La sensibilità occidentale, pregna di una morale puritana che vela l’amore parossistico per tutto ciò che è pruriginoso, probabilmente fatica ad abituarsi alle stravaganze provenienti dalla terra del Sol Levante, anche se molto spesso ne gode volentieri ed in modo malcelato. Un mondo, quello nipponico, da sempre ricco di contrasti, capace di porre al centro della vita tanto gli alti valori socio-culturali, quanto il particolare rapporto con tutto ciò che è erotico o vagamente ricadente nella sfera sessuale. L’occhio poco attento potrebbe liquidare le trovate nipponiche come pure e semplici perversioni; in realtà, i riferimenti culturali sono molto più complessi. Ad ogni modo e per quanto riguarda il medium che più ci interessa, ossia quello videoludico, tutto viene canalizzato verso il fenomeno che tutti conosciamo come “fan service“. Questa feature è ormai talmente “volgarizzata” (nel senso di comunemente diffusa) che reputiamo strano se questa non è presente in un videogioco di stampo orientale. Da anni Compile Heart è abile maestra nel coprirci di tali attenzioni e su cui ha costruito la sua fortuna in madrepatria nonché la sua fama anche nei feticisti lidi nostrani, facendosi apprezzare principalmente per la serie Hyperdimension Neptunia, dapprima sulla vecchia ammiraglia Sony ed ora presenza costante su Vita, grazie ai remake della trilogia originale ed ai diversi spin off che sanno sempre più di “brand milking style“. Su queste pagine infatti abbiamo elogiato in diverse occasioni gli indubbi pregi della serie principale, ponendo più di qualche riserva sui rivoli che da essa sono scaturiti. Compile Heart però, dopo una fugace apparizione su PS4 con Omega Quintet, non ha alcuna intenzione di fermarsi nello sfruttamento intensivo del marchio e, dopo un tattico a turni ed un idol game, ecco spuntare l’inaspettato. In collaborazione con Tamsoft, ovvero il team che ha regalato al mondo le sexy ninja di Senran Kagura, prodotto responsabile degli improvvisi cali di vista di migliaia di videogiocatori. Quindi, potete solamente immaginare quale sia stato il risultato. Nep Nep e compagne si presentano sì ammiccanti e dedite come delle piccole geishe a compiacere l’occhio languido e voglioso, ma offuscate da una patina di stanchezza avvilente che ricopre il lucido smalto di una serie che tutto sommato si è sempre presentata in modo dignitoso.
EROTICHE FRIVOLEZZEEccoci dunque di ritorno ancora una volta nel magico mondo di Game Industri, sagace parodia del settore videoludico, il cui destino, perennemente in bilico sull’acuminato baratro del caos, viene tenuto in equilibrio dal governo più o meno saggio di quattro scapestrate CPU (Control Patrol Unit), nostre vecchie conoscenze e reggenti di altrettante regioni in cui è suddiviso il mondo di gioco. Per chi invece si volesse avvicinare per la prima volta alla serie lo può fare senza paura di perdere elementi importanti della mitologia di gioco. Le protagoniste infatti sono le stesse di sempre, ossia le quattro CPU e le loro tenere sorelline minori, per un totale di otto personaggi, più due nuovi di zecca di cui parleremo a breve. Oltre a questo però non ci sono particolari ed imprescindibili riferimenti ad eventi anteriori che potrebbero costituire delle barriere all’entrata per i neofiti. Se già il filone principale si caratterizzava per un comparto narrativo deboluccio, del tutto frivolo e poco incline a discorsi profondi, con Action Unleashed ci troviamo ad osservare il nulla più assoluto. Impalpabile ed evanescente dall’inizio alla fine, il pseudo racconto messo in piedi in modo piuttosto zoppicante da Tamsoft, scorre via come la brina sciolta dai primi caldi raggi di sole. Talmente fugace che nessuno potrebbe ricordarsene. Come al solito il prosieguo della storia è approntato attraverso la classica sezione visual novel, che sciorina brevi scenette leggere e facete, le quali si limitano alle classiche battute adolescenziali, contatti accidentali e sexy tra le ragazze, oppure a renderci partecipi dei loro problemi quotidiani, che strappano forse qualche sorriso ma che a lungo andare si rivela amaro. Il mondo di Game Industri, dopo aver relegato nel passato le tremende lotte contro il caos, sta vivendo un periodo di relativa calma. Forse troppa. Le CPU, abituate a non stare con le mani in mano, si stanno annoiando a morte ma fortunatamente, grazie anche alla provvidenziale proposta di Famitsu e Dengekiko (due giornaliste nonché nuovi personaggi giocabili), riescono a trovare un accordo per ravvivare un po’ la situazione. Una gara, fatta tutta in favore di telecamera, per divertire il pubblico e decretare una volta per tutte la miglior coppia di Game Industri. Le modalità? Beh, una serie infinita di missioni, ovviamente.
