Le persone con ritardo mentale e disabilità intellettive sembrano spesso essere particolarmente predisposte a manifestare forme di comportamenti disadattivi che possono influenzare negativamente la propria salute, la sicurezza della persona e degli altri, l’immagine sociale, le possibilità di apprendimento di nuove abilità adattive e compromettere grandemente la realizzazione personale ed il livello di qualità della vita. In questo modo, la situazione clinica dell’individuo è aggravata dalla presenza di disturbi del comportamento che vengono vissuti con disagio da parte del suo contesto di vita.
I comportamenti problema, definiti anche aberranti o devianti, possono assumere le forme più disparate (anche se esistono forme tipiche e ricorrenti) ed a causa della loro intensità, frequenza e durata questi interferiscono con la qualità della vita della persona, limitandone le possibilità di accesso a stimolazioni, compiti già noti e relazioni interpersonali.
Alla base della definizione di comportamento problema c’è un vissuto di disagio, preoccupazione o paura da parte di genitori, educatori e del contesto, dovuto ai comportamenti messi in atto dalla persona disabile. Quest’ultima agisce atti insoliti che divergono dalle regole implicite di condotta sociale e che vengono vissuti con difficoltà da chi è loro vicino.
Il termine comportamento problema è un contenitore molto ampio che può comprendere anche attività non pericolose o apparentemente non gravi; possono assumere diverse forme come: atti autolesionistici, comportamenti aggressivi verso gli altri, atti distruttivi verso gli oggetti, condotte sessuali inadeguate, stereotipie autostimolatorie, pica, ruminazione, rifiuto del cibo, enuresi, e molti altri. Queste manifestazioni sono state considerate a lungo caratteristiche intrinseche della disabilità grave e generalmente irreversibili, poiché resistenti agli interventi tradizionali, sia farmacologici che educativi.
In questi anni sono stati compiuti decisivi progressi nella diagnosi e nell’intervento educativo; comportamenti quali stereotipie ed autolesionismo non sono più considerati forme di comportamenti aberranti discreti e non iscritti in un quadro diagnostico preciso, al contrario vengono oggi visti come parte di uno spettro di comportamenti ripetitivi devianti, tipici di disturbi dello sviluppo come il ritardo mentale o l’autismo. Anche i modelli della patogenesi dei comportamenti problema sono passati dalla tradizionale dicotomia tra nature (modelli biologicamente fondati) e nurture (modelli che appoggiano l’influenza delle variabili ambientali) a modelli biocomportamentali integrati che comprendono le influenze sia biologiche che ambientali.
Per tutte queste ragioni, occorre evidenziare che i comportamenti problema possono essere affrontati, passando attraverso un’indagine preliminare circa la loro funzione ed i fattori che ne facilitano la messa in atto, con tecniche di assessment che comprendono l’analisi funzionale del comportamento, l’osservazione ed interviste strutturate ai caregivers.