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I due volti di Versailles: fulcro e minaccia della monarchia assoluta

Creato il 23 aprile 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

Il paradosso di Versailles, culla dell’assolutismo: la Rivoluzione Francese si deve al Re Sole

L’état c’est moi“, ovvero “Lo stato sono io”, secondo gli storici sono le parole di Luigi XIV che riecheggiano nel Parlamento di Parigi il 13 aprile del 1655, ponendo fine al dibattito riguardo agli édits bursaux e spegnendo ufficialmente la voce degli Stati Generali in merito a qualunque questione avrebbe riguardato il destino della Francia da quel momento in poi. Luigi è conscio di essere nato in un’epoca minacciata da sconvolgimenti nascenti. I Paesi stranieri si percepiscono fin troppo vicini quando in essi sono in atto rivoluzioni o guerre civili, e il re trema al pensiero della decapitazione di Carlo Stuart del 1649, teme che lo stesso ardore di ribellione che da anni sconvolge l’Inghilterra possa concludersi con la medesima immagine: il sovrano sul patibolo e il Parlamento che sorride all’esito della propria sentenza. Luigi ha trascorso gran parte della sua adolescenza a nascondersi, sfuggendo con la madre reggente e il Mazzarino alla violenza delle Fronde che insanguinano Parigi, costringendosi a sopportare i soprusi di esili forzati o volontari.

L’alba di una nuova era

Quel gioco deve finire, sta a lui prendere in mano le redini della Francia. Nel 1661 si trasferisce a Versailles e assume la decisione che avrebbe rivoluzionato il modo di intendere il governo di quella Nazione da parte di tutti i suoi sudditi: la Reggia diviene il fulcro della nuova corte e Luigi XIV si proclama Re Sole. Finalmente l’ordine è di nuovo ristabilito: i fumi rivoltosi delle Fronde non riescono a raggiungere il nuovo territorio e si disperdono nei cieli di Parigi, mentre Luigi si costruisce un nuovo Olimpo e nel cuore di esso crea il proprio mito. Versailles è un universo a sé, collocato fuori dalla Francia, fuori dal mondo, esente da rivoluzioni. E’ il sogno di ogni sovrano, in cui il re viene adorato come un Dio e la nobiltà lo venera e lo esaudisce alla stregua di una serva assoggettata al padrone: calpestare l’ombra del re sul pavimento della Sala degli Specchi viene considerato un privilegio per pochi e assistere alla cerimonia di vestizione di Luigi XIV è un onore raro. Ma Versailles è davvero il gioiello del re? Luigi, nel rinchiudere i cortigiani tra i sacri cancelli della Reggia, potrebbe aver incatenato anche se stesso allo stesso trono che tutta l’aristocrazia secolare è lusingata di baciare?

La verità celata nel riflesso dell’oro

Versailles

Il “Leviatano”, l’opera più celebre di Thomas Hobbes

La Francia si rivela un cavallo ben più difficile da domare. Luigi, concentrando le sue energie nel controllo totale della nobiltà, trascura la nascente borghesia, una forza assai più pericolosa della prima, bramosa di sorgere dalle ceneri delle Fronde per conquistare un ruolo vero nella società che da sempre la annichilisce a favore dell’aristocrazia. Il re commette un errore che la Francia pagherà col sangue un secolo dopo: desideroso di avvicinare la nobiltà a sé, allontana la corte da Parigi e il sovrano della nazione dalla capitale eterna del suo regno. E così il Re Sole si condanna alla sublime reclusione in quella stessa Gabbia Dorata che aveva consacrato tanto abilmente alla nobiltà. Eliminata la classe aristocratica da Parigi, il futuro “terzo stato” incomincia a prender piede senza troppi ostacoli, apprendendo le idee promosse delle penne di Locke e Hobbes e facendo di esse delle visioni, gli ideali sintomatici di un primitivo Illuminismo che sta sorgendo per preparare il futuro terreno alla Rivoluzione francese. Gli scritti fomentano le idee e dalle idee scaturiscono altri scritti: l’aristocrazia, il baluardo dell’Ancien Régime proclamatore dell’orgoglio del re, ha lo sguardo annebbiato dal lusso di Versailles e il sovrano sa di dover pensare di giorno alle guerre e di notte a come farsi venerare, convinto di aver individuato nella nobiltà l’unico vero possibile ostacolo alla sua onnipotenza. Nessuna occasione migliore per permettere a chi non è stato ritenuto degno di trasferirsi alla Reggia di sua maestà di operare indisturbato su Parigi. Oppositori sociali e reietti dalla corte, pensatori e nuovi ricchi hanno un passato e fini diversi, ma che convergono inconsapevolmente in una sola, identica volontà: sentirsi liberi in una città per la prima volta in mano dei leader del popolo e assecondare l’opportunità che dal grande cambiamento deriva. Queste saranno le nuove anime rappresentate dal terzo stato nella Camera quel 5 maggio di cent’anni dopo.

L’assolutismo “parziale”

Si dice che, se è vero che la Francia ha provato che cosa significasse l’assolutismo, il regno di Luigi XIV ne sia stato il primo e l’ultimo proclamatore. Ma è un governo assoluto sotto tutti i punti di vista il suo? In seguito alle precedenti riflessioni, la negazione è ovvia. Si può acconsentire a definire quello del sovrano di Versailles “assolutismo” soltanto se gli si associa l’aggettivo “parziale”. A simboleggiare la monarchia assoluta vi sono il lusso, la Reggia, i giardini, il governo concentrato nelle mani del sovrano e la completa indifferenza verso il volere degli Stati Generali, spogliati di ogni effettivo potere, oltre al culto del re. Ma questa non è che una definizione parziale del concetto più puro del termine. Per chi il regno di Luigi è stato totalmente assoluto se non per il sovrano stesso? Da Versailles egli non può origliare le conversazioni dei parlamentari da cui si è allontanato, né sorvegliare a vista i movimenti sociali che prendono vita in una capitale abbandonata alle proprie trame.

L’oppressione fiscale a cui il re costringe la folla, la sua ossessione per la ricchezza della corte a scapito di quella del popolo e la concentrazione del sovrano sulla creazione del proprio mito, unite alle guerre sempre imminenti e alle frequenti dimostrazioni di malgoverno, non fanno altro che ravvivare gli animi, accendendo in essi quello spirito che li aveva spinti anni prima alle Fronde e che scorrerà nelle vene dei rivoluzionari del 1789. Non servono altre motivazioni a giustificare la riduzione della reazione dei francesi alla morte del re a un comune sospiro di sollievo. Il primo giorno di settembre del 1715 gli uomini non si disturbano a lasciare le taverne e le donne non si fermano a pregare: tutta Parigi gioisce nel veder sfilare il corteo funebre dedicato al sovrano che ha sconvolto l’intera Nazione per 70 anni. La gente si astiene dal mostrare gratitudine al re che ha inconsciamente posto le basi della grande rivoluzione che piegherà tutte le corone d’Europa, proprio nella culla dell’assolutismo, nella Reggia che, esaltando il Re Sole, calerà il sipario sulla monarchia.

Versailles

Luigi II di Borbone-Condé si inchina di fronte a Luigi XIV sulle scalinate di Versailles

Tags:Ancien Régime,assolutismo,Borghesia,Fronde,Gabbia Dorata,hobbes,Locke,Luigi XIV,Mazzarino,Re Sole,Reggia,rivoluzione francese,Versailles Next post

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