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I primi vagiti della lingua italiana: dall’Indovinello Veronese, alla Carta di Capua, agli affreschi di san Clemente

Creato il 30 ottobre 2013 da Federbernardini53 @FedeBernardini

I primi vagiti della lingua italiana: dall’Indovinello Veronese, alla Carta di Capua, agli affreschi di san Clemente

L’Indovinello Veronese è un testo databile tra la fine dell’VIII e gli inizi del IX secolo.

Si tratta di un appunto vergato sul margine di una pergamena spagnola giunta poi a Verona.

Ci troviamo di fronte a quello che viene considerato il più antico documento scritto in una lingua romanza, il volgare italiano.

“Se pareba boves, alba pratàlia aràba

et albo versòrio teneba, et negro sèmen seminaba”

(Teneva davanti a sé i buoi, arava bianchi prati,

e un bianco aratro teneva e un nero seme seminava)

Il riferimento è alla scrittura: i buoi sono le dita dell’amanuense, i bianchi prati le pagine bianche, il bianco aratro la penna d’oca e il nero seme l’inchiostro.

I primi vagiti della lingua italiana: dall’Indovinello Veronese, alla Carta di Capua, agli affreschi di san Clemente

I Placiti Cassinesi sono i primi documenti in lingua vogare redatti in stile colto a noi pervenuti. Sono testimonianze giurate a proposito della proprietà di alcuni fondi contesi tra il monastero di Montecassino e il nobile Rodelgrimo d’Aquino. Celeberrimo il primo, la cosiddetta “Carta di Capua”, citato in tutti i manuali scolastici.

“Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti.”

(Capua, marzo 960)

“Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe monstrai, Pergoaldi foro, que ki contene, et trenta anni le possette.”

(Sessa, marzo 963)

“Kella terra, per kelle fini que bobe mostrai, sancte Marie è, et trenta anni la posset parte sancte Marie.”

(Teano, ottobre 963)

“Sao cco kelle terre, per kelle fini que tebe mostrai, trenta anni le possette parte sancte Marie.”

(Teano, ottobre 963)

(So che quelle terre per quei confini che qui sono contenuti le possedette per trent‘anni anni la parte di San Benedetto. Capua, marzo 960

So che quelle terre, per quei confini che ti mostrai, furono di Pergolardo, e qui sono contenuti e per trent’anni li possedette. Sessa Aurunca, marzo 963

Quella terra per quei confini che a voi mostrai è di Santa Maria e per trent’anni la possedette  la parte di Santa Maria. Teano, luglio 963

So che quelle terre per quei confini che ti mostrai per trent’anni le possedette la parte di Santa Maria. Teano, ottobre 963).

I primi vagiti della lingua italiana: dall’Indovinello Veronese, alla Carta di Capua, agli affreschi di san Clemente

Le iscrizioni di san Clemente

La basilica di san Clemente fu edificata nei primi anni del XII secolo sui resti di una precedente chiesa paleocristiana databile al IV secolo. Nell’Ottocento la basilica costantiniana venne dissotterrata e in essa si possono oggi ammirare affreschi di grande interesse, sia dal punto di vista artistico, sia per quanto concerne la storia della lingua volgare. Oltre alle immagini pittoriche, infatti, sono presenti alcune iscrizioni risalenti all’XI secolo che rappresentano il testo più antico esistente in lingua volgare a corredo di un dipinto.

Un testo “curioso” che non ci aspetteremmo di trovare in una chiesa:

-Sisinium: “Fili de le pute, traite, Gosmari, Albertel, traite. Falite dereto co lo palo, Carvoncelle!”

San Clemente: “Duritiam cordis vestri, saxa traere meruistis.”-

(-Sisinnio: “Figli di puttana, tirate! Gosmario, Albertello, tirate! Carvoncello, spingi da dietro con il palo.”

Clemente: “A causa della durezza del vostro cuore, avete meritato di trascinare sassi.”-)

Il testo si riferisce al patrizio Sisinnio che ordina ai suoi servi di legare e trascinare san Clemente, ma essi, accecati come il loro padrone, non si avvedono di trascinare una colonna di marmo.

Federico Bernardini

Illustrazioni tratte da Google immagini



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