DEL VINO E DELL’HASCISC
COMPARATI COME MEZZI PER LA MOLTIPLICAZIONE DELL’INDIVIDUALITA’
IL VINO
II
(…) Grandi sono gli spettacoli del vino, illuminati dal sole interiore! Vera e ardente questa seconda giovinezza che l’uomo vi attinge! Ma anche, quanto temibili le sue folgoranti volontà e i suoi snervanti incantesimi. E tuttavia, dite, giudici, legislatori, uomini di mondo, voi tutti che la felicità rende miti, a cui la fortuna rende facili la virtù e la salute, dite, nel vostro animo, nella vostra coscienza, chi avrebbe il coraggio impietoso di condannare l’uomo che attinge del genio?
(…)
Giudicate voi: alcuni anni fa, a una mostra di pittura, la folla degli imbecilli si commosse davanti a un quadro levigato, lustro, verniciato come un oggetto d’industria. Era l’antitesi assoluta dell’arte; stava alla Cucina di Drolling come la follia all’imbecillità, i seguaci all’imitatore. In questa pittura microscopica si vedevano volare le mosche. Come tutti, ero attirato da questo mostruoso oggetto; ma mi vergognavo di questa singolare debolezza, perché era l’irresistibile attrazione per l’orrido. Alla fine, mi accorsi che a mia insaputa ero attirato da una curiosità filosofica, l’immenso desiderio di sapere quale poteva essere il carattere morale dell’uomo che aveva partorito una tanto criminale stravaganza. Scommisi con me stesso che doveva essere profondamente malvagio. Feci prendere informazioni, e il mio istinto ebbe il piacere di vincere questa scommessa psicologica. Seppi che il mostro si alzava regolarmente all’alba, che aveva rovinato la sua domestica, e che non beveva altro che latte! Ancora uno o due aneddoti, e potremo stabilire un dogma. Un giorno, su un marciapiede, vedo un capannello di persone; riesco a sollevare gli occhi sopra le spalle dei curiosi ed ecco cosa vedo: un uomo steso per terra, sulla schiena, gli occhi spalancati e fissi al cielo, un altro uomo, in piedi davanti a lui, che t gli parla solo con i gesti, mentre l’uomo a terra gli risponde solo con gli occhi, tutti e due animati da meraviglioso affetto. I gesti dell’uomo in piedi dicevano all’intelligenza di quello disteso: «Vieni, vieni ancora, la felicità è qui a due passi, vieni all’angolo della strada. Non abbiamo completamente perduto di vista la riva del dolore, non siamo ancora nel mare aperto del sogno; coraggio,amico, andiamo, di’ alle tue gambe di soddisfare il tuo pensiero».Tutto ciò fra tentennamenti e dondolii armoniosi. L’altro era certo arrivato nel mare aperto (d’altronde navigava nel rigagnolo), perché il suo sorriso estatico rispondeva: «Lascia in pace il tuo amico. La riva del dolore è sufficientemente scomparsa dietro le benefiche nebbie; non ho più nulla da chiedere al cielo del sogno». Credo anche d’avere inteso sfuggire dalla sua bocca una frase vaga, o piuttosto un sospiro vagamente formulato in parole: «Bisogna essere ragionevoli». Questo è il culmine del sublime. Ma nell’ubriachezza c’è dell’iper-sublime, come vedrete. L’amico sempre pieno di indulgenza si avvia da solo alla bettola, poi torna con una corda in mano. Certo non poteva sopportare l’idea di navigare da solo e da solo inseguire la felicità; è per questo che veniva a prendere il suo amico in carrozza. La carrozza, è la corda; gliela passa intorno alle reni. L’amico, disteso, sorride: ha senz’altro capito questa materna intenzione. L’altro fa un nodo; poi si mette al passo, come un cavallo docile e discreto, e trasporta il suo amico fino all’incontro con la felicità. L’uomo trasportato, o piuttosto trascinato, spazzando il selciato con la schiena, continua a sorridere di un sorriso ineffabile.La folla è stupefatta; perché ciò che è troppo bello, ciò che oltrepassa le forze poetiche dell’uomo crea più sorpresa che commozione.
(…)
III
Non vi ho insegnato nulla di nuovo. Il vino è conosciuto da tutti; amato da tutti. Quando ci sarà un vero medico filosofo, cosa che non si prevede, potrà fare un poderoso studio sul vino, una sorta di doppia psicologia di cui uomo e vino compongono i due termini. Spiegherà come e perché certe bevande possiedono la facoltà di aumentare oltre misura la personalità dell’essere pensante, e di creare, per così dire, una terza persona, operazione mistica, dove l’uomo naturale e il vino, il dio animale e il dio vegetale, giocano il ruolo del Padre e del Figlio nella Trinità; generano uno Spirito Santo, che è l’uomo superiore, che procede egualmente da entrambi.Ci sono alcuni per cui lo sgranchirsi del vino è così potente, che le gambe divengono più ferme e l’orecchio straordinariamente fine. Ho conosciuto un individuo la cui debole vista ritrovava nell’ubriachezza tutta la sua acuta forza primitiva. Il vino trasforma la talpa in aquila.Un vecchio scrittore sconosciuto ha detto: Nulla eguaglia la gioia dell’uomo che beve, se non la gioia del vino di essere bevuto. Infatti, il vino gioca un ruolo intimo nella vita dell’umanità, così intimo, che non sarei stupito se alcuni spiriti ragionevoli, sedotti da un’idea panteistica, gli attribuissero una specie di personalità. Il vino e l’uomo mi danno l’impressione di due lottatori amici, che si combattono senza tregua e che sempre si riconciliano. Il vino abbraccia sempre il vincitore.Ci sono ubriachi cattivi, si tratta di persone naturalmente cattive. L’uomo malvagio diviene esecrabile, come il buono diviene eccellente.Parlerò tra poco di una sostanza di moda da qualche anno, specie di droga deliziosa per una certa categoria di dilettanti, i cui effetti sono ben più folgoranti e potenti di quelli del vino. Ne descriverò con cura tutti gli effetti, poi,illustrando di nuovo la diversa efficacia del vino, confronterò questi due mezzi artificiali, attraverso cui l’uomo esasperando la sua personalità crea, in se stesso, per così dire, una specie di divinità.Mostrerò gli inconvenienti dell’hascisc, il cui difetto minimo, malgrado gli ignoti tesori di benevolenza che fa germinare in apparenza nel cuore, o piuttosto nel cervello dell’uomo, il cui minimo difetto, dico, è di essere antisociale,mentre il vino è profondamente umano, e quasi, oserei dire, uomo d’azione.