Ci sono quei libri che ti rimangono tra ventricolo e atrio, come una macchia indelebile, La grande Festa di Dacia Maraini è sicuramente uno di questi.
È un libro che non si sa bene cosa sia, un po’ romanzo, un po’ autobiografia, ma anche riflessione sulla malattia e sulla morte. Un prezioso ed elegante incastro di emozioni, che non scivola mai nel melodramma e non cerca la tragedia. Se dovessi darne una definizione, direi che è una scatola di polaroid senza sequenza cronologica, ma con un filo conduttore le persone alle quali l’autrice ha voluto bene e che non ci sono più. Li puoi vedere e quasi toccare tutti quei volti, descritti nella sofferenza, ma anche nei sorrisi, nei piccoli gesti banali o nelle debolezze che in fondo rendono umani quei personaggi che il ricordo rischia di trasformare in eroi da romanzo picaresco. Per contrappasso giganteggia la figura della sorella Yuki, minuta ma non fragile, che torna alla vita in questa scrittura delicata e impietosa. Ci sono i grandi amori, quelli di tutta una vita: Giuseppe, il compagno della maturità, che non si lascia trascinare dalla malattia che lo divora, c’è Alberto, che è la giovinezza, la Roma delle lettere e dell’arte, i viaggi e i colori delle camicie. E se Alberto se ne va col sorriso della serenità, come dormendo, altri amici, anche dopo la morte, continuano a tornare nel sogno e nella memoria, come Pier Paolo, che a quella morte lì non ci si vuole proprio rassegnare.
Ci sono le amicizie con le altre donne. C’è Maria, quasi l’archetipo della crocerossina, che si affanna nel tentativo di cambiare un uomo che non vuole essere suo. C’è la pragmatica Josepha alla quale raccontare tutte queste vita in una conversazione che non si interrompe mai e che è pronta a dispensare la una saggezza terrigena che riporta nel mondo la parola che si fa quasi filosofica.
Lo stile è elegante, trovando consolazione dal lutto attraverso la poesia e la cultura, dalla mitologia classica alle popolazioni africane, conosciute nei viaggi degli anni Sessanta. Nonostante la dolcezza dei ricordi quotidiani, la scrittura vola, coraggiosa e mai ridondante, pure se a volte molto intricata nei propri pensieri, che rimangono addosso al lettore, quasi come fossero i suoi. Forse è questo il punto più forte del libro, riuscire in una scrittura raffinata e toccante al tempo stesso.
E a proposito, da quando ho letto il libro non riesco più a guardare la costellazione della Lyra con gli stessi occhi: leggetelo per capirne il motivo.
Dacia Maraini, La grande festa, Rizzoli, 2011