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Hyper Trip – Recensione

Da Videogiochi @ZGiochi
Recensione del 27/09/2014

Cover Hyper Trip

Mobile TESTATO SU
MOBILE

Genere:

Sviluppatore:

Produttore: BulkyPix

Distributore: Digitale

Lingua: Inglese

Giocatori: 1

Data di uscita: 11/09/2014

VISITA LA SCHEDA DI Hyper Trip

Pro-1Piuttosto impegnativo... Contro-1... Ma anche per colpa di comandi non sempre precisi

Pro-2Colorato e veloce Contro-2Musiche ripetitive

Hyper Trip è un gioco che arriva dall’India, da un piccolo studio chiamato Game Fry, e che grazie alla prolifica Bulkypix ha visto la luce su dispositivi mobile. Il titolo ricade nella categoria dei giochi difficili, ma dal concept e meccaniche semplici come possono essere Super Hexagon e Pivvot, o il tanto chiacchierato Flappy Bird di cui ancora molti non si spiegano il successo. La formula vincente non sembra poi essere così astrusa: alta curva di difficoltà che sprona a migliorare se stessi o competere con gli altri, comandi semplici ed immediati, nulla o breve attesa tra una partita e l’altra. Riesce Hyper Trip a fare altrettanto bene? Scopriamolo insieme.

hyper-trip-evidenza

viaggi geometrici al neon

Inizialmente il gioco doveva chiamarsi Disco Pixel, ma questo è anche il nome dello studio indipendente creatore di Jungle Rumble: Freedom, Happiness, and Bananas. Dopo che Game Fry ne è venuta a conoscenza, ha contattato Disco Pixel per sapere se potevano utilizzare il nome o no. Ovviamente, senza il minimo stupore da parte dello studio indiano, la risposta è stata negativa. Poco male, Hyper Trip è un titolo più evocativo per il gioco perché rende al meglio l’idea di base: percorsi da compiere ad alta velocità senza scontrarsi con gli ostacoli, in “ipermondi” fatti di forme geometriche composte da blocchi e luci al neon. Ogni livello viene generato all’inizio in modo casuale e progressivo, e a sua volta si suddivide in diverse zone che verranno raggiunte dopo 20 secondi e saranno facilmente riconoscibili grazie al cambio di colore e ad una difficoltà maggiore resa ad esempio dal passaggio dalla telecamera fissa a quella in movimento. Lo scopo allora diviene resistere il più a lungo possibile in scenari che alternano fasi simili a labirinti e altre sgombre di ostacoli in cui si vede solo il nero dello sfondo. Se prendiamo come oggetto di paragone Super Hexagon, in esso notiamo un preciso level design, con tracciati e forme che si ripetono e che sono pensate come schemi che il giocatore impara dopo un po’ a riconoscere. In Hyper Trip prevale invece un tema dominante in ogni livello in cui influisce più la fortuna che non una scelta ragionata a priori.  Ad esempio il primo “mondo” è caratterizzato dalla forma quadrata quindi i vari blocchetti si uniranno e si disporranno casualmente a formare solo e soltanto quadrati. Possono variare le dimensioni delle combinazioni, si passa da quadrati di lato unitario (quindi un solo blocchetto) a quadrati di dimensioni più estese che come i bordi in Snake possono essere fiancheggiati, ma se colpiti, la partita è irrimediabilmente persa. Stesso discorso per gli altri “mondi”, come quello delle linee, ovvero una serie di blocchetti (minimo due) disposti in orizzontale o verticale; le spezzate a zig zag, e un mix di differenti forme che andranno però prima sbloccate completando precise zone.

Colpo d’occhio e riflessi vengono messi a dura prova rendendolo un gioco in cui le abilità del giocatore contano, ma purtroppo il sistema di controllo ogni tanto ci mette lo zampino per rendere le situazioni più complicate. I comandi in sé non sono difficili da padroneggiare, bastano infatti due dita, una posizionata nella porzione destra dello schermo e una a sinistra, in modo da toccare lo schermo tattile per far compiere al quadrato che guidiamo un movimento rispettivamente in senso orario ed antiorario. I problemi si percepiscono quando i controlli non rispondono correttamente all’input dato, e pur considerando l’errore umano che indubbiamente può starci in giochi del genere, a volte un leggero rallentamento di risposta, anche solo di una frazione di secondo, pregiudica la performance causando il perentorio game over. A rigirare il dito nella piaga ci penserà il contatore delle morti, meno duramente chiamate tentativi, mentre nella stessa schermata si potrà anche tenere traccia delle zone raggiunte, il risultato più alto conquistato e quello dell’ultima partita. Il motivo musicale principale non è niente di speciale, è un po’ martellante a lungo andare, infatti qualche traccia ulteriore magari messa in rotazione casuale avrebbe reso meno noioso rigiocare per chissà quante volte il primo livello. Gli effetti sonori invece accompagnano gli eventi di gioco come gli scontri con gli ostacoli o il raggiungimento della zona successiva dando anche un feedback acustico all’utente.

Hyper Trip – Recensione IN CONCLUSIONE
Hyper Trip è il primo gioco di Game Fry e rispetto al prototipo iniziale con quadrati piatti e monocolore sono stati fatti molti progressi, soprattutto a livello visivo gli oggetti adesso hanno uno spessore e l’effetto luci al neon ci dà immediatamente l’idea di trovarci in una matrice o in una realtà virtuale come quella immaginata in Tron delle origini. È facile, se vi è capitato di vederlo o giocarlo a suo tempo, fare un primo collegamento tra il quadratino “protagonista” del gioco e le Light Cycles, anche se qui si compete solo contro se stessi e andranno evitati gli ostacoli ambientali. Un po’ Tron e un po’ Snake miscelati ad altissima velocità. L’idea di base non è male, così come non è tutta da buttare l’idea di costruire i vari livelli utilizzando quadrati assemblati in forme diverse, ma forse è da rivedere la generazione casuale degli ostacoli perché è frequente trovarsi almeno una volta a partita in corridoi larghi, senza che vi siano blocchi e totalmente immersi solo nel nero dello sfondo. Se c’è però un vero difetto, è quello relativo alla sensibilità dei comandi e alla loro non totale fedeltà all’input dato. Il titolo è già difficile di suo e richiede il giusto tempismo, se anche i comandi ogni tanto non sono reattivi come dovrebbero allora diventa fastidioso morire non per nostri demeriti. ZVOTO 6

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