Ho cercato più volte un dialogo con Scalfarotto in Commissione ma era arrivato al punto di non rivolgermi nemmeno più la parola. Parlava anzi ai miei colleghi, come se nemmeno esitessi. Non è stato bello dal punto di vista umano.”
Questa la dichiarazione della cittadina Giulia Di Vita, parlamentare del M5S,rilasciata al sito Gay.it
Ora, io non conosco personalmente Giulia Di Vita, 29enne di Palermo, descritta come la parlamentare del M5S che più ha a cuore il tema dei diritti delle persone LGBT. Ma mi è molto facile, leggendo la sua intervista, entrare in empatia con la sua nera delusione. Delusione riguardo anzitutto al risultato finale di questa ignobile bozza di legge (per gli amanti dei dettagli giuridici, ecco cosa ne dice Magistratura Democratica) “contro” l’omofobia, approvata due giorni fa dalla Camera, e ora da (emendare alla radice, si spera, e) approvare dal Senato. Eppure la storia è piena di delusioni politiche, soprattutto se sei donna, laica e progressista, come certamente Giulia Di Vita è. Quello che fa sempre fatica ad andare giù è il piano umano.
Perché il comportamento adottato dall’On. Ivan Scalfarotto, del PD, e descritto dalla cittadina Di Vita, è un comportamento inaccettabile per vari motivi. Anzitutto, è quanto di più IMPOLITICO sia immaginabile. Facciamo finta che il piano umano, che la buona educazione, che il savoir-faire, non esistano, non abbiano alcun valore né etico, né morale, contino zero assoluto. Facciamo finta che conti SOLO il gretto piano politico-strategico e tattico. In un Parlamento così precario come quello attuale, l’interesse gretto di un bravo parlamentare del PD, uno che voglia tenersi aperte sempre almeno due porte nella legislatura, è, chiaramente, di NON rompere sul piano umano con nessuno. In particolare, non rompere con i tuoi omologhi (sui diritti civili, in questo caso) negli altri partiti: sono le persone la cui collaborazione potrebbe essere davvero preziosa in futuro. Non rompere con i momentanei colleghi di governo del PDL e di Scelta Civica, certo, ma anche non rompere con i potenziali colleghi di una prossima ed eventuale maggioranza composta da SeL, M5S e Sc.Civ, magari “di scopo”, “tecnica”, “solo per la legge elettorale”. Quindi, anche se la morale, la buona educazione non esistessero, un parlamentare del PD che arriva a ignorare l’esistenza di una esponente della momentanea opposizione, sua omologa sui diritti civili, commette due volte un errore crasso.
Tuttavia, il punto è che il piano umano, la buona educazione, il savoir-faire esistono eccome, e contano pure molto. Contano soprattutto se le persone che oggi ti criticano, in passato si sono fatte in quattro per te. Andiamo alle primarie del PD del 2005: attorno a Ivan s’era riunita, per una felicerrima stagione, una comitiva di donne e uomini attorno ai trent’anni, chiamata “Io Partecipo”. Rappresentanti di quella generazione senza rappresentanza, spesso finita all’estero, fottuta dalle generazioni più anziane dei baby pensionati alla Vittorio Feltri. Ecco, molti di quei trentenni di allora, dettero il loro tempo, le loro intelligenze, la loro fiducia, i loro sorrisi e anche i loro pochi quattrini a Ivan. Perché ci fidavamo di lui, delle sue idee, del suo programma, che erano poi anche le nostre idee, il nostro programma.
Quelle primarie per Ivan furono, tutto sommato, un successo: dal Carneade di bancario che era, diventò una figura un pochino meno anonima, un pochino più nota. Ivan decise di usare quelle primarie per entrare nel PD, così, senza nemmeno peritarsi di verificare se quel percorso era voluto dalla maggioranza dei suoi sostenitori. Da un giorno all’altro, il movimento di “Io Partecipo” venne sciolto e Ivan aderì al PD da semplice cittadino, forte però di 22.000 preferenze personali. Non esattamente la dote di un qualunque cittadino che s’iscriva al PD, converrete. Da lì sono cominciate le prime critiche, le prime osservazioni negative. Fatte da me e da molti altri. Ogni volta, quello che sarebbe diventato al secondo tentativo l’On. Scalfarotto ha risposto con la stessa mancanza di maturità umana e politica che ha ostentato alla povera Giulia Di Vita. Le riflessioni critiche non fanno per Scalfarotto. Abituato a trattare da manager bancario coi suoi sottoposti, ha riservato spesso a quei suoi sostenitori che ora osavano criticare un aspetto di una sua scelta politica, quello stesso trattamento sterile e controproducente messo in mostra con la cittadina Di Vita.
Il bello è che Scalfarotto, per giustificare questi suoi sbalzi d’umore, ha lasciato alle volte traccia scritta. Email che terminano con il saluto “addio”. Dico, parliamo di un uomo oltre i 40 anni che firma una mail di dissenso verso un ex sostenitore che lo critica politicamente, con “addio”. Ma nemmeno al kindergarten, dio santo. Altre volte, invece, è andato oltre il semplice “addio” e ha direttamente querelato. Come nel caso dell’attivista LGBT Massimo Falchi, reo secondo Ivan di averlo minacciato. Falchi nega in radice. Ho scritto a Ivan chiedendo lo screenshot di quel post di minacce. Non ha risposto. Così come non ha risposto a una mail in cui gli annunciavo un breve articolo sul Fatto riguardo questa querela a Falchi e gli ponevo un paio di semplici domande.
Beh Ivan, ora hai mostrato al mondo il tuo “fine” operato politico. Hai sciorinato a tutti questo capolavoro dell’approvazione alla Camera del tuo progetto di Legge.Ornato financo dalla tua strenua difesa del sub-emendamento Gitti che affossa, di fatto, il senso non solo della Legge anti-omofobia, ma perfino della Legge Mancino. Hai fatto la famosa frittata. Ecco che, per questo, sei stato criticato e affossato non solo da tutte le principali associazioni per i diritti LGBT, ma anche da quel gruppo Repubblica-L’Espresso che nel 2005 ti consentì la cavalcata delle primarie. Ricordi gli articoli di Concita De Gregorio? Beh oggi leggiti quei pericolosi reazionari di Pasquale Videtta o Luca Sappino o Tommaso Cerno, o magari quel nemico del popolo e dei diritti che è Alessandro Capriccioli. Non basta? Hai contro anche tutti i principali intellettuali, i blogger opinion-maker come Elfobruno, i patiti di Twitter che inventano hashtag tipo #dimissioniscalfarotto, quelli di Facebook che addirittura fanno pagine chiedendo le tue dimissioni, da relatore e da parlamentare. Gli opinionisti della stampa ti sono tutti contro, dallo chicchissimo Internazionale con l’ottimoClaudio Rossi Marcelli fino all’ultimo dei più nazional-popolari, il sottoscritto, sul Fatto Quotidiano. Possibile che ci siamo tutti ammattiti?
Ma dì un po’, Ivan, non eri proprio tu quello che criticava i Cinquestelle perché erano spocchiosi e si credevano “superiori a priori“? Ma perfino quando scegli di rispondere a Claudio diInternazionale, ce l’hai una sbrenzola di capo ufficio stampa degno di questo nome che sappia porre un limite alla tua debordante, abominevole spocchia? Sono convinto che in realtà il tuo ufficio stampa è bravo e te lo dice, che non si risponde in modo così antipatico alla stampa, specie se di nicchia e di opinione, ma il problema sei tu che non gli dài retta. Perché pensi di potertelo permettere. Quando, guarda Ivan, proprio non puoi. La comunicazione politica, prima ancora che la politica, non fa per te. Non ci sei tagliato. Non ne hai il sufficiente talento. Fattene una ragione, perché queste non son cose che si imparano in un corso full-immersion. Sono talenti naturali. “C’è chi può e chi non può; tu non può” come diceva il poeta.
Ora che la maggior parte dei tuoi vecchi sostenitori ti ha fatto notare prima in privato e poi in pubblico quanto sbagliata fosse la tua intera strategia e quanto da emendare i tuoi contenuti, hai però ottenuto quel che volevi: ti sei messo in buona luce con questa dirigenza del PD che è per le larghe intese col PDL. Ti sei preso il buffetto dall’attuale segretario pro-tempore. Bravo, Ivan, bravo. Ti do un ultimo consiglio non richiesto: siccome so che non ti dimetterai, affrettati a raccogliere questa messe, anche se il tuo DDL non andrà – così com’è – da nessuna parte, e assicurati un posto bello in alto in lista per le prossime elezioni da fare rigorosamente col Porcellum.
Perché parliamoci chiaro, Ivan: Dio non voglia che il Parlamento italiano torni a essere eletto democraticamente. Dagli elettori, che devono scrivere colla matitina un nome su una scheda. Paura, eh? Avanti tutta, allora Ivan, nella speranza che tutto cambi, affinché nulla cambi. Dopotutto, la pensione da Parlamentare non è poi così lontana.