Magazine Diario personale

I Campi Flegrei./1

Da Leucosia

 I CAMPI FLEGREI.

CENNI STORICI.

Il più antico giacimento archeologico conosciuto nell’area dei Campi Flegrei è un abitato del Neolitico medio/recente individuato a Monte di Procida (loc. Bellavista). Il materiale ritrovato, prevalentemente ceramica d’impasto, consente di inquadrare il sito nell’ambito della cultura di Serra d’Alto; l’abitato venne distrutto dall’eruzione dei Fondi di Baia  4500 anni fa.

Nel corso del III millennio l’area dei Campi Flegrei è stata interessata dall’attività eruttiva, con la formazione dei vulcani di Pigna S. Nicola, Monte Olibano e Solfatara; alla fine del III e gli inizi del II è da collocare la formazione degli Astroni. Nella fase appena precedente questa catastrofica eruzione vi sono le testimonianze umane da Monte S. Angelo a Fuorigrotta (loc. Terracina), da Licola, e da Napoli in località Materdei: si tratta di tombe attribuibili alla cultura del Gaudo, successivamente ricoperte dal materiale vulcanico degli Astroni.

Bisogna attendere il XVI secolo a.C. per ritrovare tracce della presenza umana su questo territorio: si tratta di ceramica d’impasto risalente al Bronzo medio – Protoappenninico B, provenienti da Monte S. Angelo a Pozzuoli e dalla Montagna Spaccata. Entrambi i siti sembra siano stati distrutti da una catastrofica eruzione del Senga o dell’Averno.

Le prime testimonianze della presenza commerciale di genti greche risalgono al XVI -  XIII  a.C. , grazie ai ritrovamenti di frammenti di ceramica micenea a Vivara e ad Ischia.

L’età del Ferro è documentata a Cuma, dove era situato un insediamento indigeno sulla rocca che controllava l’accesso settentrionale al golfo di Napoli: dell’insediamento si conoscono solo alcune tombe[1] della necropoli, il cui corredo – formato da recipienti ceramici ed oggetti in bronzo – è tipico della Cultura delle Tombe a Fossa, databile tra la metà del IX e la metà dell’VIII a.C.

***

L’inizio della colonizzazione greca in occidente è datata dalle fonti con la fondazione di Cuma, da parte di coloni provenienti da Calcide e dall’Eubea, nel 730 a.C. , mentre l’emporion di Lacco Ameno (Ischia – Pithekussai) è di circa cinquant’anni più antico.

La storia di Cuma nei primi decenni di vita è ricostruibile sulla base dei dati che si traggono dalla ricca necropoli scavata e saccheggiata dall’800 a oggi. Cuma assunse ben presto un ruolo di primo piano nel controllo del golfo di Napoli prima e del Tirreno meridionale successivamente, zona di incontro e scontro tra le popolazioni greche ed etrusche. Tra il VII e il VI a.C. sulla collina di Pizzofalcone a Napoli è l’insediamento greco di Partenope, mentre Dicearchia (Pozzuoli) è fondata da un gruppo di esuli Sami nel 531 a.C. con l’avvallo di Cuma[2]. Nel 525 a.C. Cuma respinge l’offensiva etrusca e nel 505 un suo contigente è mandato in aiuto dei popoli latini in lotta contro gli Etruschi durante la battaglia di Aricia. In questo periodo la colonia è governata da Aristodemo, che ospita Tarquinio il Superbo in fuga da Roma e che progetta il risanamento delle paludi di Licola; con la morte di Aristodemo, il comando nella lotta contro gli Etruschi è preso dalla città di Siracusa, grazie alla quale viene anche fondata Neapolis – la nuova polis – in contrapposizione alla ormai spopolata Partenope.

Nella seconda metà del V a.C. la ricchezza agricola della Pianura Campana favorì l’intervento dei Sanniti, che approfittando della decadenza etrusca scesero dagli Appennini, occupando in un primo momento il bassopiano e successivamente la zona costiera. Dopo la caduta di Capua,  Cuma è occupata nel 421, mentre Neapolis subisce un duro assoggettamento politico. Proprio quest’ultima tra il IV e il III a.C. assume un preminente ruolo politico ed economico, fino a diventare alleata di Roma durante le guerre sannitiche.

Nel 194 a.C. è fondata la colonia romana di Puteoli[3]: sviluppatasi rapidamente e legata all’approvvigionamento di grano, diviene in breve tempo il centro commerciale e il porto più importante di tutto il Mediterraneo antico. Napoli, in età romana, decaduta dal punto di vista economico rispetto alla vicina Puteoli, resta città di cultura greca.

