Qualche tempo fa mi trovavo in negozio di fumetti. “Ma che caso, eh!” potrebbe rispondere sarcasticamente la mia ragazza. Stavo osservando le nuove uscite sugli scaffali, accompagnato da un amico. Dopo essere entrati, ci separiamo per fare un giro in solitaria. Una volta terminata l’osservazione torno verso quello che credevo il compagno di giro pomeridiano per la città. Gli dissi che per me potevamo uscire ma non ricevetti nessuna risposta.
Gli chiesi se aveva visto qualcosa ma ancora nessuna risposta. Per incentivare in maniera più decisa una risposta, diedi un “coppino” al compagno di ventura. Dicesi “coppino” quando si colpisce un soggetto sulla nuca con la mano in posizione concava in modo da provocare una certa soddisfazione nel colpente, a causa del suono provocato simile ad uno schiaffo ma più grave, e in grado di provocare un certo fastidio al colpito. Il problema di quel pomeriggio è che avevo colpito un ragazzo asiatico. E no, il mio amico non è asiatico. Me la sono cavata con delle rapide scuse, (stereotipo in arrivo) per fortuna non aveva i tempi di reazione di Bruce Lee, mentre il mio accompagnatore fumettistico mi osservava sorridendo, imbarazzato per me.
Ecco, a Cuba Gooding Jr deve essere capitata la stessa cosa, visto l’andamento della sua carriera cinematografica dai primi anni 2000 ad oggi. Solo che deve aver colpito un presidente o un amministratore delegato di un qualche Studios. E lì con delle semplici scuse non vai troppo lontano.
Tipo così ma più forte.
Cuba Gooding Jr è un attore americano e per fortuna che me lo conferma Wikipedia altrimenti avrei avuto qualche dubbio. Certo, è più attore lui che molti altri. Vince un Oscar nel 1996, riesce ad inanellare una serie di ruoli decenti grazie alla statuetta dorata ma è probabilmente Rat Race che distrugge la sua carriera. In Rat Race mostra al pubblico la sua vena (non così) comica fatta di faccette buffe, occhi strabuzzanti e voci che diventano stridule. Caratteristiche comiche che, a quanto pare secondo Hollywood, possiedono tutti gli afro americani. Caratteristiche che però avevano già rotto le palle all’epoca de Il Professore Matto di Eddie Murphy. Dal 2002 in poi la carriera di Cuba è un disastro: film con cani da slitta, doppiatore di Mucche alla riscossa e di un personaggio del tredicesimo (TREDICESIMO, ma quanti cazzo sono?) capitolo de La valle incantata e una serie di pellicole straight-to-dvd intervallate da qualche ruoletto per portare a casa la pagnotta con un po’ più di dignità tipo The Butler o Machete Kills, se di dignità possiamo parlare in questo secondo caso. Oggi parliamo proprio di uno di questi fantastici straight-to-dvd che Sky Cinema Max continua a proporci perchè a Sky il cinema è di casa. Forse allora hanno un indirizzo sbagliato.
Absolute Deception, conosciuto anche come Deception (conosciuto da chi?), è un film del 2013 diretto da Brian Trenchard-Smith, un uomo che si è costruito la fama con sudore grazie ad una miriade di film per la televisione e due sequel di Leprechaun. Sticazzi, insomma. Sceneggiato da uno che nello stesso anno ha scritto Chupacabra vs the Alamo e The Dog who saves the Holidays, Absolute Deception ci propone, oltre a Cuba, Emmanuel Vaugier come co-protagonista. E chi è Emmanuel Vaugier?
Il film è ovviamente di una povertà terrificante. Si vuole mettere in piedi una storia di traffici illeciti, di corruzione e di omicidi che ruotano attorno al classico uomo ricco, al quale manca solo il cappello da cowboy, ma viene fuori una poverata. Usualmente i B-movie moderni partono subito forti, mostrando una qualche scena d’azione per catturare lo spettatore che, ignaro della noia che lo aspetterà, si mette comodo e pensa “Oh, non male”. E’ una tattica ormai consolidata. Il problema è che qui anche la scena d’azione di apertura è tristissima: una sparatoria demenziale con scintille e fumo realizzati con un programma di computer grafica installato su Windows 98.
Dopo una sparatoria orribile, il film ci presenta il personaggio della Vaugier, una giornalista che decide di seguire una pista ignorando il veto posto dal suo redattore. Il dialogo è questo: “Devo andare via per un po'” “Ma il capo ti licenzierà!” “Beh, se lo fa ci rimetterà lui”. Ah beh certo, vai tranquilla. Emmanuel e Cuba in qualche modo si conoscono e via così. Sinceramente lo svolgimento non me lo ricordo nemmeno. Finisce bene, i due si baciano e titoli di coda sui quali puoi spegnere il televisore con sollievo. Si tratta di un film per dvd quindi realizzato alla bene e meglio. Non buona alla prima ma alla seconda e tre settimane di riprese al massimo. E alla fine quindi mi rimangono solo poche cose in mente:
- Per praticamente tutta la pellicola Cuba indossa sempre gli stessi vestiti. Quindi o Cuba suda poco o i soldi da spendere erano già tutti andati in fumo con la computer grafica della sparatoria inziale. L’avete capita la battuta, eh? Andati “in fumo”, eh? Dai, è divertente, no? No?
- Tutti si offrono del thé prima di parlare.
- Si cerca su Google come aprire una cassaforte.
- Emmanuel Vaugier ha, come direbbe Aldo, gli occhi da cernia e il collo abbbbrontosauro.
-FBI sta per Falliti Babbei Incompetenti.
E dopo questo non saprei che aggiungere. Ascoltiamoci qualcosa, valà.