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I 5 animali da allevamento che inquinano di piu’

Creato il 04 marzo 2013 da Rossellagrenci

I 5 ANIMALI DA ALLEVAMENTO CHE INQUINANO DI PIU’

Uno dei motivi per diventare vegetariani, vegani o, almeno, mangiare meno proteine animali, è l’inquinamento dovuto agli allevamenti intensivi di alcuni animali che sono quelli che hanno maggior mercato. Quali sono?

Andiamolo a scoprire sul blog YesLife, col quale è nata una forma di “collaborazione”. Dopo i dromedari (che in Italia non vengono allevati) ci sono:

1) Mucche

2) Pecore

3) Maiali

4) Pollame

Secondo uno studio della California, i bovini inquinano l’ambiente più delle automobili. Ovviamente, ricordiamo che la causa dell’inquinamento non è dato tanto dagli animali in sé quanto in quello che emettono a causa di ciò che mangiano e poi dalle strutture degli allevamenti e dagli impianti ad essi connessi.

A proposito di pollame su YesLife si legge che con l’allevamento intensivo o allevamento industriale (factory farming) si intende una forma di allevamento che utilizza tecniche industriali e scientifiche per ottenere la massima quantità di prodotto al minimo costo e utilizzando il minimo spazio, tipicamente con l’uso di appositi macchinari e farmaci veterinari. Purtroppo, a volte, questi allevamenti rischiano di produrre un forte inquinamento sia per gli animali, che per l’ambiente che per l’uomo. Le feci provenienti da enormi quantità di animali concentrati in aree relativamente piccole causano inquinamento delle falde acquifere e la contaminazione dell’acqua da parte di colibatteri. Al contempo, le attività legate all’allevamento su grande scala possono causare un depauperamento delle risorse naturali del territorio. L’altissima concentrazione di animali negli allevamenti intensivi, inoltre, è la principale causa dell’insorgere periodico di svariate malattie rispetto a quanto accade nel caso di animali cresciuti in natura. In questi allevamenti l’uso di farmaci (per esempio antibiotici) è diffuso, sia per prevenire l’insorgere di epidemie, si come stimolanti della crescita. Queste modalità d’uso degli antibiotici (basso dosaggio per lunghi periodi di tempo) può portare al diffondersi di nuove forme di batteri resistenti a tali medicinali.


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