Il sindacato in Italia ha una storia antica. Nasce all’inizio del secolo scorso quando gruppi di giovani nelle prime officine, nelle prime fattorie, nei primi negozi commerciali capiscono che per poter rendere meno oppressivo il proprio lavoro, per poter ottenere “la giusta mercede”, bisogna unirsi, organizzarsi, eleggere i propri rappresentanti. I nomi delle madri e dei padri di tale movimento sono tanti. Tra questi primeggia Giuseppe di Vittorio, tra i fondatori della Cgil. E’ un bracciante che insegna l’orgoglio e la dignità del lavoratore che non é obbligato a togliersi il cappello, come si usava nel meridione, per riverire il signor padrone. Una delle sue prime compere, da ragazzo, é l’acquisto di un vocabolario. Non ci sono solo uomini alla guida di un tale movimento. Tra i protagonisti dell'epoca troviamo anche numerose donne. C'è Argentina Altobelli che anticipa l'ingresso futuro nella Cgil di altre come Teresa Noce, Nella Marcellino, Lina Fibbi, Donatella Tortura. Mentre nella Cisl, prima di arrivare oggi all'attuale segretaria Annamaria Furlan, conquistano un loro spazio Ines Ferro, Sandra Codazzi, Anna Vinci, Luisa Saba...
É la storia di un lento e difficile rinnovamento. Con Di Vittorio c'è il cattolico Achille Grandi e ci sono i socialisti Buozzi e Lizzadri. Achille Grandi proviene da una famiglia operaia. Ha solo 11 anni quando, impossibilitato a proseguire gli studi, comincia a lavorare presso una tipografia. Sono persone costrette all’esilio dal fascismo. Con molte vittime, come Bruno Buozzi già noto per essere stato l’organizzatore delle “commissioni interne”, le formazioni sindacali di base. Buozzi è assassinato dai nazisti proprio nelle ore in cui i tedeschi fuggono e arrivavano gli alleati americani. Nasce a guerra finita il “patto di Roma” tra forze sindacali diverse. Tra i loro rappresentanti troviamo, oltre Di Vittorio, il democristiano Giulio Pastore e il socialista Fernando Santi, accanito sostenitore della necessaria unità sindacale. Siamo alle premesse di una fase che vede l’espandersi della forza sindacale. Tra i preparatori di questo pezzo di storia, negli anni sessanta, è Agostino Novella, erede di Di Vittorio, un dirigente ligure dal carattere riservato e prudente. E’ poi la volta di Luciano Lama, un romagnolo già giovanissimo partigiano che si descrive così: “C’è gente come la pesca, tenera di fuori e dura di dentro. C’è gente come la noce, dura di fuori e tenera di dentro. Io cerco di essere come la pesca…”.
Sono gli anni del cosiddetto “autunno caldo” (1969) quando i sindacalisti riescono per la prima volta a entrare nelle fabbriche spesso trasportati a spalle e quando, con il socialista Brodolini, viene approvato lo Statuto dei lavoratori. Tra i dirigenti della Cisl e della Uil emergono Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto. Carniti ha come stella polare della sua condotta l’idea, ripetuta anche in questi ultimi anni, riassunta nello slogan “lavorare meno lavorare tutti“, per far fronte alla disoccupazione dilagante. Mentre Giorgio Benvenuto lavorerà molto sulla proposta di un “Sindacato dei cittadini” capace di battersi per una riforma dei servizi, dai trasporti alla sanità. Accanto loro c’è Bruno Ttrentin poi diventato segretario della Cgil, un intellettuale al servizio dei lavoratori che si presenta davanti a una scolaresca con queste parole che riassumono come dovrebbe essere il ruolo del sindacalista anche oggi: “Mi chiamo Bruno Trentin...Ho passato tutta una vita nel lavoro sindacale. Probabilmente questa scelta l'ho fatta perché ho scoperto, anche quand'ero molto giovane, nella classe lavoratrice, una straordinaria voglia di conoscenza e di libertà, proprio in quei lavoratori che non avevano avuto la fortuna di un'educazione, di partecipare ad un'esperienza di studi. Proprio lì ho trovato un bisogno straordinario, molto più grande di quello di avere un alto salario, ecco, di diventare persone libere, di esprimersi attraverso il proprio lavoro…”.
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