“Ciao pà,
l’ho fatto di nuovo, mi sono messa a piangere.
Ieri sera quando ho trovato sul letto quindici cartelli scritti dalle mie coinquiline che ti conoscono perfettamente senza averti mai visto, stamattina in metropolitana, stamattina in ufficio, lo farò stasera, lo farò per tutto il giorno. Sono salita con i piedi sul letto e ho fotografato tutti i cartelli, ma erano così tanti che anche se lo schermo dello zenfone è grande come la mia felicità non ce l’ho fatta mica a prenderli tutti, però sono sicura che capirai.
Ormai non mi pongo più nemmeno il problema, è tradizione, lasciatemi piangere. Piango a ogni messaggio perché sento di non essere poi una persona così brutta come tanti dicono, questa emotività è la stessa tua quindi abbasso la testa e penso che in fondo non è mica colpa mia. Anche quest’anno gli auguri di qualcuno non arriveranno, alcuni arriveranno su Facebook e Twitter e io invece vorrei che alzassero il telefono, alcune persone mi mancano ma farò finta di niente, spero che lui non mi rovini di nuovo il compleanno però se non dovesse farlo ci rimarrei male lo stesso. Uff. C’è qualche lacrima sullo schermo dello zenfone anche mentre scrivo adesso e la signora di fianco a me mi guarda e legge quello che scrive. Bene, adesso sa che esisti, e forse anche che è il mio compleanno, però ancora non mi ha fatto gli auguri. Da oggi ho ventisei anni e sono tanto spaventata, sono più vicina ai trenta che ai venticinque e ai trent’anni comunque non ci sarai e sarebbero anche i tuoi sessanta e non fa ridere per niente. A ventisei anni – quasi trenta forse dovrei avere più certezze e meno sogni, dovrei aver capito chi sono e cosa voglio, ma non è così. Praticamente ieri di anni ne avevo ventitrè e come diavolo è possibile? Chi è che continua a girare così velocemente le pagine del calendario? Sarà il vento? Sarai tu quando ogni sera vieni a darmi la buonanotte? Sarò io quando vado a fare la pipì alle due del mattino? Chissà.
Non lo so se oggi il signor Asus sarà contento, tu non lo conosci, ma voglio lo stesso raccontarti una storia che ti farà tanto ridere. Sono cresciuta tanto e non solo secondo i numeri dopo il 2 che crescono nella bio di Instagram, ma secondo una serie di cose che ho scoperto di botto, tutte insieme. Ho imparato a mettere il naso fuori casa senza paura e a stringere mani con forza, come mi hai insegnato tu. La stretta di mano è il tuo biglietto da visita, dicevi, devi far vedere da subito che hai due palle così. Ho anche imparato a nascondere benissimo le cicatrici, tanto ormai sono così tante che si confondono le une con le altre. E infine adesso so i miei punti di forza, e sono quelli che in molti mi chiedono di utilizzare. Volevi che lavorassi con le parole ed è quello che sto facendo. Mi prenderesti troppo in giro se sapessi quello che faccio e come lo faccio. In effetti forse vorresti picchiare il signor Asus perché adesso ho un telefono che non si scarica davvero mai, o forse lo ringraziaresti perché non capiterà più che io sia in giro alle 2 di notte con il telefono scarico sul bus. Potrei dirti che è perché “ha una batteria da 3000mAh, che consente di essere sempre operativi garantendo oltre 28 ore di conversazione e 13 giorni di stand by” ma non ci capiresti nulla. Posso dirti, però, che l’altra sera sono uscita con la batteria al 50% e sudavo freddo ma nonostante gli smanettamenti e i lunghi momenti di sociopatia da occhi sullo schermo sono tornata a casa che era al 20%. O di ieri sera, quando ne ho fatta una delle mie lasciando pc e caricabatterie in ufficio pensando di averli persi e sono tornata a casa col telefono che squillava squillava ed era bollente per colpa degli auguri e niente, stamattina era ancora lì che vibrava ancora. Vorrei avere almeno metà della sua forza, forse piangerei meno. Poi ti piacerebbe così tanto scattare le foto con tutte le funzioni che ha, sono così tante che io ancora mica le ho capite. La scorsa settimana sono stata sempre in giro e ho dormito poco, ho le occhiaie e la sonnolenza. Ho visto tante cose che ti sarebbero piaciute parecchio.
Quando tengo in mano lo zenfone mi sembro te col tuo cellulare grandissimo e quando devo fare le foto devo usare tutte e due le mani, quando invece voglio fare quella da Instagram in cui tengo in mano qualcosa è complicatissimo e giusto l’altra sera stavo per farlo cadere nel bicchiere del Disaronno sour. Sono cresciuta, ma non poi così tanto. Però con questo schermo le nostre foto sono così nitide e giganti che sembra quasi che tu sia qui con me. Se lo abbraccio occupa tutto lo spazio del cuore, come faceva la tua mano quando volevi essere sicuro che le pulsazioni fossero quelle giuste. Vorrei dirti che lo uso per scattarmi un sacco di foto con il mio fidanzato ma quello no, sotto quel punto di vista il disastro continua. Forse un po’ è colpa mia, come dicevi tu. Non saranno contenti nemmeno gli altri quando domenica mi vedranno smanettare, mi diranno che devo lasciare giù il telefono e guardare le loro facce che vedo troppo poco, darò la colpa al signor Asus. Ah sì, perché domani torno a casa. Domenica c’è la mia festa a sorpresa ma non è più tale perché tua mamma ieri me lo ha detto al telefono. Forse dovremmo dirle che la festeggiata è quella che non deve sapere. Ti ricorda qualcuno? Mi dicono che sono fieri di me e che sicuramente lo sei anche tu. Lo spero tutti i giorni.
Questo è il mio anno papà, grazie per condividerlo con me. Sempre. Ti voglio tanto bene e tanti auguri a me.
Tua,
Denai.”
(Mio padre delle mie spiegazioni non ci capirebbe nulla, andrebbe su http://zenfone.it)