Magazine Cultura

"I Figli del Serpente", il nuovo thriller fantapolitico di G. L. Barone

Creato il 29 marzo 2011 da Alessandraz @RedazioneDiario
Cari lettori e lettrici,
oggi sono qui per parlarvi di un romanzo davvero interessante, che mi ha entusiasmato, sia pure con alcuni - vistosi  - limiti. Perché I Figli del Serpente, di G. L. Barone è un libro che prende dalla prima all'ultima pagina, costruito con maestria, con un ritmo di altissimo livello e una forza evocativa sorprendente in un autore Italiano.
Novità: I Figli del Serpente di G.L. BaroneAutore: G. L. BaroneTitolo: I figli del serpenteEditore: A.CAR.
Prezzo: € 17,10
Pagine: 422
Trama
Un sottile filo invisibile lega la lotta al terrorismo e i salotti dell’alta finanza. Lo sapeva bene il comandante della Guardia Svizzera Pontificia, brutalmente assassinato nel suo appartamento. Sono trascorsi soltanto pochi mesi quando l’indagine viene affidata ad una giovane procuratrice romana che indagherà sulla distruzione della Sacra Sindone. Si apre dunque una porta su una verità scomoda e si scoprirà che l’omicidio del Comandante è solo l’inizio di un puzzle intricato.


RECENSIONEMi trovo davvero in difficoltà nel recensire questo romanzo, poiché è una storia che mi ha preso davvero tanto. L'ho letto in poco meno di tre sere, seguendo con crescente interesse le vicende di Andreas Henkel e di Stella Rosati, i due protagonisti "buoni" e di Kurt Weinstailer, Flavio Osios e Luciano Spada, i "cattivi". Eppure, questo tipo di definizione è già riduttiva: ogni personaggio ha aspetti negativi e positivi, ha delle ragioni fondate che muovono le proprie azioni. Se da una parte, Stella Rosati rappresenta la figura positiva, dall'altra Osios e Spada sono l'incarnazione dell'avidità che muove il mondo e che non conosce confini.
La storia si dipana prendendo spunto da una serie di fatti di cronaca (l'incendio al Duomo di Torino, l'omicidio/suicidio di un comandante delle Guardie svizzere e di sua moglie) rielaborati e inseriti nel romanzo per creare un intreccio convincente  e solido che intriga il lettore, tenendolo con il fiato sospeso fino all'ultima pagina. La storia parte da un omicidio, quello di Kurt Weistailer da parte di Flavio Osios, suo complice in un clamoroso furto: la Sacra Sindone, trafugata a Torino e creduta distrutta ad opera di un gruppo di estremisti islamici. Solo che Weistailer non ha trafugato il Sacro Lino per distruggerlo, ma per affidarlo nelle mani di un ricco petroliere sudamericano che fa parte di una setta di estremisti cattolici - poiché l'estremismo non è solo di matrice musulmana, ma anche di "de noantri" - che vuole usarla per rifondare il Cristianesimo... a suo modo.Weistailer, complice di Osios, gioca a quest'ultimo un tiro mancino che gli frutta la nomina a comandante delle Guardie svizzere, la benemerenza delle alte sfere ecclesiastiche e, nel contempo, l'assoluta fiducia degli estremisti cattolici. Ma non è una persona saggia e il suo complice, Flavio Osios, torna ben presto per vendicarsi, simulando un omicidio passionale.
La morte di Weistailer rende le trame assai più complicate, sopratutto perché consente l'entrata in gioco di due outsiders nella trama di corruzione che sottende l'intera vicenda. Si tratta di Stella Rosati, procuratore della Repubblica e Andreas Henkel, membro del Servizio segreto Vaticano, già coinvolto nella sparizione della Sindone. Di più non posso rivelarvi: si tratta di un thriller, e come tale, non si possono fare spoiler. Tuttavia, il romanzo ha tutte le carte per tenere il lettore con il fiato sospeso, intrigandolo fino all'ultima pagina. Un vero turnpage, insomma.
La storia è data da un incastro di vicende in cui nessuno agisce in modo davvero sincero, curando interessi propri e altrui, dove il modo di vedere la religione si scontra (o si incontra) con fortissimi interessi economici e politici. L'Autore è stato molto attento a delineare le dinamiche tra i vari blocchi di potere, evitando quell'ingenuità tipica di molti romanzi di genere, dove il la narrazione con diversi filoni si traduce spesso in un finale scontato e prevedibilissimo.
I personaggi hanno una loro identità, tridimensionalità e caratteristiche. Ho apprezzato la cura con cui sono stati tratteggiati i personaggi minori, come i due poliziotti che coadiuvano la Rosati nelle indagini, o il modo in cui l'Autore descrive le città dove si svolge l'azione o gli ambienti in cui si muovono i personaggi. Tutto ciò rende i characters solidi: non vi sono eroi allo sbaraglio, né cattivi da operetta ma figure credibili, perfettamente immerse nel loro mondo.
Tuttavia, come accennavo nell'introduzione, il romanzo ha delle pecche
La più grossa è sicuramente, la punteggiatura. Inesistente il maiuscolo all'inizio delle frasi di discorso diretto, dopo le caporali, virgole dove sarebbe stato necessario un punto, due punti usati con eccessiva parsimonia. Purtroppo, questi errori penalizzano la lettura, smorzando l'efficacia di uno stile narrativo davvero brillante e coinvolgente. E' un vero peccato perché un romanzo così affascinante, se accuratamente editato, avrebbe dato il meglio di sé.
Perchè, a mio avviso, il vero problema di questo testo è l'assenza di editing (ne di correzione di bozze). Ci sono piccole ripetizioni, alcune ingenuità  nella caratterizzazione di alcuni atteggiamenti dei personaggi (sopratutto in Stella Rosati, unica donna della narrazione), un abuso degli spoiler all'interno della narrazione, l'uso reiterato di alcune espressioni (per es. "Sono tutto orecchi") che danneggiano la scorrevolezza del testo. 
Ripeto: il libro è bello, mi è piaciuto, e vale la pena di  leggerlo. Ma sarebbe stato assolutamente più efficace e graffiante con un editing capace di aiutare l'Autore a ripulire il testo e ad eliminare alcune sbavature.
Sia pure con questi limiti, I Figli del Serpente si segnala come uno dei libri più interessanti che siano stati scritti da parte di un autore emergente italiano. Si sente l'influenza della grande narrativa straniera, ma sopratutto, si nota come  Barone sia stato attento alla "regia" della vicenda, che è solidissima, con una scansione temporale impeccabile e un ritmo presente/passato che è di agevole comprensione. Non è facile trovare tutto questo in un autore italiano pubblicato da una piccola casa editrice e vi assicuro che G. L. Barone è un autore da tenere d'occhio.
Novità: I Figli del Serpente di G.L. BaroneL'AUTORE
G..L. Barone, acronimo di Giuseppe Leto Barone. Nato il 14 marzo 1974, è uno degli autori emergenti della nuova letteratura spionistica internazionale; vive e lavora tra la Lombardia e la Val d’Aosta. Fino da giovanissimo impegnato in politica, si è laureato in Giurisprudenza ed ha, per breve tempo, prima di dedicarsi stabilmente alla scrittura, svolto la carriera legale. Dal 2008 collabora anche con il quotidiano online Polisblog.it . Ha pubblicato per Montedit Editore “Il Segreto dell’Unione”(2003), il suo romanzo d’esordio: un thriller fantapolitico ambientato in una futura unione politica Europea, che descrive come oscura e corrotta. Nel 2004 é stato premiato dall'Accademia Italiana di lettere Scienze ed Arti "Terra del Vesuvio", come vincitore del prestigioso premio letterario della sesta Biennale Culturale, e nel 2006 "Il segreto dell'Unione" ha ricevuto il prestigioso riconoscimento al Premio Internazionale Navarro. Nel giugno 2006 è uscito "Punto di rottura" il suo secondo romanzo, una spy story che prende le mosse da un fatto di cronaca realmente accaduto: un missile lanciato dalla Corea del Nord verso il Giappone nel 1999. "I Figli del Serpente" è il suo terzo romanzo, pubblicato da A.Car Edizioni nel dicembre 2010. Qui per il suo sito web.
INTERVISTA ALL'AUTORENoi di Diario abbiamo intervistato Giuseppe Leto Barone in occasione dell'uscita del libro. Ecco come parla di sé e del suo lavoro di autore.

