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I giovani e la droga: informare o scioccare?!

Da Rossellamartielli
È di questi giorni la polemica che sta accendendo l’opinione pubblica statunitense. A finire sul banco degli imputati questa volta è stata la nuova campagna preventiva contro la droga ideata e pensata proprio per i più giovani, tant’è che il filmato in questione – 48 minuti di documentario che mostrano scioccanti foto di detenuti immortalati prima e dopo l’uso di droghe di vario genere – sarà distribuito e proiettato nelle scuole medie e superiori americane.
Le foto segnaletiche mostrano uomini e donne di ogni età, che se prima erano individui normali, in alcuni casi anche attraenti, dopo anche solo pochi mesi di stupefacenti vengono ritratti invecchiati, coperti di lividi, ferite e segni non ben identificati, accomunati tutti dallo stesso sguardo vuoto e assente. A vedere queste foto inquietanti saranno ragazzini dai tredici anni in su, dal carattere non ancora formato e facilmente suggestionabili. La campagna, che porta la firma del vice-sceriffo di Multnomah County, nell’Oregon, fa leva sul presunto narcisismo giovanile, sulla vanità dei ragazzi, per dissuaderli dall’uso di droghe. O almeno così teorizza lo sceriffo King. A questo punto, è inevitabile porsi una domanda: ma queste campagne sono davvero efficaci? Davvero paga più puntare su una sorta di terrorismo psicologico che non fare una sana, onesta e corretta informazione? Sembra proprio di sì, a giudicare anche dall’ultima campagna italiana, la cui colonna sonora è firmata da Nek, cantante famoso e amatissimo dai giovanissimi. La scena in cui un’affascinante fanciulla si trasforma in un orrido mostro, a simboleggiare il potenziale insieme seduttivo e distruttivo della droga, impressiona perfino me che ho quasi trent’anni, figuriamoci un ragazzino o addirittura un bambino, perché si sa che ormai anche i più piccoli guardano la tv a qualsiasi ora senza il controllo degli adulti. Tuttavia questo genere di “pubblicità-progresso” non è affatto una novità. Lo sa bene chi, come me, è nato negli anni Settanta/Ottanta, e ancora ricorda con paura quelle terribili pubblicità in cui i ragazzi roteavano su sé stessi per poi mostrarsi al telespettatore con occhi bianchi e vuoti. Faceva da sottofondo una musichetta degna del miglior Dario Argento, che unita alle immagini traumatizzò a un’intera generazione (chiedere per credere).

Stesso discorso per l'hiv. Tanto terrore e zero informazione, tant'è che ancora oggi c'è chi scopa a destra e a manca senza proteggersi e chi crede ci si possa infettare con un semplice bacio.



Ma questo genere di campagne è davvero riuscito ad arginare il triste fenomeno della dipendenza? Oppure la paura innesca nei giovani un pericolo meccanismo che porta al desiderio di sfidare il pericolo per sentirti più forti, più grandi? La mia impressione è che così facendo si stia semplicemente utilizzando la scorciatoia più comoda. 
Perché di sicuro è più facile utilizzare immagini a effetto piuttosto che puntare su una totale rieducazione del mondo giovanile, che veda tra i suoi obiettivi primari quello di restituire ai giovani valori in cui credere che non siano soldi e successo, punti di riferimento stabili e, perché no, rassicurazioni. 
Farlo vorrebbe dire stravolgere i principi cardine su cui si fonda la nostra società – bellezza, apparenza, prestigio e danaro – e ovviamente, tristemente, nessun governo di nessun Paese rischierebbe mai tanto.

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