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I dubbi dell’esordiente – Il giudizio altrui

Da Marcofre

C’è un errore di prospettiva in chi s’imbarca nell’avventura della scrittura, e che conosco abbastanza bene perché pure io molti anni fa, la pensavo così. Vale a dire:

Cosa penseranno di me se scrivo certe cose?

(Il lettore sostituisca certe cose con le espressioni/parole che preferisce).

È come se m’imbarcassi su una baleniera e mi preoccupassi della reazione dei miei vicini di casa quando lo sapranno.
Il mio problema è l’oceano. È la balena bianca.

Al primo posto non ci può essere che la storia; ecco perché parlo di errore di prospettiva. Occorre ripensare la gerarchia, mettere in cima quello che conta, in fondo tutto il resto.
E in cima ci deve stare… la storia, esatto!

La mia preoccupazione deve riguardare lei e basta, perché devo “solo” cercare di renderla efficace e di valore. È un obiettivo già abbastanza difficile, che spesso coinvolge fegato, stomaco, e quando ci si corica la notte, lei è sempre lì.

Sì, lui è lì, e si sposta là. Domanda: è convincente l’ambiente? È descritto con cura? E lui come ci arriva là? E poi, perché non ci passa nessuno? D’accordo, è in periferia, però non è possibile che nessuno ci passi, infatti ecco che arriva un ciclista. No, non lo puoi togliere il ciclista, ne abbiamo già discusso no? Arriva il ciclista e quello fa così, si gira ed ecco che vede, altrimenti devi allungare tutto il brodo, e non puoi farlo perché rischi di distrarre troppo il lettore. Deve restare sull’obiettivo.
E allora, occorre spostare tutto in un ambiente chiuso. Sì, un sottoscala, un negozio abbandonato. Stai scherzando vero? Lui non andrà mai in un ambiente chiuso perché non è un idiota. No, ficcatelo in testa, non ci andrà mai. Se poi accade quella cosa, come diavolo pensi che possa trascinarlo fuori. Lo lascia lì?  Certo come no. Basta essere idioti e non farsi domande.
Una transenna potrebbe essere la soluzione. Ci schiaffi una transenna, dammi retta. Lavori in corso e bla bla bla. Qualcuno ci passa, ma la maggior parte non lo farà. Può andare.

(Semplice schema delle elucubrazioni notturne a proposito di una storia).

Perché diavolo mi devo pure preoccupare degli altri? Se faccio l’idraulico non mi interessa quello che pensano i miei ex compagni di scuola. Bado a svolgere il mio lavoro al meglio.

Come ripeto spesso: il lettore non sa cosa vuole, glielo devo dire io. Perché preoccuparsi di lui, allora? Buona parte dei capolavori sono stati scritti all’insaputa del pubblico, che infatti li ha ignorati finché erano in vita i loro autori. Questo non risolve i problemi, anzi. Non preoccuparsi del lettore significa spesso garantirsi l’insuccesso: basta ricordarsi di Richard Yates.

Puntare la propria attenzione e le proprie energie sulla storia è l’unico mezzo che io conosca per scrivere qualcosa che almeno provi a dare del tu all’arte. Certo, puoi anche infischiartene dell’arte e scrivere quello che va per la maggiore.

Oppure.

Non si tratta di presunzione, ma di consapevolezza. Tutti fanno i gargarismi con la cultura, ma alla fine quelli che la capiscono sono una manciata. E sarà così per sempre.


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