1. Ciao Giuseppe e benvenuto a Diario. Vorresti presentarti alle nostre lettrici e ai nostri lettori? (Vita, morte e miracoli... più o meno?)Grazie a voi di avermi invitato. Dunque: ho 37 anni e scrivo perché mi piace raccontare storie che intrattengano e divertano. Ho studiato legge e chi mi conosce sa che, oltre a scrivere, faccio mille altre cose, dal suonare in un gruppo heavy metal ad occuparmi di politica nel mio comune, dove sono stato eletto per la prima volta a 18 anni. La mia prima passione però è la scrittura: il mezzo per raccontare quello che ho in mente. Per me la storia narrata è la cosa più importante e se dovessi scegliere tra una bella storia “mal scritta” ed una brutta storia “ben scritta”, probabilmente sceglierei la prima… i miei libri invece spero, ma non spetta a me dirlo, siano belle storie scritte discretamente.

2. Hai dei riti specifici nel tuo processo creativo, per esempio, ascolti della musica? Se sì, quali? Come vivi il tuo rapporto con la scrittura?I miei romanzi di solito hanno molti personaggi e sono abbastanza intricati quindi, l’unico modo per venire a capo di tutte le sottotrame, è pianificare tutto prima di iniziare. Prima di cominciare a scrivere il libro devo avere tutta la storia in mente: di solito preparo uno storyboard, una serie di sequenze numerate, che poi alla fine trasformo nei capitoli. Non ho particolari riti, mi metto alla tastiera e trasformo la sequenza X nel capitolo X. Quando devo scrivere (a me piace dire sviluppare la sequenza) sono molto metodico. Di solito non faccio più di un capitoletto al giorno, quindi fai tu i conti (100 capitoli uguale 100 giorni)… il problema è che per pensare, scrivere e concatenare le sequenze della storia ci vuole molto di più… ma quello lo faccio in macchina, al ristorante, per strada… e per scrivere uso un po’ di tutto: dal cellulare al tovagliolino di carta.

