
In Grecia ormai è il caos. Un caos che lascia poche speranze per il paese ellenico di uscire dalla profonda crisi in cui è caduto senza passare per le forche caudine del default e dell’uscita dall’euro. Lo spread greco è stellare: 2878 punti, con un tasso di rendimento dei titoli pubblici tedeschi pari al 30,23% sui rendimenti decennali. Praticamente carta straccia a fronte di una crisi economica senza precedenti (il 51% dei giovani greci è disoccupato).
Questo va oltre il default tecnico e ora mi pare non siano nemmeno più sufficienti gli aiuti che l’Europa ha offerto alla Grecia, soprattutto alle condizioni tedesche. Siamo quasi alla dittatura “esterna”. Anche perché è questa l’impressione vedendo l’irremovibilità della Germania rispetto alle richieste che Berlino ha fatto ad Atene come condizione per rimanere nella zona euro. E rispetto al rifiuto della Merkel di rivedere le condizioni di permanenza nell’Euro correlate alla previsione degli eurobond che salverebbero — almeno in teoria — capra e cavoli.
Dunque, un’uscita dalla moneta unica pare essere l’unica soluzione per i greci che già si stanno riversando in massa presso gli sportelli bancari per ritirare i loro risparmi (800 milioni è la stima ufficiale, ma secondo me si è superato il miliardo). La paura infatti serpeggia. Un ritorno alla dracma o meglio la creazione di una nuova dracma comporterebbe un crollo completo del sistema. Da un giorno all’altro i greci si ritroverebbero con la loro moneta svalutata forse del 50/60% rispetto all’euro. Voi immaginate un po’ cosa significherebbe nel campo degli immobili e dei mutui. Uno tsumani. Almeno così dicono gli analisti pro-euro che tifano per la Grecia in Europa.
L’alternativa però è suggerita ma non è detta: agganciare la nuova dracma al dollaro. È una prospettiva concreta che ha più di una possibilità di concretizzarsi. Se così fosse (ma è un’idea), la Federal Reserve acquisterebbe quantità massicce di titoli pubblici greci, pompando dollari nell’economia greca — cosa che non ha potuto fare la BCE — e il salto nel buio verrebbe evitato. A patto che la Grecia comunque operi delle profonde riforme strutturali, che però a questo punto non sarebbero rigide come quelle imposte dai tedeschi e dall’Europa. Il risultato ulteriore sarebbe un aumento della influenza USA sul Mediterraneo. Soprattutto in una zona calda come il Mediterraneo orientale, con tanti saluti all’Europa della Merkel.
Chiaramente la mia è una ipotesi (in verità suggeritami dal sempre ottimo Paolo Rebuffo di Rischio Calcolato). Ma l’alternativa è drammatica: la Grecia che sprofonda, almeno per un periodo più o meno lungo, in un caos economico e politico pericoloso. L’ombra delle giunte militari, con il paese ellenico fuori dall’Euro e virtualmente dall’Europa, tornerebbe a concretizzarsi. Perché è normale che al disordine segua il forte desiderio di ordine, e questo nell’immediato può essere assicurato solamente dai militari, che a questo punto avrebbero gioco facile. Seppure l’ipotesi appaia comunque or ora piuttosto remota e fantascientifica.
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Il problema del default greco peraltro riguarderebbe pure gli altri paesi del Mediterraneo. È chiaro infatti che un’uscita della Grecia dall’area euro potrebbe avere un effetto farfalla devastante anche per l’Italia, il Portogallo e la Spagna. E certo non credo affatto agli apprezzamenti del Fondo Monetario Internazionale, che ha detto che il Governo Monti sta facendo bene. Personalmente vedo questi apprezzamenti come dei veri e propri avvisi di significato contrario: state cazzeggiando, sbrigatevi o qui finisce male anche per voi. Perché — diciamocela tutta — per quanto si dica, il Governo di Mario Monti finora ha solo prodotto fuffa, unitamente a un’elevata pressione fiscale che non ha prodotto i risultati sperati. Lo spread tra i BTP italiani e i Bund tedeschi continua a veleggiare sopra i 400 punti (ieri ha toccato i 460 pb) e i mercati sono in caduta libera. Perciò dire che l’Italia è fuori pericolo o sta facendo bene è solo una nota di incoraggiamento e di monito: dovete fare di più.
Ma cosa? Ormai il nostro paese ha toccato il fondo. La pressione fiscale sfiora il 50%. E certo Monti non può ancora operare sulla fiscalità. Dovrebbe tagliare le spese, ma il rischio a questo punto è doppio: il taglio con la machete nei punti sbagliati, comporterebbe una rivoluzione sociale che accentuerebbe di più la crisi. Un taglio eccessivo e non ragionato comunque abbatterebbe punti di PIL, accentuando ancor più la crisi. Inoltre, i tagli allo Stato sociale non seguiti dai tagli ai privilegi di politici e altre caste amministrative, rischierebbe di creare risentimento e rabbia, più di quanto già serpeggino nella popolazione.
La soluzione pertanto non è più italiana, né greca, ma è europea attraverso una revisione dei meccanismi che regolano l’Euro. Che si sono rivelati insufficienti e per certi versi suicidi per i paesi europei (tranne, stranamente, la Germania). Diversamente prepariamoci al crollo della moneta unica. Che per certi versi a me personalmente non dispiace, visto che l’euro, ogni giorno che passa, si sta rivelando sempre più un grosso affare speculativo più che un passo concreto verso l’integrazione europea.
di Martino © 2012 Il Jester



