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C’è chi, quando fuori piove a dirotto, è capace di venirti a dire che splende un sole da spaccare le pietre. Queste sono le cose che sinceramente non sopporto. Mentre tutti i principali indicatori, dai dati Aire (per quanto incompleti) a quelli dell’Ufficio Federale Tedesco di Statistica, segnalano un’esplosione del fenomeno migratorio dall’Italia (con percentuali comprese -nel 2012- fra il 30 e il 40%), qualcuno comincia a dire che non è vero. Che tutto è a posto. Tranquilli, insomma…
Esemplare in questo senso il commento del demografo Massimo Livi Bacci (77 anni), docente presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Firenze, che in uno scritto contesta il problema della fuga dei cervelli, citando dati Istat sulla mobilità dei dottori di ricerca, e dati Almalaurea sulle carriere dei laureati all’estero. La notizia viene ripresa dall’Agenzia 9 Colonne, il cui direttore -entusiasta- ci ricama sopra un bel servizio televisivo per la trasmissione “Otto e Mezzo” de La7.
Doverosa premessa: se Livi Bacci, nel suo scritto, sottolinea il suo intento provocatorio, sottintendendo che alla fine il suo scopo è quello di esplorare meglio il problema (insomma, lancia il sasso, ma fa intendere di non crederci troppo neppure lui), il giornalista di turno invece calca la mano sulla tesi preconfezionata. A volte mi chiedo a cosa serva un Albo dei Giornalisti, o un Ordine dei Giornalisti. Probabilmente a nulla… Come si selezionano, soprattutto, i commentatori televisivi? Merito e qualità, oppure amicizia?
Ma veniamo a noi:
-punto primo: ci spiace per Livi Bacci, ma continuare a vedere il problema dell’emigrazione come un problema che riguarda soprattutto i dottori di ricerca rivela una concezione vecchia della questione. Il mondo non finisce sulla porta dell’università. Il mondo prosegue nella vita reale. Espatriano, a centinaia di migliaia, professionisti -per la metà giovani- di TUTTI i settori. Questo aggrava drammaticamente l’emorragia di capitale umano qualificato dall’Italia. Smettiamola di circoscrivere il problema al solo mondo accademico. E’ falso e sbagliato;
-punto secondo: ho dato una rapida scorsa alle due ricerche portate a testimonianza soprattutto dal servizio televisivo de La 7. la prima, quella sulla mobilità dei dottori di ricerca, fa riferimento a coloro che hanno concluso il percorso di studi nel 2004 e 2006. Accademici “sfornati” dalle università in periodi dove la crisi non aveva ancora colpito così duramente. Vogliamo ripetere la ricerca ora? Il mondo cambia…
In secondo luogo, nessuno ha mai detto che i nostri ricercatori emigrano -numericamente- molto più degli altri: abbiamo casomai sempre denunciato il saldo netto deficitario di arrivi dall’estero. Esportiamo capitale umano altamente qualificato… e non ne importiamo. Questo è di una gravità incedibile.
Capitolo dati Almalaurea, infine: citiamo testualmente frasi della ricerca, quali “interessante rilevare che quanti decidono di spostarsi all’estero per motivi lavorativi risultano mediamente più brillanti (in particolare in termini di votazione negli esami e regolarità negli studi) rispetto a quanti decidono di rimanere in madrepatria. Infatti, il 55% degli occupati all’estero mostra un punteggio negli esami più elevato rispetto alla media del proprio corso di laurea (la quota è del 51% tra gli occupati in Italia)“. Non è questo “brain drain”? I migliori se ne vanno. Dobbiamo vedere le città svuotate, prima di suonare la sirena di emergenza?
Chiudo con il commento di Pietro, sul gruppo Facebook de “La Fuga dei Talenti”. Una pietra tombale sulla questione: “innanzitutto la cosiddetta “fuga dei cervelli” inizia spesso prima del dottorato, e non quando si e’ dottori di ricerca. Bisogna guardare quanti sono i dottori di ricerca di nazionalita’ italiana che vivono e lavorano all’estero, non quanti dottori di ricerca italiani si sono spostati all’estero dopo il conseguimento del dottorato. Poi ovviamente il problema non e’ che il 6% dei dottori di ricerca si trasferisca all’estero (cosa abbastanza naturale e positiva), ma che a fronte di un’uscita non ci sia un’entrata (e men che meno un rientro). L’Italia esporta dottori di ricerca verso i migliori istituti di ricerca e universita’ del mondo, e, quando va bene, importa studenti e dottori di ricerca da universita’ di basso livello di Paesi sottosviluppati o in via di sviluppo. Infine, cosa fa chi resta in Italia? Quanti del 94% dei dottori di ricerca che restano lavora poi nel settore ricerca&sviluppo, e quanti invece finiscono a fare tutt’altro?“, scrive Pietro.
Quale insegnamento possiamo trarre, da questo episodio? Semplice: andare controtendenza, anche a livello informativo, non sempre è intelligente. Quando questo blog è nato, nell’ormai lontano 2009, faceva informazione in controtendenza. Tutti ancora parlavano di “fuga dei cervelli”. Noi parlavamo di “fuga dei talenti”, suonando l’allarme sull’espatrio di capitale umano -a 360°- dall’Italia. I fatti, purtroppo, ci hanno dato ragione. All’epoca però eravamo in controtendenza, ci guardavano con scetticismo.
Ma negare l’evidenza oggi ricorda molto quell’Ancien Regime che non vide arrivare il cambiamento. E ne fu travolto. Ecco, cerchiamo almeno, come sistema-Paese, di non fare quella fine. Lasciamola fare alla classe dirigente che questo Paese ha trascinato in Serie B.
L’Italia non merita questa fine. E’ ancora un Paese straordinario, ricco di persone straordinarie.
<a href="http://polldaddy.com/poll/4351188">Take Our Poll</a>P.S.: Informazione di servizio. Ho notato questo interessante articolo sul sito de “Il Sole 24 Ore”. Una bella guida su come approcciare l’idea di andare all’estero. Può essere utile dargli un’occhiata, a chiunque sia interessato: CLICCA QUI PER LEGGERE