Il quartier generale del PTB a Braunschweig, in Germania
La distanza tra la Terra e il Sole non ha alcuna influenza sul tasso di decadimento del cloro radioattivo. Questa la conclusione di due ricercatori del PTB, l’istituto germanico di metrologia, che restituisce sonni tranquilli ai fisici per quanto riguarda l’ineluttabile fissità del decadimento dei radionuclidi, gli isotopi radioattivi di un determinato elemento chimico. L’emivita degli isotopi radioattivi, più conosciuto come tempo di dimezzamento, cioè il tempo occorrente perché la metà degli atomi di un campione puro dell’isotopo decadano in un altro elemento, è considerata sempre stabile, benché sia un fenomeno probabilistico. Ad esempio, nel caso di un noto isotopo del carbonio, il carbonio-14, l’emivita è pari a 5700 anni. Questa proprietà è utilizzata, tra le altre cose, per la datazione di reperti archeologici.
Un paio di anni fa, un gruppo di ricerca statunitense aveva suscitato un certo scalpore pubblicando una ricerca in cui si ipotizzava che il tasso di decadimento del cloro-36, un isotopo radioattivo del cloro presente in natura, non fosse stabile ma dipendesse dal flusso dei neutrini solari e, quindi, anche dalla distanza dalla Terra dal Sole, con una maggiore intensità in inverno e minore in estate. I dati erano stati ottenuti durante calibrazioni di routine di uno strumento usato per la radioprotezione in un reattore della Ohio State University, utilizzando un sistema basato su un rivelatore gassoso Geiger–Müller. Un sistema che, secondo gli autori nordamericani, ha una suscettibilità estremamente bassa verso i fattori ambientali che possono inficiare le misure.
La nuova ricerca tedesca, pubblicata su Astroparticle Physics, ha ora smentito quella ipotesi, tornando a far girare l’orologio del decadimento radioattivo alla sua assiomatica precisione. Gli scienziati della divisione radiazioni ionizzanti del PTB (Physikalisch-Technische Bundesanstalt) hanno controllato per tre anni l’attività dei loro campioni con il cloro-36 al fine di individuare possibili dipendenze stagionali, utilizzando non rivelatori a gas ma il cosiddetto metodo TDCR (triple-to-double coincidence ratio) a scintillatore liquido, particolarmente adatto per compensare le influenze dei disturbi ambientali sulle misurazioni. I risultati ottenuti dai ricercatori del PTB mostrano chiaramente un minor numero di variazioni rispetto alle misure statunitensi e non indicano alcuna dipendenza stagionale o influenza dei neutrini solari. “Partiamo dal presupposto che altri influssi siano molto più probabili come spiegazione delle variazioni osservate”, spiega Karsten Kossert del PTB. “E’ noto che le variazioni dell’umidità dell’aria, della pressione atmosferica e della temperatura possono influenzare notevolmente dei rivelatori così sensibili”.
I tassi di decadimento dell’isotopo cloro-36 misurati allo Ohio State University Research Reactor (triangoli rossi) e al PTB (crocette nere). La linea blu in questo grafico temporale rappresenta la distanza Terra-Sole espressa in unità astronomiche. Crediti: PTB
Per sostenere ulteriormente la loro tesi, i ricercatori anticipano i risultati di un’altra serie di misure effettuate nei laboratori del PTB, questa volta per l’isotopo stronzio-90, ancora in fase di valutazione prima della pubblicazione. Anche in questo caso, fanno sapere dal PTB, i più sofisticati metodi di analisi non danno alcuna indicazione di variazioni stagionali. Si può pertanto ritenere che l’influenza di neutrini solari sul decadimento radioattivo non esiste, almeno non nell’ordine di grandezza ipotizzato, concludono gli autori dello studio con una dovuta, per quanto flebile, nota di dubbio.
Referenze:
- Jenkins, J. H., Herminghuysen, K. R., Blue, T. E., Fischbach, E., Javorsek II, D., Kauffman, A. C., Mundy, D. W., Sturrock, P. A., Talnagi, J. W.:
Additional experimental evidence for a solar influence on nuclear decay rates.
Astroparticle Physics 37, 81-88, 2012. - Kossert, K., Nähle, O.J.:
Long-term measurements of 36Cl to investigate potential solar influence on the decay rate.
Astroparticle Physics 55 (2014) 33-26, 2014,
dx.doi.org/10.1016/j.astropartphys.2014.02.001.
Fonte: Media INAF | Scritto da Stefano Parisini