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I nostri eroi?

Creato il 10 ottobre 2010 da Stukhtra

Non è una vacanza al Club Med, ma tu ci vai

di Marco Cagnotti

La giornalista di Studio Aperto annuncia un servizio speciale “per ricordare tutti i militari italiani caduti in Afghanistan”. Alle sue spalle il tricolore e la scritta “I nostri eroi”. Accompagnate da una musica toccante di sottofondo, subito partono le foto dei soldati, accompagnate da nome e cognome, alternate a scene di rientri aerei di bare di fronte alle più alte cariche dello Stato, alle vedove e ai bambini. Mani istituzionali stringono mani vedovili. Seguono intensi abbracci, e molte lacrime inzuppano veli e grisaglie. Soldati dalle facce dolenti e rabbiose portano a spalla le bare velate dal tricolore. Nei prossimi giorni possiamo aspettarci, come sempre in questi casi, bandiere a mezz’asta e cordoglio nazionale. Lunghe code di cittadini per l’estremo saluto ai feretri. In milioni di case, espressioni addolorate davanti al tiggì. Addolorate e intenerite da primi piani di donne devastate dal lutto e di bimbi seri e stupiti. Addolorate e incazzate per quei terroristi di merda, assassini dei “nostri soldati”, anzi dei “nostri ragazzi”, come ci spiegherà la TV.

Come molti, anche tu hai scelto la carriera militare. L’uso delle armi è previsto, organizzato, programmato. Sei addestrato accuratamente. Scopo: uccidere altri esseri umani. A questo servono le armi, pare. Di solito però il bersaglio non collabora e a propria volta si arma per ucciderti. Ti stupisci?

Ora sei un professionista. Non solo: sei pure un volontario verso un’area di guerra. “Missione di pace”, la chiamano. Guerra o pace? Non importa, perché di fatto sono posti dove si spara e spesso ci scappano i morti. Non è mica un mistero. Eppure tu ci vai, profumatamente pagato. C’è un rischio, manifesto e risaputo, ma tu ci vai. Non è una vacanza al Club Med, ma tu ci vai.

Poi ti sparano davvero. Oppure un’autobomba ti esplode accanto. O magari una mina ti fa saltare per aria. Succede. D’altronde tu sei lì col mitra e il blindato, e magari questo non garba a qualcuno. Che ti spara e ti ammazza.

Sia chiaro: io certo non ne godo. Non è bello. Per niente. Mi dispiace molto per te e tua moglie e i tuoi bambini. Però una domanda voglio fartela: che ti aspettavi? Era nel conto. O no?

Adesso il Paese ti considera un eroe. “Non meritava un destino così crudele”, dicono tutti. “Non è giusto”, aggiungono. “Bisogna farla pagare ai colpevoli”, concludono.

Io non capisco: qualcuno dovrebbe spiegarmi dove sta, in tutto questo, la presa a carico delle conseguenze delle proprie scelte. “Responsabilità individuale”, si chiama. Ecco, dove sta?


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