Illuminata è stata a scelta di coinvolgere gli alunni delle scuole elementari che si sono sfidati con la forza dei polpacci e dei sorrisi nel pigiare in grandi catini di plastica le uve di Gambellara, raccolte alla fine della stagione e lasciate appassire appese dai soffitti delle abitazioni, circondati dal tifo di familiari e amici. Per un attimo mi sono sentita sul set del bellissimo e struggente film di Ermanno Olmi, "L'albero degli zoccoli", consapevole della fatica che alla fine dell'ottocento scandiva la vita di donne e uomini. Fatica non molto diversa da quella che, a cento anni di distanza, ha ugualmente segnato alcune delle mani e dei volti delle persone che indossavano pesanti tabarri, dure galosce e vezzosi coprispalle lavorati all'uncinetto.
La mattinata si è conclusa con la premiazione dei viticolori in erba e con la promessa di ritrovarci fra un anno per condividere nuovamente una mattinata ricca di risate e di sorrisi.
La giornata è poi proseguita di bene in meglio nel senso che grazie all'abilità, alla curiosità, all'amore per il territorio e per i suoi frutti di Maurizio Nori, chef del ristorante "Giulietta e Romeo" a Montorso, ho avuto il piacere di assaggiare per la prima volta le "composte" di Montorso.
la breasola con la riduzione di Gambellara e il risotto di Burlino con la gelatina di Clinto
Il coniglio di San Biagio con il purè di Monte Fado (una tipologia di tubero dei colli vicentini) e la composta
La composta è una tecnica di conservazione delle verze, analogo a quello utilizzato per conservare i crauti, con la sola differenza che mentre per i secondi il liquido utilizzato è l'aceto per le prime viene utilizzata la "graspia o "vin piccolo, il prodotto di una terza diluizione del medesimo. Vengono così conservate per 40 giorni in barile, scolate e poi cotte. La composta è diventato prodotto DE.CO (prodotti a Denominazione Comunale della provincia di Vicenza), le si trova solo a Montorso dove la passione, e anche un po' la testardaggine di Maurizio, ha convinto i contadini di questo paese di poco più di 3000 abitanti a coltivare le verze nei loro orti e ad esserne adeguatamente retribuiti.
"Pensa che regalo le piantine e poi pago le verze rosse un euro al chilo e quando mi dicono "Vada che go fato a' graspia per le composte" io mi sento ripagato di tutto!"Il famoso uovo di Colombo! Le nostre campagne vanno seguite e coltivate con amore, tanto entusiasmo e un pizzico di follia e loro restituiranno conoscenza ed emozione. Ma per fare questo bisogna tornare a considerare il lavoro del contadino fondamentale per la salvaguardia non solo di una memoria storica, madre della nostra storia contemporanea, ma soprattutto di quel territorio che una sciagurata incuria, chiamata anche "boom economico" solo 40 anni fa, ha trasformato da madre amorevole a matrigna crudele.