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I ragazzi terribili: l’adolescenza secondo Cocteau

Creato il 01 luglio 2014 da Annalina55

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Sat, 22 Mar 2014 20:42:04 GMT
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Jean Cocteau

Jean Cocteau

“La ricchezza è un’attitudine, così come la povertà. Un povero che diventa ricco farà sfoggio di una povertà lussuriosa. I ragazzi erano così ricchi che nessuna ricchezza avrebbe potuto cambiare la loro vita. La fortuna poteva visitarli mentre dormivano; non se ne sarebbero accorti, al risveglio”

Jean Cocteau scrive I ragazzi terribili  pensando a una autobiografia: le immagini che dissemina nella storia di questi ragazzi terribili sono inequivocabili. Una volta appurato questo, resta però da leggere e intrepretare il libro per conoscere la vita dell’autore, ma non solo. I ragazzi terribili è un romanzo su tutti noi, sulle emozioni e sulle turbe della nostra mente: scritto nel 1926, si rivela di assoluta attualità, ma forse sarebbe più corretto dire che è un’opera eterna, come i grandi classici greci. Infatti è proprio alle tragedie greche che pare ispirarsi: per prima cosa l’ambientazione del romanzo sono gli spazi chiusi (la stanza, la galleria dell’Etoile) che fanno pensare più a una rappresentazione scenica che a un romanzo.
Cocteau costruisce il romanzo sulla figura di Elisabeth: sorella di Paul e amica di Gerard e poi anche di Agathe:  tra i tre si viene da subito a creare una tensione particolare: Gerard è attratto da Paul (che in realtà è affascinato dal bel Dargelos, quello che lo ha colpito con una palla di neve al petto, attendando alla sua instabile salute), ma poi si innammorerà di Elisabeth, che a sua volta stringerà amicizia con Agathe, la quale si innammorerà di Paul.

L’intreccio è psicologico più che reale: Gerard è attratto non tanto da Paul, ma da quello che per lui rappresentano i due fratelli: capaci di costruirsi un mondo tutto loro nella stanza e di “giocare al gioco”, cioè momenti in cui “si sentivano distratti, sviati proprio al margine del sogno. In verità, partivano per altri lidi: rotti all’esercizio che  consiste nel proiettarsi fuori di sé, chiamavano distrazione la nuova tappa che li sprofondava in se stessi”. È questa la droga di cui si parla nel romanzo, di cui parla Cocteau: l’adolescenza. Un modo per allontanarsi dall’aria di morte che si respirava in quella casa, vista la presenza della moribonda madre, alla quale Elisabeth faceva da balia (oltre che al malaticcio e  debole fratello).

La ricchezza di cui si parla, quella immeritata, quella che non si sa gestire, è rappresentata dall’eredità che lascia il compagno di Elisabeth, Micheal: una casa all’Etoile, fatta di magnifiche stanze e grandi scalinate, dove, una volta morta la madre, i fratelli (insieme poi a Gerard e Agathe), ricostruiranno il loro teatro, la loro “stanza”. Elisabeth  è costruita sul modello di una Medea, sembra uscita fuori dalla Fedra: il suo rapporto con Paul è perverso, ma si capisce fino a che punto effettivamente lo è, solo alla fine della storia.

Elisabeth capisce che Agathe è innamorata di suo fratello e suo fratello ama Agathe:ma Elisabeth non può permettere a suo fratello di unirsi all’amica. Grazie ad una doppia menzogna fa in modo che Agathe sposi Gérard e che Paul accetti quel matrimonio. L’antico e magico legame tra Elisabeth e Paul è così salvo.

Un salto temporale di tre anni conferisce al romanzo un senso universale: Gerad e Agathe sono ormai “mediocremente felici” ed Elisabeth se ne accorge e ne gode. Come gode del fatto che Paul è malato d’amore, depresso per essere stato rifiutato da Agathe (quando in realtà la ragazza non è mai venuta a sapere di questa passione, a causa dell’intercessione di Elisabeth).

Il finale del romanzo è il finale tragico: Elisabeth, il “ragno che tesse le sue tele nell’oscurità”, ha fallito.  Gli interecci sono stati scoperti e rivelati da un dialogo tra Paul (in punto di morte perché ha tentato il suicidio con una “palla di droga” donata da Dargelos) e Agathe. Ora Elisabeth, nella magica scena finale, è rapita dal demone del teatro, possiamo dire: inizia a farneticare, a delirare, a “giocare al gioco”, per far sì che tutto torni come era prima, in una sorta di attacco di follia. Gli sguardi tra Paul morente e Elisabeth che impugna una pistola sono gravidi di classicità: la tensione di quegli sguardi è la magia con cui anche Paul si rende conto del legame inscindibile e senza tempo che lo unisce alla sorella. La morte è l’unico luogo in cui i due fratelli possono condividere il loro mitico legame.  Elisabeth aspetta l’ultimo respiro di Paul, per poi spararsi, distruggendo anche le vetrate della stanza: il sipario non si chiude, ma si alza. Ora lo spettacolo, finito, tenuto nascosto a tutti, può iniziare, può essere svelato.

L’ adolescenza secondo Cocteau? Atrocemente bella e devastante, non solo rose e fiori e spensierata come la maggior parte crede, e lo scrittore francese lo mette in evidenza in modo trasparente e con piglio leggero. Fece scalpore ai tempi dell’autore per la tematica omosessuale eil rapporto incestuoso tra i due fratelli.

Il regista Melville ne fece un film nel 1950 a cui lavorò lo stesso Cocteau.

Di Mario De Angelis.


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