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Ho visto l’Italia del futuro

Creato il 18 aprile 2012 da Fugadeitalenti

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C’è una via d’uscita? Sì, c’è. Basterebbe dare spazio all’enorme energia che cova sotto le ceneri di un Paese morto, nella sua classe dirigente attualmente al comando. Troppo relazionale e politicizzata, per poter dire ancora qualcosa. Troppo anacronistica, nella sua visione del mondo.

La buona notizia, credetemi, è che il potenziale finora represso da questa “classe dirigente” (virgolette d’obbligo) è semplicemente straordinario.

Lo dico, dopo un weekend, quello appena trascorso, passato a conoscere più da vicino questa Italia. Ne ho parlato nell’ultimo “post”, sugli appuntamenti che attendevano “La Fuga dei Talenti”: un liceo lombardo, la Innovation Makes Wonders Conference dei Giovani Imprenditori a Brescia, il convegno dell’Alta Scuola Politecnica a Milano.

Tre spaccati, che mi hanno consegnato un quadro unitario di un’Italia che sta crescendo: il futuro è già qui, insomma. Ma è come se questo Paese facesse l’impossibile per rimandarlo.

Dai giovani delle ultime classi di liceo, con una consapevolezza del proprio posto nel mondo e del proprio futuro sconosciuta ai loro predecessori più immediati, agli innovatori che cercano di farsi largo in un Paese imprenditorialmente ancorato a modelli troppo spesso datati, fino ai giovani ingegneri di eccellenza che stanno progettando il futuro in giro per il mondo… Sono le tre angolazioni, solo apparentemente molto diverse tra loro, che un tour per certi versi sfibrante, ma incredibilmente entusiasmante, mi ha consegnato.

In questo quadro nero di recessione, dove il sistema-Italia è ormai in trincea, a partire dal suo stesso sistema imprenditoriale, dobbiamo sapere che abbiamo munizioni fresche, dalle quali ripartire:

-l’enorme patrimonio di capitale umano: i 18enni di oggi sono già “globali”. Parlano le lingue, considerano l’Europa come la loro casa, progettano un futuro all’estero, ma sognano di poter realizzare i loro sogni in Italia. Hanno una maturità e consapevolezza sconosciuta a chi, come me, aveva la loro età nei primi anni ’90. Pochi anni fa. In mezzo c’è però un’era geologica. Sono già pronti per essere classe dirigente, vanno formati, ma il “materiale” su cui lavorare è di straordinaria qualità. Soprattutto, cercano una rottura con i meccanismi datati e anacronistici delle generazioni che li hanno preceduti. Sono pragmatici: le ideologie non li affascinano più di tanto. Il loro è un mondo 2.0. Vogliamo condannare anche loro all’esilio, o vogliamo deciderci a farli esordire presto in Serie A?

-gli innovatori. A Brescia ho conosciuto un panorama assolutamente straordinario. Sono già un’industria, sono pronti a far sistema. Sono innovatori “tout court”, soprattutto: non creano solo nuove aziende digitali o web, ma innovano persino nei settori più disparati: il pane, le fiere, la meccanica… La dimostrazione plastica di come possiamo rilanciare il sistema-Paese non solo creando industria in quei settori dove scontiamo un ritardo strutturale, ma possiamo cominciare migliorando quella che già abbiamo, con un salto di qualità. E il salto di qualità lo possiamo fare solo con imprese giovani, che impieghino una giovane -e innovativa- forza-lavoro qualificata.

-i “progettatori di futuro”: ancora più grande la sorpresa nell’incontrare le eccellenze dei nostri Politecnici. Ventenni che stanno già girando il mondo, da New York a Singapore, tenendo alto il nome dell’Italia nel globo. Ventenni che stanno “cambiando il mondo”, con progetti straordinariamente innovativi… nel silenzio generale. Fa impressione vedere come questo Paese continui a cercare le soluzioni ai propri problemi di competitività, senza capire di averle già in casa. Basterebbe levare le mani dagli occhi e rendersi conto che una nuova classe dirigente esiste già. Puntiamo su di essa, investiamo soldi, sprigioniamo le energie degli “old money” gelosamente custoditi nelle cassaforti delle banche e dei patrimoni milionari che esistono in questo Paese ricco. Ma vecchio. Investiamo sul futuro. E su chi lo sta già progettando. La “vecchia Italia” ha i soldi, spesso frutto di posizioni di rendita. La “nuova Italia” ha le idee. Vogliamo trovare un punto di incontro?

Serve una nuova coalizione generazionale, tra giovani imprenditori, innovatori e professionisti. Serve una nuova classe dirigente, che traghetti l’Italia nel futuro. Un futuro che esiste già. Non è lontano. L’Italia è già pronta per entrare nel Terzo Millennio, e tornare ad essere competitiva. Le barriere sono soprattutto culturali, e di rendite di posizione.

Per questo i migliori giovani di questo Paese devono “fare squadra”. E prepararsi a guidarlo.

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