3. I Figli del serpente è il tuo terzo romanzo. Cosa ti ha portato alla scrittura, e come mai hai scelto di dedicarti ai thriller di fantapolitica?La scrittura è l’unico modo in cui le storie che ho in mente possono diventare realtà, basta usare le parole giuste e posso trasportare i miei lettori dalla luna al centro della terra… si fa per dire. Scrivo thriller perché è il genere che mi piace, non sarei capace di scrivere altro. Io scrivo semplicemente quello che mi piacerebbe leggere. Per quanto riguarda il genere fantapolitico in realtà è un’etichetta che mi è rimasta appiccicata addosso: solo il mio primo libro era un thriller fantapolitico… gli altri sono delle spy story nel senso classico del termine4. Ne I figli del serpente, parli esplicitamente di connessioni tra la Chiesa Cattolica e istituti di credito, rifacendoti allo scandalo dello Ior; o ancora dell'omicidio/suicidio del comandante delle Guardie svizzere verificatosi alcuni anni fa. Quanto peso ha avuto la realtà nel tuo romanzo? Ha rappresentato un elemento scatenante o è divenuto un tassello da inserire in una storia che stavi già elaborando?A me piace sempre partire da un evento reale e poi ricamarci sopra una storia di fiction che ho già in mente… e siccome gli avvocati governano il mondo, nella nota alla fine del libro ho specificato che l’uccisione del “mio” comandante della Guardia Svizzera, seppur innegabilmente ispirata all’omicidio Estermann (ispirata unicamente all’evento delittuoso che ha visto assassinati il comandante della Guardia Svizzera, la sua consorte ed un ufficiale), non ha e non vuole avere alcun rapporto con il vero omicidio. Per quanto riguarda lo Ior, anche in quel caso ho attinto da una serie di eventi reali per poi costruirgli attorno una storia del tutto inventata. Tutti questi dettagli mi servono solo per dare veridicità alla narrazione, per renderla più credibile, verosimile e aderente alla realtà. 

5. Nel tuo volume, quasi tutti i personaggi sono uomini; vi è solo una donna, Stella Rosati, che è una figura volitiva e molto forte. Come mai questa scelta di privilegiare figure maschili?In realtà quasi tutte le figure maschili del libro sono personaggi negativi, attaccati al denaro ed ai loro interessi. Stella invece è uno dei pochi personaggi positivi, assieme ad Andreas Henkel. In pratica il 50% dei personaggi positivi sono donne… e il 50 uomini… rispecchia il mondo no?6. Personalmente, ho molto apprezzato la scena dell'inseguimento a piedi di Stella, a Piazza Navona. L'ho trovata molto "cinematografica". Ci son dei film che ti hanno ispirato in maniera particolare?E’ vero, tutto il libro è pensato e costruito come se fosse un film, il semplice fatto che nasce da uno storyboard, strumento prettamente cinematografico, dovrebbe rendere l’idea. Sono un appassionato di cinema e sono molti i film che mi piacciono. Non credo però che in questo libro ci siano ispirazioni cinematografiche… Il mio precedente libro, Punto di rottura, invece sì che era ispirato ad un film: The Pacemaker di Mimi Leder. 

7. Domanda - molto - provocatoria: non credi che il cliché Chiesa = madre di ogni vizio sia un po' abusato? L’equazione corretta secondo me è estremismo religioso = male del terzo millennio. E quando parlo di estremismo religioso parlo in senso lato. Il libro parte dal presupposto che l’estremismo è non solo tra i mussulmani ma anche tra i cattolici. La Chiesa, intesa come chiesa di Roma, in questo senso c’entra davvero poco. Lo scudo con la croce sulla copertina del libro sta a significare proprio questo: sono passati otto secoli dall’ultima crociata, cosa accadrebbe se gli stessi principi venissero utilizzati adesso? Da li a dire che la Chiesa (come istituzione) sia la madre di ogni vizio ce ne passa… io di certo non lo penso. 8. Un libro che ami (e che rappresenta fonte di ispirazione) e un libro che detesti. Chi, come e perché?Libri ce ne sono moltissimi, per restare sul genere ti dico Fatherland di Robert Harris o Artico di James Rollins, ma in senso lato il libro che amo di più è I Promessi Sposi anche se, per ovvie ragioni, dovute al genere non ho molte possibilità di ispirarmi… Libri che detesto? Di solito se un libro non mi piace ne interrompo la lettura: diciamo che recentemente ne ho interrotti diversi, magari ben scritti ma con storie insignificanti…


Grazie per aver risposto alle nostre domande. E'  stato un piacere conoscerti e... ad maiora!

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :