Nel XV secolo, Venezia era la porta di comunicazione con l’Oriente. Da lì a poco, sarebbe partita una nuova onda culturale.
Siamo all’epoca dove Venezia è il bordello dell’ Europa a tal punto che la prostituzione, non solo è tollerata dalla morale, ma considerata una fonte d’entrata per la casse del Doge. Ma è soprattutto il periodo di Bellini e Dürer. Nella tarda estate del 1494, a Norimberga scoppia una di quelle epidemie tanto comuni all’epoca, la “peste”. Il miglior sistema di difesa contro il contagio, il più sicuro tra quelli consigliati dai medici, era di abbandonare la regione colpita. Dürer colse l’occasione per andare a conoscere la “nuova arte” italiana. La sua meta era Venezia.
Albrecht Dürer dal carattere piuttosto inquieto, perennemente in bilico fra entusiasmo, insoddisfazione e soddisfazione del proprio successo. Divorato dall’interesse per i viaggi, la sete di conoscere, dal capire e vedere. Compie il viaggio in Italia, per conoscere dal vero le opere dei maggiori artisti rinascimentali italiani. Rimane affascinato dalla tridimensionalità cromatica dell’opera del Bellini, dai dettagli raffigurati e dall’estrema precisione, dal tratto innovativo, tanto che i dipinti sembrano vivi, rendendo giustizia alla tanto decantata ricchezza veneziana.
Tutte le famiglie facoltose ordinano il broccato di Venezia, abiti che funzionano come messaggio di distinzione sociale e come ostentazione di ricchezza e benessere. Proprio i dipinti di Dürer sono le uniche testimonianze a nostra disposizione della Venezia del tempo. Siamo agli albori del Rinascimento e l’entusiasmo è nella’aria, Bellini e Dürer vivono il fermento in prima persona, la luce, i riflessi, le rotondità e l’illusione della realtà, sono gli elementi che vengono portata sulla tela.
Durante la peste Venezia, fu la prima ad emanare provvedimenti per arginare la diffusione della peste, adottando severe misure di quarantena a difesa della salute pubblica e costruendo strutture ricettive, localizzate nella Laguna veneziana, molto organizzate, per mettere in contumacia le merci che provenivano dal mare, che costituivano una risorsa e le persone salvando loro la vita al resto della popolazione. Sei settimane di isolamento, scongiuravano il pericolo del contagio, dimostrando al mondo che le misure di cautela, adottate non potevano prevenire la peste, ma di sicuro contenevano il suo diffondersi. Ogni imbarcazione in arrivo nella laguna era sorvegliata e il capitano doveva seguire una prassi severissima presentando all’ufficio di sanità le “patenti” di ogni passeggero rilasciate dai consoli veneziani nei vari porti toccati, liberi o infetti: la contraffazione dei documenti e la falsa testimonianza erano punite con la pena di morte. A questo punto passeggeri e merci entravano nel lazzaretto, le merci erano affidate a personale specializzato nelle procedure di lavaggio ed espurgo.Col tempo la gloria di Venezia comincia a vacillare, i commerci vengono indeboliti dall’impero ottomano e Costantinopoli mette fine al monopolio di Venezia facendo crollare i prezzi delle merci.
Venezia oggi è considerata un “museo vivente”, per la sua particolarità di città “acquatica”,
patrimonio dell’umanità accoglie, i turisti in ogni periodo dell’anno con il suo passato storico circondato dalla sua laguna. Il fascino e la sua storica, unica, bellezza sfidano il tempo e la leggenda.
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