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I Presidenti: Giovanni Leone (1971-1978), tra ‘corna’ e scandali

Creato il 15 gennaio 2015 da Candidonews @Candidonews

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Giovanni Leone
(1908-2001)

Presidente dal 1971 al 1978

06 -1968-69

1971, dopo il settennato del socialdemocratico Giuseppe Saragat, iniziarono le nuove manovre politiche per impadronirsi del Quirinale. Il Presidente uscente cercava apertamente la riconferma. Alla fine la spunterà il suo ‘avversario’ di sette anni prima. Ma andiamo con ordine.

“Nano maledetto/ non sarai mai eletto” Con questa frase, scritta in una scheda di voto per l’elezione del Presidente della Repubblica, viene di fatto ‘uccisa’ la candidatura di Amintore Fanfani alla carica più alta dello Stato.

Amintore Fanfani, Presidente del Senato, era il candidato ufficiale della DC. La decisione di appoggiare la sua candidatura veniva da un ‘conclave’ del partito che aveva optato per l’ex Premier preferendolo a Moro, giudicato troppo vicino alle Sinistre. Eppure qualcosa non sarebbe andata per il verso giusto. Nei primi scrutini il suo nome raccolse meno di 400 voti, segno che i franchi tiratori nel suo partito erano numerosi. Dopo il sesto scrutinio ‘negativo’, Fanfani ritirò la candidatura e la Democrazia Cristiana si astenne nei quindici turni successivi. Le sinistre continuarono a votare De Martino cercando in segreto convergenze su Nenni, i socialdemocratici puntarono sulla rielezione di Saragat.

Rimase tutto bloccato fino all’accordo nella Dc. La parte conservatrice, guidata da Andreotti, la spunta e come per Segni nel 1962, viene scelto un uomo della destra democristiana. Giovanni Leone. Ex Presidente del Consiglio di governi ‘balneari’, nati solo per approvare i bilanci e dimissionati dopo pochi mesi, Leone verrà eletto al 23esimo scrutinio con soli 18 voti in più del quorum e grazie all’appoggio determinante del Movimento Sociale.

L’elezione di Leone scatena il pandemonio a sinistra. Il manifesto lo definisce “il Segni napoletano”, per via del determinante appoggio missino. E quando si presenta alle Camere per l’insediamento, i comunisti l’accolgono con lanci di monetine. Pajetta scaraventa un sacchetto pieno di 10 lire addosso a Ugo La Malfa, antifascista ma sponsor di un presidente eletto coi voti decisivi dei fascisti.

Come da lui detto chiaramente Leone sarà un Presidente ‘notaio’, direttamente dipendente dalle decisioni del suo partito e più precisamente eterodiretto da Giulio Andreotti, suo grande elettore. Il suo mandato può riassumersi così:

Sin dal discorso inaugurale, Leone si distanzia da Saragat definendosi un semplice “notaio” delle scelte del Parlamento e del governo. E in effetti per tutto il settennato si adatterà al volere dei vertici Dc, soprattutto di Giulio Andreotti che lo ha fatto eleggere e che proprio in quegli anni raggiunge l’apice del potere. Leone scioglie per ben due volte le Camere (non era ancora mai successo nella storia repubblicana) per volere del suo partito, e avversa esplicitamente i partiti di centrosinistra. Non è amato dal popolo, e lui non fa niente per farsi amare, ostentando superiorità e accentuando il suo accento napoletano per cui è oggetto di satira. Contestato da un gruppo di studenti, reagisce facendo il gesto delle corna, ripetuto in un’altra occasione durante una visita a dei malati.

13 marzo 1978: cerimonia del giuramento per il quarto governo Andreotti nello studio del presidente

13 marzo 1978: cerimonia del giuramento per il quarto governo Andreotti nello studio del presidente

Dal 1975 il Presidente della Repubblica viene fatto oggetto di una violenta (in parte giustificata) campagna stampa.

Sono diverse le cose contestate al Presidente: c’è lo scandalo Lockheed, tangenti per l’acquisto di aerei americani, per cui Leone era accusato (ma non fu mai provato) di essere “Antelope Cobbler”, il regista della vicenda; ma anche la vita privata della famiglia Leone, con la first lady Vittoria con il suo stile di vita disinvolto e il suo passato controverso (si parlò di dossier riservati); e ancora, accuse di nepotismo e di amicizie discutibili. Un insieme di accuse, tra verità e menzogne, che esplode con la pubblicazione del pamphlet “Carriera di un presidente” della Cederna (che poi sarà condannata per diffamazione).

Accuse gravi, molte delle quali mai provate, che constrinsero il Capo dello Stato, a dimettersi sei mesi prima della scadenza del mandato. Era il 15 giugno 1978.

Il 14 giugno la direzione del PCI decise di richiedere formalmente le dimissioni del Presidente della Repubblica, un gesto mai avvenuto fino ad allora.

Quella sera Andreotti e Zaccagnini si recarono da Leone. Qui le ricostruzioni divergono: secondo Andreotti (lo ripeté anche nel corso di una recente intervista per il programma La Storia siamo noi), se Leone avesse chiesto un sostegno la DC glielo avrebbe dato, ma era lui stesso ad aver deciso che la pressione era troppo alta per continuare a mantenere la carica. Secondo molti altri, i leader della DC aggiunsero le loro pressioni a quelle del PCI e della stampa e in sostanza invitarono anche loro Leone a lasciare la presidenza.

Congedando i due ospiti con la frase “Grazie, guagliò, così ora potrò guardarmi i Mondiali di calcio in santa pace”, il Capo dello Stato, oramai abbandonato anche dal suo partito, esaudì la richiesta. E dimissioni furono:

Il 15 giugno del 1978, un giorno in cui a Roma pioveva, il Presidente della Repubblica Giovanni Leone firmò l’atto ufficiale delle dimissioni – le prime volontarie di un Presidente della Repubblica – e, dopo i saluti dovuti al protocollo, lasciò il Quirinale, rifiutando qualunque cerimonia. Erano in pochi, comunque, ad essere venuti per salutarlo.

“Leone fu presidente della Repubblica durante gli anni più duri del terrorismo e della contestazione. Sotto il suo mandato ci furono la strage di Brescia e quella del treno Italicus” E negli ultimi, contestatissimi, mesi della sua presidenza Aldo Moro fu rapito e poi ucciso dalle Br.

Le statistiche della sua Presidenza:

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Gaffeur di professione, rimase nelle cronache dell’epoca sia per la vita mondana di sua moglie sia per alcuni ‘gesti’ non proprio istituzionali:

Durante una commemorazione di Giuseppe Mazzini. Poco prima di entrare nella sala, davanti a numerosi giornalisti e altre personalità, Leone prese per il braccio Andreotti e gli sussurrò: «Ho sentito dire che Mazzini porta jella. Tié!», facendo il gesto delle corna

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Fonti:
http://www.polisblog.it/post/75725/i-presidenti-della-repubblica-giovanni-leone-1971-1978
http://www.ilpost.it/2013/06/15/le-dimissioni-di-giovanni-leone/
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/04/15/colle-11-presidenti-leone-giurista-incompreso-che-faceva-corna/562131/


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