INSOSTENIBILE INCONSISTENZAAl plot narrativo ribadiamo, impalpabile, ricco di giapponesistiche frivolezze e luoghi comuni, si accompagna un gameplay ancor più evanescente, vero e forse unico marchio di fabbrica degli sviluppatori – già responsabili del franchise di Senran Kagura e dello spin off Producing Perfection – a cui è stata affidata quest’ultima incursione nel mondo di Nep e compagne. Compile Heart in questo caso ha messo solo la licenza, mentre Tamsoft è da additare quale vera responsabile del poco impegno profuso nella cura generale. Il team di sviluppo non ha fatto altro che prendere l’impostazione base del loro Senran Kagura e diminuire la quantità e le dimensioni degli enormi davanzali sballonzolanti delle eroine (mettetevi il cuore in pace, perché le ragazze di Hyperdimension Neptunia non sono tutte strabordanti, rotonde ed esplosive come le kunoichi di Senran Kagura). Le poppe comunque sembra si siano presentate tutte all’appello, rubando in qualche caso la scena alle legittime proprietarie ed ipnotizzando l’occhio del giocatore con molleggiati movimenti asincroni, per la fiera della morbidezza e del sobbalzo antigravitazionale. Questi sono decisamente i contenuti di peso che stavamo cercando. O forse no. Dai, non proprio.
Oltre alle sode e rosee beltà delle protagoniste, asservite in tutto e per tutto ad uno sfrenato fan service, c’è poco altro che possa solleticare il giocatore. Come anticipavamo poco fa, la main story prosegue monocorde attraverso una ridda di missioni più o meno utili ai fini della “trama”, dirette principalmente ad approfondire i rapporti tra le ragazze. Queste stesse missioni molto presto si rivelano inconsistenti come tutto il resto della produzione. Ogni quest, nonostante una brevissima descrizione che dovrebbe servire a caratterizzarle, hanno praticamente tutte il medesimo set ed obiettivo: in arene tendenzialmente di piccole dimensioni si deve sconfiggere una ben determinata quantità di nemici oppure direttamente il boss. Non una grande varietà, insomma. Dello stesso tenore si presenta quella che dovrebbe esser la vera anima di Hyperdimension Neptunia, ovvero il gameplay. Dismesse le meccaniche turn based e tutto quello che ha da sempre caratterizzato la serie, Action Unleashed si traveste da puro e semplice picchiaduro/hack’n'slash, dai ritmi sostenuti ma dallo spirito tremendamente commerciale. Il gameplay ha costantemente paura di approfondire se stesso, vivacchiando nel superficiale tecnicismo senza troppe velleità, ma soprattutto vergognosamente senza spessore.
