Questa gente, che siano Hindi, Cattolici, Musulmani o Buddisti, ha in comune un’unica “divinità”: il danaro. Poi seguono… ben distaccati, altri valori, quali il possesso della terra, la mamma, i figli, l’automobile, il cane… molto più lontana, LA MOGLIE!
Il lavoro è considerato solo perché si deve fare. Non c’è “vocazione” in nessun settore. Comunque sono molto pochi quelli che non lavorano anche se la gran parte è precaria: oggi saldatori, domani idraulici e dopo muratori, meccanici o pasticceri… che si mettono le dita nel naso.
Solo chi lavora nel turismo, comincia in età anche molto giovane, se non fa clamorose stupidaggini resta in questo settore perché rimane calamitato dal fascino di “comunicare” con il mondo esterno. Loro non possono viaggiare perché le distanze con il continente che conta sono enormi e gli spostamenti costosi. Quindi chi è tra gli addetti ai lavori del turismo è privilegiato, perché senza andare riceve, sia pure in modo molto rapido, un po’ di “farina” europea, portata dai turisti. Sono consapevole che questa frase si può interpretare in diverse maniere. Non ne smentisco nessuna.
Devo riconoscere alle scuole indigene di formazione del personale preposto ai servizi turistici, il merito di dare una preparazione ai giovani ben superiore a quella che si riceve nelle pari scuole europee. Questo fa sì che il personale degli alberghi, di qualsiasi categoria, sia sempre educato, pulito, ben preparato per il suo mestiere, anche per la conoscenza dell’inglese e del francese.
In generale c’è un buon senso di “amor proprio”. Ho constatato di persona che se un giovane si fa uno strappo o una sola macchietta sulla camicia, torna subito a casa a cambiarsela.
Nel tempo, tuttavia, mi sono accorto che qui le mamme non sono più disposte a trascorrere le giornate solo a riempire le loro lavatrici. A Mauritius, come ovunque, in una famiglia non basta più il solo lavoro paterno. Rimane un’altra considerazione. I giovani mauriziani, nella gran parte, non puzzano. Il fatto che pur amando il mare non siano grandi nuotatori, induce a dedurre che abbiano la buona abitudine di lavarsi a casa e… con il sapone. In questo ha contribuito molto, la religione dominante, Hindi. Per loro la pulizia esterna è un rito da collegarsi con la purificazione interna. Molti se ne fregano delle preghiere dei “Pandit” (sacerdoti laici induisti), però l’abitudine della doccia è rimasta… e si sente!
Non si può dire la stessa cosa per la cura dei denti, già da bambini hanno delle carie mostruose. I dentisti sono pochi, ma c’è anche la diffusa mentalità che dal dentista ci si vada solo per farsi togliere un dente, non per curarlo. Questo conferma, in modo esasperato, il culto per il danaro.
Vivere in quest’isola è facile. Molto più difficile è scegliere di vivere qui.
Giustamente, per motivi di “spazio” e protezione delle risorse a favore degli indigeni, i Mauriziani impongono a chi desidera rimanere in permanenza nel loro Paese la scelta fra tre condizioni. La prima è depositare una somma pari a 500 mila dollari. La somma viene investita dallo Stato, che concede all’immigrato di comprarsi una casa ed avere il permesso di soggiorno illimitato per sé e la sua famiglia.
Per chi non possiede quasi 400.000 euro da depositare a fondo perduto, ci sono altre due possibilità: intraprendere un’attività che dia lavoro prevalentemente a dei cittadini mauriziani e il matrimonio con un/a indigeno/a che darà modo di ottenere il permesso di soggiorno permanente. Comunque, consiglio di meditare bene, prima di scegliere quest’isola per la…vita!
Alberto Nacci
Foto di proprietà di Alberto Nacci