, psicologa e psicoterapeuta, si occupa di adulti e adolescenti, a Roma. In particolare, è specialista in disturbi d’ansia e depressione e nella prevenzione dei comportamenti a rischio. Ha condotto numerose attività di formazione e ha pubblicato il volume L’adolescenza come risorsa. Per saperne di più, visita la sua pagina personale e leggi gli altri articoli.
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