Magazine Cinema
di Leos Carax (Francia, 2012)
con Denis Levant, Edith Scob, Michel Piccoli, Eva Mendes, Kylie Minogue
VOTO: ****/5
Un sogno lungo un giorno. Oppure un incubo, a seconda di come lo si guarda. Ventiquattr' ore in compagnia di Oscar, un tizio che si sposta per le strade di Parigi in limousine scendendo ogni volta di macchina per interpretare un personaggio diverso: un mendicante, un attore, un vagabondo, un padre di famiglia, un killer... dieci cambi di scena per dieci facce della nostra mondana quotidianità, tenute insieme dalla sua fedele assistente, la bionda Céline, unico punto di riferimento per lo spettatore in un film che, fin dall'incipit, vorrebbe convincerci che il cinema è come l'abbraccio di una mantide: bellissimo ma terribilmente pericoloso, perchè ci distoglie dalla realtà facendoci dimenticare quello che siamo.
La prima sequenza (che da sola vale il prezzo del biglietto) ci mostra infatti una sala cinematografica piena di gente che viene inquadrata frontalmente, come se fossimo noi stessi spettatori a guardarci allo specchio: peccato che siano tutti rigidi come manichini, ad occhi chiusi, narcotizzati. E allora è lo stesso regista che, sbucando da una stanza la cui carta da parati raffigura una cupa selva di alberi, si ritrova proprio dentro a quel cinema e sguinzaglia tra le poltrone un cane gigantesco, sperando di risvegliare (in senso effettivo e figurato) l'attenzione di un pubblico ormai anestetizzato a tutto... la simbologia è evidente: lo spettatore ha bisogno di essere svegliato e riportato alla realtà, perchè troppe volte nella vita noi 'interpretiamo' un personaggio che è diverso dalla nostra natura (proprio come al cinema) e spesso va a finire che ci abituiamo talmente alla nostra controfigura da convincerci di essere davvero tale.
E in una società come la nostra, basata sull'apparenza, è decisamente più facile (e più comodo) recitare una parte piuttosto che essere noi stessi. Forse è per questo che Oscar, una volta salutati i figli, sale in auto per trasformarsi in dieci simulacri di dieci vite diverse, umane o disumane, nobili o sciatte, probabilmente solo per non venire a patti col destino. Non sappiamo chi sia, cosa faccia, da dove venga. E' un uomo che ha una disperata voglia di vivere ma non di essere se stesso, che rifugge le proprie responsabilità e si adatta di volta in volta, come un camaleonte, a qualunque ruolo pur garantirsi un posto nel mondo. Ma si può vivere una vita fatta di bugie? Una vita passata a vestire sempre i panni di un altro?
Holy Motors è un film spiazzante, un capolavoro di stile, inevitabilmente e dichiaratamente autoreferenziale: il cinema, dice Carax, è come la vita di Oscar, cioè una grande, maledettissima illusione, talmente potente e affascinante da non poterne fare a meno. Ma che ci allontana dalla percezione di noi stessi, contribuendo a rafforzare le maschere che ci siamo costruiti. Eppure, per essere un film 'contro' la Settima Arte, Holy Motors è cinematograficamente notevole: un gran lavoro di sceneggiatura e regia, rischioso e coraggioso: i dieci episodi (tutti di genere diverso, dal thriller, al drammatico, al sentimentale, persino al musical) non sono ovviamente sullo stesso livello, ma il risultato è comunque interessantissimo. Merito anche di un grande attore-trasformista come Denis Levant, le cui varie 'facce' sono esattamente come l'umanità che ci circonda: a volte poetica, a volte ripugnante, a volte solidale, a volte indifferente.
Holy Motors è un'esperienza originale e totalizzante. Che, aldilà della nostra percezione, merita di essere vissuta. Anche solo per vedere l'effetto che ci fa.
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