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I diritti naturali dei bambini

Creato il 04 febbraio 2014 da Jeveux_magazine @jeveux_magazine
                      "…ai grandi bisogna sempre spiegare tutto quello che i bambini capiscono subito".I diritti naturali dei bambini

Avete fatto caso a quanti divieti inutili diamo ai nostri figli? "No, fermo, così cadi, non toccare, ti sporchi, ti bagni...".Vietare è semplice. Educare è un'altra cosa.

Per capire i bambini e gli adolescenti ognuno deve ripensarsi bambino. cosa amavamo fare? dove giocavamo? con chi ci piaceva stare? A partire da questi tre interrogativi, analizziamo il rapporto fra mondo dell’infanzia e società moderna: anche i piccolini hanno tanti diritti.

1. IL DIRITTO ALL’OZIO 
Siamo in un momento della storia umana in cui tutto è programmato, informatizzato. I bambini hanno praticamente la settimana programmata dalle loro famiglie o dalla scuola. Non c’è spazio per l’imprevisto. Non c’è, da parte dei bambini, la possibilità di qualcosa di autogestito, di giocare da soli. C’è bisogno di un tempo in cui i bambini siano soli, in cui imparino a “vivere il sistema delle regole”, imparando da soli a gestire i piccoli conflitti. E questo senza la presenza eccessiva degli adulti. È solo così che si diventa adulti sani.
2. IL DIRITTO DI SPORCARSI “Non ti sporcare”, una frase tipica del genitore della società del benessere. Credo che i bimbi abbiano il sacrosanto diritto di giocare con i materiali naturali quali la sabbia, la terra, l’erba, le foglie... Proviamo ad osservare attentamente i bimbi in alcuni momenti di pausa dai giochi organizzati... e scopriremo con quanto interesse riescono a giocare per ore con poche cose trovate per terra.
3. IL DIRITTO AGLI ODORI Oggi rischiamo di mettere tutto sotto vuoto. Abbiamo annullato le diversità di naso, o meglio le diversità olfattive, tipiche di certi luoghi. Pensiamo alla bottega del fornaio, all’officina del meccanico delle biciclette, al calzolaio, al falegname, alla farmacia. Oggi non ci sono più differenze. Eppure chi di noi non ama sentire il profumo di terra dopo un acquazzone e non prova un certo senso di benessere entrando in un bosco ed annusando il tipico odore di humus misto ad erbe selvatiche? Imparare fin da piccoli il gusto degli odori, percepire i profumi offerti dalla natura, sono esperienze che ci accompagneranno lungo la nostra esistenza.
4. IL DIRITTO AL DIALOGO Siamo spettatori passivi dei tanti mass media: soprattutto la televisione. In quasi tutte le case si mangia, si gioca, si lavora, si accolgono gli amici “a televisione accesa”. E la televisione trasmette modelli culturali, ma soprattutto plasma il consumatore passivo. Con la televisione non si prende certo la parola. Cosa diversa è il raccontare fiabe, narrare leggende, vicende e storie, fare uno spettacolo di burattini. In questi casi anche lo spettatore-ascoltatore può prendere la parola, interloquire, dialogare.
5. IL DIRITTO ALL’USO DELLE MANI La tendenza del mercato è quella di offrire tutto preconfezionato. L’industria sforna ogni giorno miliardi di oggetti “usa e getta” che non possono essere riparati. Nel mondo infantile i giocattoli industriali sono talmente perfetti e finiti che non necessitano dell’apporto del bambino. Mancano le occasioni per sviluppare le abilità manuali ed in particolare la manualità fine. Quello dell’uso delle mani è uno dei diritti più disattesi nella nostra società post-industriale.
6. IL DIRITTO AD UN “BUON INIZIO” Mi riferisco alla problematica dell’inquinamento. L’acqua non è più pura, l’aria è intrisa di pulviscoli di ogni genere, la terra è inquinata dalla chimica di sintesi. Si dice sia il frutto non desiderato dello sviluppo e del progresso. Eppure oggi è importante anche “tornare indietro”. Ritrovato il gusto del camminare per la città, lo stare insieme in maniera conviviale. Ed è questo che spesso i bimbi ci chiedono. Da qui l’importanza dell’attenzione a quello che fin da piccoli “si mangia”, “si beve” e “si respira”.
7. IL DIRITTO ALLA STRADA La strada è il luogo per mettere in contatto le persone, per farle incontrare. La strada e la piazza dovrebbero permettere l’incontro. Oggi sempre più le piazze sono dei parcheggi e le strade sono invivibili per chi non ha un mezzo motorizzato. Piazze e strade sono divenute paradossalmente luoghi di allontanamneto. É praticamente impossibile vedere bambini giocare in piazza. Dobbiamo ribadire che, come ogni luogo della comunità, la strada e la piazza sono di tutti... 
8. IL DIRITTO AL SELVAGGIO Siamo nell’epoca dei “divertimento”. I parchi gioco sono programmati nei dettagli. Così accade anche nel piccolo, nei parchi delle scuole o nelle aree verdi delle città, compreso l’arredo urbano. Ma dov’è la possibilità di costruire un luogo di rifugio-gioco, dove sono gli alberi su cui arrampicarsi? Il mondo è fatto di luoghi modificati dall’uomo, ma è importante che questi si compenetrino con luoghi selvaggi, lasciati al naturale. 
9. IL DIRITTO AL SILENZIO L'orecchio umano è sottoposto continuamente alle sollecitazioni esterne. Mi sembra ci sia l’abitudine al rumore, alla situazione rumorosa al punto da temere il silenzio. Sempre più spesso è facile partecipare a feste di compleanno di bimbi accompagnate da musiche assordanti. E così è anche a scuola. L’emblema di tutto ciò è dato da coloro che si spostano alle periferie delle città e a piedi o in bicicletta si portano nella natura per una bella passeggiata con le cuffie dell’Ipod ben inserite nelle orecchie. Perdiamo occasioni uniche: il soffio del vento, il canto degli uccelli, il gorgogliare dell’acqua. Il diritto al silenzio è educazione all’ascolto silenzioso.
10. IL DIRITTO ALLE SFUMATURE La città ci abitua alla luce, anche quando in natura luce non c’è. Nelle nostre case l’elettricità ha permesso e permette di vivere di notte come se fosse giorno. E così spesso non si percepisce il passaggio dall’una all’altra situazione. Quel che più è grave è che pochi riescono a vedere il sorgere del sole e il suo tramonto. Non si percepiscono più le sfumature. Anche quando con i bambini usiamo i colori non ci ricordiamo più delle sfumature. Il pericolo è quello di vedere solo nero o bianco.                                                                                                    tratto da Gianfranco Zavalloni

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