La macchina di un uomo al primo appuntamento, dolcemente parcheggiata prima del saluto.
L’odore della pasta di pane, le sedie e l’ombrellone sulle pedane dei locali all’aperto. Un tramonto pesante è un’intera serata, di sabbia si ride di nulla. Resta un’impressione di pesce, l’aspro della birra, voglia di sedersi e di perdere tempo.
Dormire in una stanza nuova. Le lenzuola fresche sono affaticate per le molte piegature e sanno di cassetto, finché l’odore dell’impiallacciato e dei prodotti di pulizia arriva alla radice del naso, alle soglie della veglia, e provoca sogni semplici in tutto lo spazio.
La doccia nello stanzino di una palestra, le superfici con la loro pellicola d’acqua, le ciabatte di plastica e quando esco, pulita di una pulizia in prosa, respiro di nuovo.
Le erbe sul ciglio che odorano di polvere e di chiocciole secche. Pochi colori, una chiacchiera in giallo o marroni crepati, ma sono cieca e mi fermo al canto dei grilli, spaventata. Come farò a sopportare tutto?
Non so se le ho vissute proprio così, sono gli spiriti delle cose estive che mi vengono a trovare da tempo e spostano la mia età come potrebbe spostarla un viaggio inaspettato. Sono i miei pretesti per l’altrove.