Nelle piccole arene scendono sempre due personaggi, switchabili a piacere, e senza troppi preamboli vengono attorniate da un nugolo di nemici che nella maggior parte dei casi si limitano ad avvicinarsi alle protagoniste ed attendere l’inevitabile violenta dipartita in modo abbastanza ebete. Dal canto nostro non possiamo certo deluderli e basta davvero poco per prodursi in poderosi e spettacolari attacchi combo che scaraventano ed uccidono decine di nemici in un colpo solo, complice anche la classica trasformazione in HDD, con la barra gauge al massimo, che ne aumenta enormemente le statistiche delle ragazze. Il leit motiv è quello classico di un picchiaduro, con un attacco pesante, uno leggero e conseguenti concatenazioni di mosse. L’energia SP, al solito, permette di utilizzare le mosse speciali consuete e già ampiamente conosciute in altri episodi della serie. Inizialmente il sistema funziona e diverte, dopo un po’ però (dopo il trecentesimo nemico ucciso in modo sempre uguale) pigiando velocemente i tasti inizia a farsi tremendamente ripetitivo e pesante, portando il giocatore a riprodurre meccanicamente le stesse gesture per finire il più velocemente possibile o, al massimo, per concatenare una serie infinita di colpi, così da innalzare il punteggio della partita. Talvolta questo non è proprio possibile in quanto gli sviluppatori, forse sperando di aumentare la longevità del prodotto, hanno introdotto un netto stacco tra missioni di basso livello e quelle di alto, facendo passare la difficoltà, ad esempio, direttamente da livello 9 a livello 30 e, dato che alcune quest sono vincolate a ben determinate fanciulle, farmare inopinatamente esperienza, in un loop che pare infinito, si rivela davvero frustrante. Vi starete dunque chiedendo quale sarà mai il punto d’arrivo; il fulgido apice toccato dalla produzione targata Tamsoft. Il costume breaker, ovviamente. Analogamente a quanto accade in Senran Kagura i freschi corpi adolescenziali e morbidi delle eroine, fasciati – peraltro già poco – da pizzi, merletti, shorts e sensuali autoreggenti, se sottoposti alla pressione dei colpi nemici ad un certo punto si strappano, lasciando all’aria tutto il ben di dio pudicamente – ma non troppo – coperto in modo volutamente maldestro dalla sventurata di turno, durante un breve intermezzo erosoft.
QUALCUNO HA PARLATO DI CONTENUTI?Evidente che, con tali premesse, il titolo non possa entrare nel dettaglio nemmeno per ciò che concerne l’aspetto contenutistico. Infatti scordatevi tutti gli elementi tipici dei J-RPG in quanto l’aumento di livello delle protagoniste avviene in modo del tutto automatico, relegando l’aspetto della personalizzazione praticamente al solo comparto estetico delle ragazze. Di vestiti e vestitini belli da vedere ce ne sono un bel po’, mentre armi ed accessori latitano. Durante gli scontri, i nemici sconfitti lasciano cadere delle monete le quali possono esser successivamente utilizzate per acquistare potenziamenti passivi che influenzano direttamente le caratteristiche (come attacco, difesa, potere d’attacco è così via) oppure sbloccare giusto qualche accessorio per tutto il gruppo. Nulla più. In buona sostanza non esistono vendor, crafting e simili. Si rimane sempre sul superficiale andante, senza grande appeal.
A dirla tutta anche il comparto stilistico, pur curando nei minimi particolari l’aspetto generale delle procaci donzelle e dei loro balconcini estremamente sodi e dondolanti con modelli poligonali puliti e decisamente definiti, latita per quanto riguarda la qualità di nemici e delle mini arene; ossia ambienti e set riciclati dai precedenti episodi, che seguitano imperterriti sulla pericolosa via della poco pregevole ottusità stilistica. Altro non possiamo eccepire; né per ciò che concerne gli sprite bidimensionali, né per ciò che riguarda il doppiaggio, in lingua inglese e giapponese, ben cadenzato e recitato, che non manca di marcare ancor di più il carattere triviale ed esagerato di tale produzione.