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I bambini non si toccano!

Creato il 13 novembre 2010 da David Incamicia @FuoriOndaBlog
I bambini non si toccano!
di David Incamicia
Che la nostra società, a dire il vero da sempre, non sia culturalmente e giuridicamente attenta ai bisogni e alle aspettative dei più giovani è un triste dato di fatto. Lo vediamo nelle sofferenze quotidiane dei senza lavoro, dei cervelli in fuga, dei "bamboccioni" per forza. Il mondo dei grandi la fa da padrone, detta le regole, stabilisce le priorità. In una parola, è solo e semplicemente egoista. Ma se a pagare è l'infanzia quell'egoismo diventa miope crudeltà.
Troppi bambini sono costretti a recitare il ruolo di vittime, come quando le loro vite rimangono sospese in attesa di un affido, in balia di genitori litigiosi, appesi ai tecnicismi interpretativi di un giudice. O come quando trascorrono i primissimi anni della loro esistenza dentro un carcere, assieme alle loro mamme recluse, per poi essere strappati a quell'unica fonte di affetto e dirottati non si sa in quale struttura di "carità". O, ancora, come quando diventano oggetto delle morbose attenzioni sessuali di adulti malati o educati all'odio fondamentalista in nome di un dio assassino o rapiti e mercificati da gente senza scrupoli o mandati a morire al fronte con un fucile in mano in guerre che non conoscono, che non capiscono.
Poi ce ne sono di altri, la stragrande maggioranza, che invece smettono di respirare, di sognare, perchè non hanno nulla da mangiare e da bere, perchè non hanno un'aspirina, un antibiotico, un antidiarroico. Sacrificati sull'altare pagano del mercatismo selvaggio. Io mi indigno a pensare a tutti quei bambini, invoco un mondo più giusto, mi rimbocco le maniche e offro il mio impegno civile, da laico pieno di dubbi prego perfino per loro. Ma puntualmente mi accorgo che non basta, mi risveglio, cado sotto il grave peso della tragicità umana, annichilito dalla perversione del genere al quale appartengo. E i miei dubbi si trasformano in sofferenza.
Le cronache di queste ore raccontano di un nuovo episodio di insensata violenza ai danni di piccole creature indifese. Ancora una volta in un asilo nido, a Pinerolo, in quel "Paese delle meraviglie" ridotto a lager. Ho letto e riletto più volte quelle barbare storie, ho visionato i filmati. Ho pianto. A dirotto, proprio come avranno pianto quei teneri ostaggi seviziati, umiliati, marchiati per sempre dal sadismo di maestre frustrate. Ho guardato negli occhi i miei bambini e li ho abbracciati, quasi per liberarmi, per esorcizzare il terrore provato. Continuo a ripetermi: come è possibile che ciò avvenga in una struttura pubblica? E' come se lo Stato non fosse in grado di proteggere le vite che gli vengono affidate. Sì, è una barbarie di Stato perdio!
Eppure non è passato molto tempo dall'analogo precedente di Rignano Flaminio. Perchè la società dimentica così in fretta? Perchè le istituzioni non riescono ad evitare il ripetersi di simili nefandezze? L'unica risposta che trovo è nella mia rabbia, una rabbia istintiva, altrettanto barbara che la barbarie di Stato. Pensare che ora dovranno compiersi le doverose indagini, che si dovrà celebrare un giusto processo, che le garanzie vengono prima di tutto... no, non placa la mia irrazionale sete di vendetta.
Tre anni fa, quando ricoprivo l'incarico di Assessore all'educazione e alle politiche sociali nel mio comune, partecipai all'inaugurazione della Sezione Primavera, un servizio di continuità educativa per i bambini dai 2 ai 3 anni di età finanziato dal Ministero dell'Istruzione e dalla Regione. Quella mattina c'era anche il mio piccolo Marco, partecipava alla grande festa assieme ad altri 19 bambini. C'erano le famiglie, le mamme col buffet, il prete per la benedizione. E c'era un nastro da tagliare. Incombenza alla quale volli sottrarmi, così come il Sindaco dell'epoca, per lasciare l'onore alla persona più anziana del paese.
Un commosso vecchietto novantaquattrenne (che di certo starà ora provando da lassù la mia stessa indignazione) impugnò la forbice nella sua mano tremante e sancì un evento simbolico: la continuità della vita. E con essa un solido legame generazionale capace di stringere la comunità attorno a un valore condiviso, all'esigenza di costruire il futuro valorizzando il passato. Alla fine nonno Antonio fu il vero festeggiato. Ma in quell'occasione ricordo comunque un accenno di timore negli sguardi di tutti i genitori presenti. Tutti scrutavano le maestrine reclutate dall'Istituto scolastico, cercavano di coglierne l'affidabilità anche nei piccoli gesti. Semplice diffidenza? No, solo mesta consapevolezza dell'esistente impazzito.
Io allora presi la parola e mi rivolsi a loro, non come rappresentante istituzionale ma come padre, per dire che avevo gli stessi legittimi timori, quelli di un genitore che vuole ben sapere a chi affida il proprio figlio. Poi il mio discorso assunse un tono più ufficiale, mi rivolsi al Dirigente scolastico e alle stesse maestre e dissi che come Assessore non avrei tollerato comportamenti non consoni alla delicatezza del servizio, ma come padre non avrei perdonato. Oggi la Sezione Primavera è ancora lì che funziona e decine di bambini ne hanno tratto giovamento nel passaggio alla Scuola dell'infanzia.
Lo so, forse è banale questo aneddoto, forse non è così semplice. Anche a Rignano Flaminio, a Pinerolo ci sarà stato un amministratore comunale che avrà proferito più o meno le mie stesse parole. Anche in quei contesti i genitori avranno scrutato le maestre dei propri bambini. Però credo che la vita e il mondo abbiano bisogno di piccoli gesti "normali". Spesso è nella banalità che si tutelano le esistenze. Così come è normale provare ora un sentimento di odio, ora che genitori come me si sentono traditi da chi avrebbe dovuto vigilare e proteggere. E' un odio prorompente, irrefrenabile. E' il desiderio di veder bruciare l'anima di quelle maestre, di saperle morte.
Io, liberale e patito dei diritti civili, iscritto ad Amnesty, sempre pronto a fare del bene quando indosso gli abiti del volontario, adesso vacillo nelle mie convinzioni. Voglio la morte di quelle belve. Non la morte fisica, troppo sbrigativa, poco crudele, quasi un privilegio... Voglio la loro morte morale! Che è un'uccisione ancor più dolorosa, è l'isolamento, l'emarginazione, l'oblio perpetuo. Perchè chi arriva a usare tali violenze contro i bambini merita sì di finire come un oggetto qualsiasi, come un bicchiere che cade in terra e si frantuma in mille pezzi, come un blocco di cemento che si sfarina per una carica di tritolo, ma merita ancor più di assistere alla sua stessa fine, di spegnersi poco a poco, di sopravvivere a se stesso alla stregua di un essere inanimato. Come bestie, appunto.
Chiedo scusa se ho urtato la sensibilità di qualcuno, se il mio sfogo è stato eccessivo. Ora torno ad abbracciare i miei figli, per chiedere scusa anche a loro del mondo nel quale li ho messi.

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