In quest’epoca, la zona costiera tra Napoli e Cuma  pullula di una lunga teoria di lussuose ville[4], architettonicamente adattate al litorale frastagliato. Con le lotte legate al periodo del secondo triumvirato, la zona dei laghi Lucrino ed Averno si trasforma in un unico porto militare, collegato a Cuma grazie ad un passaggio sotterraneo; successivamente l’area sarà abbandonata, a causa dei frequenti insabbiamenti, a favore del porto di Miseno. Durante l’età augustea, Cuma conosce un periodo di grande vitalità, testimoniato dal rifacimento dell’acropoli, nell’ambito del progetto di rivalutazione dei luoghi di culto legati della gens Iulia.

Fino a tutto il I sec. d.C. la zona gode di un periodo di massimo splendore economico ed edilizio, tanto che negli anni 90 si apre la via Domizia che collega Puteoli a Sinuessa e all’Appia, evitando il tratto che passava per Capua. Sotto Traiano, tuttavia, il potenziamento di Ostia e Centumcellae, più vicine a Roma, priva l’area Flegrea del monopolio sui traffici da e per Roma provenienti e diretti alle lunghe distanze, fino a ridurre gradatamente l’emporio flegreo a mercato di portata regionale. Durante il III secolo d.C. , alle ripercussioni economiche causate dalla crisi dell’impero, si aggiunge il fenomeno del bradisismo: sprofondati i moli e le attrezzature portuali, abbandonate le lussuose ville marittime, ormai sprofondate, la città, che un tempo era denominata “piccola Roma”, si riduce a piccole borgate arroccate sulle colline. Tuttavia, nel IV d.C. Puteoli è sede di facoltose famiglie senatorie, .ma si tratta di episodi sporadici, irrilevanti nel panorama di generale decadimento. Alla fine dell’impero i soli insediamenti della zona sono i castra[5] sulle rocche di Misero, Cuma e Pizzofalcone a Napoli.


[1] Le tombe sono coperte da uno strato di pomici che farebbe ipotizzare ad un evento eruttivo precedente all’arrivo dei Greci.

[2] Quando, infatti, il tiranno Policrate impose il suo regime nell’isola, molti aristocratici furono costretti ad abbandonare la patria, dirigendosi in buona parte verso l’Italia meridionale. Non è affatto sorprendente che un gruppo di questi esuli possa essersi diretto verso Cuma, la cui madrepatria Calcide era legata a Samo da antichi vincoli di amicizia, e che in quel l’epoca era retta da un’oligarchia terriera, naturalmente ben disposta verso uomini del la stessa classe. La quasi totale assenza di testimonianze archeologiche databili al periodo precedente l’impianto della colonia romana, pur tenendo conto della profonda opera di risistemazione che il luogo allora dovette subire, pone tuttavia seri dubbi sulla consistenza e la durata dell’insediamento samio. In ogni caso esso deve essere stato di limitate dimensioni e non aver mai avuto statuto di città, come dimostra la mancanza di una propria monetazione. E’ probabile perciò che non sia sopravvissuto alle convulse vicende che segnarono il tramonto dell’oligarchia cumana e il sorgere del regime tirannico di Aristodemo.

[3]I Romani, durante la seconda guerra punica, si interessarono della zona per impiantarvi un porto e poi vi dedussero una colonia.

[4] Nel II e nel I sec a.C. le ville, tuttavia, non dovevano ancora essere troppo numerose per via del pericolo della pirateria ma, dopo che Pompeo debellò completamente i pirati, inizia la cosiddetta “voluptas aedificandi” che diede origine a complessi come quello di Baia, non una vera e propria città ma un agglomerato di ville, alberghi e terme, senza edifici pubblici.

[5] Si tratta di cittadelle fortificate sorte su insediamenti romani a seguito delle invasioni barbariche; nei Campi Flegrei vi sono almeno tre importanti castra di questo genere.

Castrum Misenati: ubicato sul promontorio di Misero, nell’area della villa romana di Lucullo. Saccheggiato da Goti e Longobardi, fu definitivamente distrutto dai Saraceni.

Castrum Cumanum: ubicato sull’acropoli di Cuma. Teatro di guerra nel VI d.C. prima contro i Bizantini, poi contro i Longobardi; successivamente occupato dai Saraceni.

Castrum Puteolanum:  occupava il sito del Rione Terra di Pozzuoli.

Castrum Gipeum: situato sull’isola di Nisida.

Castrum San Martini: fondato dai superstiti del distrutto castrum Misenati, è localizzato nell’attuale centro di Monte di Procida

Castrum Tripergolarum: ubicato nel luogo del villaggio di Tripergole, distrutto dall’eruzione di Monte Nuovo.



Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :