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“Manca solo Saverio Tutino”, grida qualcuno. “No, Saverio è qui” risponde con voce tonante Camillo Brezzi, direttore scientifico della Fondazione voluta da Tutino e che raccoglie i Diari degli italiani. Sono in una sala gremita del Palazzo Pretorio” di Pieve Santo Stefano. Qui negli anni ‘90 Saverio, quell’uomo dai capelli bianchi e dallo sguardo energico e penetrante, mette in piedi una straordinaria raccolta. E’ una storia dell’Italia affidata non ad accademici, ma a protagonisti in prima persona. E’ l’epilogo di un’esistenza da giornalista (già giovane comandante partigiano in Val d’Aosta) condotta tra una rivoluzione e l’altra. E’ stato per lunghi anni (prima di giungere a un esperienza con “Repubblica”) inviato per questo giornale “l’Unità”, interlocutore di Fidel Castro, del Che, di Mao Tze Tung, di Salvador Allende, nonché di Vargas Llosa e García Márquez. Un giornalista autonomo, capace di criticare duramente i limiti di tante esperienze che avevano fatto sognare il mondo.
Io ho incrociato quel prestigioso inviato negli anni 60 al Palazzo dei giornali di piazza Cavour a Milano, in un colloquio come corrispondente da Brescia. E l’ho visto poi accanto a giornalisti dell’epoca come Clemente Azzini, Salvatore Conoscente, Anna Maria Rodari, Piero Campisi, il fotografo Mario Dondero. Ed ecco che ora torno sulle tracce di Saverio nella sua Città dei Diari, la sua eredità. L’occasione mi è data dalla presentazione di un libro vincitore di un altro premio apparentato con quello di Pieve e voluto, con la rivista “Libera Età”, dallo Spi-Cgil. Così con Giuseppe Casadio parliamo de “L’espresso di Mezzanotte” di Andrea Luschi. Un ferroviere che tra una stazione e l’altra ha compilato quindici deliziosi racconti. Per spiegare come un macchinista possa innamorarsi del proprio lavoro e dell’umanità che lo circonda. E così incomincia, nei tre giorni della ventinovesima edizione del “Premio Pieve Saverio Tutino 2013”, la nostra abbuffata di diari, d’incontri, di conoscenze. Perché quel che colpisce di più non sono solo le storie, ma anche gli autori, i parenti del 18enne Orlando Orlandi Posti rimasto ucciso nell'eccidio delle Fosse Ardeatine, la ragazza di Napoli impiegata in biblioteca e colpita dal mobbing, il palermitano Castrenze Chimento che ha imparato a scrivere a 73 anni dopo una vita di violenze e miserie, il cartolaio di Cuneo che ha visto entrare tra i finalisti nel 2012 le memorie di Maria Fenoglio che aveva creduto nel fascismo fino alla fine. E’ una connotazione di questo fiume di memorie: la capacità di non chiudere la porta in faccia a nessuno, di voler raccontare la storia d’Italia, senza preconcetti e discriminazioni. E anche questo è un lascito di Saverio. Un’iniziativa che continua a rinnovarsi e anzi in questi tempi spesso disperanti sembra indicare nella scrittura e nella lettura un antidoto alla depressione. Perché, come recita lo slogan 2013 di tale insolita manifestazione: “la memoria non è in crisi”. Come dire che il diario serve a te che lo compili per ritrovare un’identità, quasi una specie di autoanalisi, e serve ai lettori per capire meglio da dove veniamo e dove stiamo andando.
Ora poi il lascito di Tutino è giunto a una nuova emozionante tappa. L’hanno chiamata ”impronte digitali”. Qui sono depositati ormai ben settemila testi di carta. Alcuni sono diventati volumi affermati, altri testi teatrali, altri film. Adesso si passa all’era della digitalizzazione. Per permettere a tutti, in tutto il mondo, di collegarsi tramite computer e leggere. Ed eccoci all’inaugurazione del “Piccolo museo”, dove, come diceva all’inizio Brezzi, accompagnato dall’instancabile Natalia Cangi (organizzazione), Tutino rivive come mai. M’infilo così tra la folla nel ”percorso multisensoriale”. Non c’è solo l’immensa e stupenda foto del lenzuolo-diario compilato faticosamente dalla contadina vedova Clelia Marchi. Con queste parole: “Le lenzuola non le posso più consumare col marito e allora ho pensato di adoperarle per scrivere”. In pochi giorni un gruppo di giovani milanesi della “DotDotDot” hanno costruito un apparato fantascientifico. Entri in due stanze e trovi due pareti coperte da cassetti illuminati. Apri un cassetto e trovi uno dei diari, con i testi, il riassunto, le foto e anche gli audio di voci narranti affidate ad attori come Mario Perrotta, Paola Roscioli, Andrea Biagiotti e Grazia Cappelletti. Hanno scritto i promotori: “Ci sono settemila storie di carta che diventeranno entro il 2016 settemila storie digitali”. Un’opera in progress anche con l’aiuto di migliaia di amici, di volontari e di sponsor (oltre le istituzioni toscane e la Telecom).
E proprio il citato bravissimo attore Mario Perrotta è proprio un po’ il “deus ex machina” di questa edizione del 2013. La giuria (dove siedono tra gli altri Beppe Delli Colli e Nicola Tranfaglia) ha scelto, non senza contrasti e per un voto di differenza, tra gli otto finalisti, un epistolario tra il milanese Francesco Leo, e la fiorentina Anna Maria Marucelli. Lei vive a Roma e lui, dopo avere aver combattuto in Africa orientale, finisce in Libia prigioniero degli inglesi e spedito nelle carceri a Yol in India. Un romanzo tra “ due personalità forti e a tratti opposte…. fino a sfociare in un legame d'amore che durerà tutta la vita”. La guerra, insomma, tema dominante. Così come il premio assegnato al cantautore Vinicio Capossela quale "custode della memoria" grazie al suo diario di un viaggio in Grecia "Tefteri". Nello stesso segno un altro premio affidato alla giornalista, giovane freelance in Siria, Francesca Borri. Nel volumetto distribuito a Pieve leggiamo che d’ora in poi questo apposito premio sarà destinato a un giovane: ”Saverio è stato uno dei più grandi giornalisti italiani, icona di un mestiere tra i più seducenti per le nuove generazioni…Questo mestiere oggi in declino, vituperato e insultato nell’esercizio e nella percezione può contare ancora su sorprendenti interpreti: talentuosi, estrosi, generosi...”.
Bruno Ugolini
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