Una caratteristica di gran parte dei giornalisti professionisti italiani è quella di fare un giornalismo più da tifoseria che d’informazione.
Una critica diffusamente rivolta ai giornalisti italiani dai colleghi esteri, è quella di strumentalizzare oltre misura le informazioni, secondo convenienza personalissima, di gruppo o d’editore.
I giornalisti più anziani, quelli che hanno memoria lunga, ricordano che questo difetto (diciamo così), c’è sempre stato, ma si è radicalizzato a partire dai primi anni ’90, e non accenna a spegnersi, tra lobby economiche sempre attive e partiti sempre sotto elezioni, visto che votiamo quasi tutti gli anni, tra locali, nazionali ed europee.
Anche per questo, i principali Tg hanno perso spettatori e così pure i quotidiani, che in cinque anni hanno perso oltre un milione di copie vendute (1.150 milioni, meno 22%), e un multiplo in termini di lettori.
Tutto questo si sa, ma a volte emerge in modo imbarazzante nelle tante rassegne stampa televisive, dove milioni di persone vedono che uno stesso fatto è titolato in modi inconciliabili.
Giornalisti e interpretazione dei fatti
Un caso per tutti. Di recente, nello stesso giorno e sullo stesso fatto, 2 quotidiani su 3 hanno titolato in modo inconciliabile, evidentemente.
Si potrebbe dire che uno di loro fa informazione e due (quali?), fanno “formazione” sul lettore.
Cosa devono pensare i lettori quando prime pagine come queste scorrono sul video?
Per avere un punto di riferimento, sarà utile questo passaggio del codice deontologico dei giornalisti, dove dice che «il dovere più pregnante del giornalista e caposaldo del diritto di cronaca è il dovere di verità, considerato sia dalla L. n. 69/1963 che dalla stessa Carta dei Doveri quale “obbligo inderogabile”. Gli organi di informazione sono l’anello di congiunzione tra il fatto e la collettività. Essi consentono alla collettività l’esercizio di quella sovranità che secondo l’art. 1 della Costituzione “appartiene al popolo”. Un’informazione che occulta o distorce la realtà dei fatti impedisce alla collettività un consapevole esercizio della sovranità».
Carlotta Cavallaro & staff FirstMaster