Cristiano Ceroni, Gli mancava il più comune buonsenso (omaggio a Ettore Majorana), 2007, olio su tela (dittico), cm 50 x 85
Sembrava un barbone, l'Ettore Majorana sulla strada provinciale 37 per Caltagirone, ma forse non lo era davvero. Indossava sempre un cappotto e un berretto militare, si portava dietro un grosso sacco di tela. Nei primi tempi dormiva fuori, appoggiandosi allo zaino, poi gli operai dell'Anas gli concessero di stare nella casa cantoniera. Strana la sua vita tra quelle mura rosse, con i vestiti stesi ad asciugare sopra i fichi d'India. «Una volta eravamo lì e a un certo punto si è messo a piovere», ricorda Ernesto Scibona, «noi siamo entrati in auto, lui invece è rimasto fermo al lato della strada, voltando le spalle al temporale». Per quattro anni è stato in quella casa, ma soltanto nei mesi primaverili. Nella casina rossa Scibona ha preso gli "effetti personali" del presunto Majorana, da cui si potrebbero ricavare tracce di Dna: reti per materassi, ombrelli, cinghie, penne, un pettine, uno specchio triangolare, un piatto, scarpe. «Purtroppo ho trovato solo un pezzetto di carta dentro a un nido di topi, sopra c'erano formule matematiche». Una volta il Major/Majorana aveva chiesto al padre di Scibona un quaderno con una matita: «Speravo di trovarlo», si rammarica ora Ernesto, «ma lui distruggeva tutto nel fuoco». E per questo le pareti della casa cantoniera sono annerite. Come in un'altra casa al bivio della statale Caltagirone-Gela, dove si diceva vivesse sempre quello strano personaggio.Cosa sperava di trovare in quel quaderno? Le prove che quel barbone gentile e acculturato («Mio padre diceva che parlava sei lingue, invece mia sorella mi ha detto che mischiava parole italiane e straniere») fosse davvero lui, quell'Ettore Majorana avvistato un po' ovunque, ancora oggi al centro di misteri e ipotesi fantasiose. E non sarà un caso se quell'uomo col cappotto leggesse romanzi gialli e di spionaggio della collana "Segretissimo" di Mondadori... «Secondo me era un ex prigioniero di guerra, un internato, magari in Russia, dove forse era stato utilizzato come scienziato», azzarda Scibona. «A mio padre aveva detto di sapere tante cose, alcune segretissime che nessuno avrebbe dovuto sapere, per il bene di tutti».
Segreti militari, spionaggio, scienza al servizio della guerra (anche di quella "fredda"): queste le affascinanti ipotesi che però sembra impossibile confermare o smentire. Di certo c'è che «si comportava da morto vivente e la testa sicuramente "non era a posto"». Voleva mantenere un segreto e c'è riuscito, anche perché il padre di Ernesto ha tenuto fede alla promessa e non ha mai rivelato di cosa parlassero. E pensare che nei primi tempi Scibona senior si era convinto di aver capito cosa turbava quell'uomo: «Lo sapevo, c'entra una donna!». «Sono sicuro che è stato in Germania e poi l'hanno preso i russi», insiste Ernesto Scibona. A quell'adolescente di Mirabella, una delle poche volte che gli rivolse la parola, lo strano signore regalò una volta una moneta d'argento del Terzo Reich, datata 1936. Il "vero" Majorana in Germania c'era stato sicuramente nel 1933. «L'ultima che l'ho visto sarà stato nel 1974, stavo andando a Caltagirone», conclude il suo racconto Scibona. «Era in un campo di frumento in una strana posizione e non si capiva bene cosa stesse facendo». L'ennesimo mistero di questa storia? No, in realtà. «Stava facendo i bisogni!».