Tra gli anni cinquanta e sessanta lo Stato Italiano decise di trasformare la Sardegna in una terra di militari, realizzando un’infinita serie di servitù militari che, ancora oggi, gravano sull’isola. I sardi poco riuscirono a fare per impedire la militarizzazione della propria terra. Solo le zone interne, come era già successo in passato, cercarono di resistere attraverso una mobilitazione che vide coinvolta tutta popolazione locale.
Ma ancora una volta fu, nel mese di Giugno del 1969, il piccolo e combattivo comune di Orgosolo a riprendere la lotta e a dimostrare all’opinione pubblica che, attraverso la mobilitazione, l’unità e la protesta era ancora possibile governare dal basso ed impedire l’imposizione di leggi sgradite e non accettate dalla popolazione.
La rivolta antimilitarista di Orgosolo è stata un momento importante e fondamentale degli anni sessanta, un evento che ha dato nuova e vitale linfa ai movimenti separatisti ed ha alimentato il dibattito politico regionale, riuscendo a coinvolgere sia l’opinione pubblica che i partiti politici.
Dopo essere stato al centro delle cronache durante l’anno precedente, in seguito ai quattro giorni di sciopero di novembre durante i quali fu riproposta in termini nuovi e rivoluzionari la questione delle “zone interne”, Orgosolo si ritrovò nuovamente sulle prime pagine dei giornali. Nonostante la difficile situazione del Nuorese e un quadro di grande agitazione, il ministro della Difesa aveva infatti elaborato un progetto per l’installazione di una servitù militare a Pratobello, che prevedeva la realizzazione di un poligono permanente e l’invio di contingenti armati sul territorio del paese, in zone tradizionalmente utilizzate per il pascolo delle greggi nei mesi estivi, dopo il periodo di transumanza trascorso durante l’inverno nelle pianure del Campidano.
Alla decisione del governo seguì, a partire dal 18 giugno 1969, la mobilitazione della popolazione di Orgosolo, ampiamente documentata dagli organi di stampa, ma anche del “controgiornale” curato dagli studenti di Orgosolo che il giorno 18 giugno riportò i seguenti fatti:
“Nella piazza Pateri si svolge un’assemblea cui partecipa tutta la popolazione. All’unanimità viene presa la decisione di recarsi in massa, l’indomani mattina, nei pascoli di Pratobello per manifestare il dissenso di tutti i cittadini all’inizio delle esercitazioni militari e di impedirle con la presenza fisica di tutti gli orgolesi”.
Il 19 giugno “La Nuova Sardegna” scrisse:
La lotta degli orgolesi durò circa una settimana e vene meno l’ipotesi della realizzazione del poligono militare. La lotta popolare aveva dimostrato che lo Stato difficilmente sarebbe riuscito a realizzare nuove servitù militari, su territori utilizzati da secoli per attività agricole e pastorali, senza il parere delle popolazioni coinvolte.
Come ha scritto G. Pintore, sul suo interessante volume “Sardegna, Regione o Colonia?”, riportando un dialogo (vero o falso che sia) tra un poliziotto e un pastore:
“Durante il tentativo militare di occupare il territorio comunale, un ufficiale chiese a un orgolese: «E quanti siete, voi, a Orgosolo?» Rispose: «Cinquemila siamo.» e l’ufficiale: «Non ce la fate con lo Stato.» L’ex pastore, sorridendo, lo rassicurò:«Oh, non si preoccupi, ce la facciamo, ce la facciamo.» Sarà un caso ma, anche quella volta, gli orgolesi ce la fecero”. (G. Pintore, Sardegna, Regione o colonia?, Mazzotta editore, Milano, 1974, pag. 15).
Tratto da: http://nursardegna.blogs.it