Lo scorso mese di Agosto, il leader libico Gheddafi fu ricevuto a Roma con un’ accoglienza a dir poco principesca. Cammelli, tende, escort, intellettuali da salotto, giornalisti paravento. Insomma uno stuolo di piccoli, mediocri personaggi disposti a tutto pur di celebrare quella visita come l’ evento del secolo. Come l’ inizio di una fase di distensione tra Libia e Italia, i cui rapporti, come è noto, sono stati sempre segnati da tensione e conflittualità ( colonialismo, immigrazione tanto per citare qualcosa). Da quegli incontri scaturì, inoltre, una serie di impegni sul ruolo economico che l’ Italia era chiamata a svolgere in Libia. Consistente in una formula molto semplice: infrastrutture e servizi ai libici in cambio di gas e petrolio agli italiani. Insomma un vincolo molto saldo ci lega alla Libia e, in particolare, a Gheddafi. Nel bene, nel male. E’ prassi comune che gli uomini di potere salgano e cadano. Loro più di tutti sono soggetti agli imprevedibili, irrazionali, mutamenti delle circostanze. Il leader libico, infatti, è pienamente coinvolto in una sanguinosa guerra civile che sta trasformando la Libia in una polveriera letale. Letale, su tutti, al mediterraneo; e non solo sul piano energetico ma anche sulla futura stabilità di quest’ area del pianeta. Si teme una guerra che rischia seriamente di configurarsi come frattura culturale ( qualora già non lo sia) ,religiosa, economica tra mondo europeo ed arabo. Questo è uno scenario verosimile. Sarà molto interessante vedere, invece, quale sarà l’ atteggiamento della diplomazia italiana nei confronti dell’ affaire Libia. In questo paese abbiamo imprese, operai, interessi, famiglie, prospettive, capitali, petrolio e gas da importare. La Farnesina italiana appoggerà la linea della NATO dei bombardamenti e dell’ interventismo o lascerà che le acque si calmino perché, in fondo in fondo, già si conosce l’ esito di questa guerra? Il dubbio è nutrito, da un lato, dalla storia della nostra diplomazia, pronta da sempre a schierarsi, ad avvantaggiarsi delle situazioni più comode o agevoli, dall’ altro dal disarmante immobilismo dei nostri diplomatici, quasi imbarazzati dall’ adottare un politica seria riguardo la questione Libia. Quest’ immobilismo non è, però, sinonimo di incertezza. Assolutamente. Ma di voracità, rapacità, sciacallaggio. E’ un atteggiamento che ignora il ruolo di importanza dell’ Italia presso gli organismi internazionali, favorendo un opportunismo infingardo e senza prospettiva. In Libia, l’ Italia rischia seriamente di minare la propria credibilità internazionale (peraltro già molto precaria) poiché, credo, non pagherebbe per l’ immediato futuro buttare le braccia al collo del vincitore, chiunque esso sia. Il rischio serio che il nostro paese corre è quello di trovarsi impelagato nelle maglie di una situazione incandescente; generato, ahinoi, dalla scellerata miopia della nostra politica estera.
N.B: può considerarsi l’ Italia un paese saggio e accorto allorquando stipula un’ alleanza con un paese intollerante e ostile nei nostri riguardi da sempre? Con una nazione che vede negli Italiani l’ Infedele per eccellenza da eliminare? E’ possibile dimenticare episodi gravissimi come quello recente durante il quale barconi di immigrati sono statti inseguiti fin dentro le nostre acque territoriali senza che nessuno, né da parte libica o italiana, abbia detto nulla? E’ possibile dimenticare lo stesso Gheddafi che ha fatto dell’ anticolonialismo italiano la sua principale base di consenso politico? E,in ultimo, siamo così sicuri che, una volta cessata la guerra civile, la Libia continuerà i suoi rapporti nei nostri riguardi come se nulla fosse; o sono da temere ritorsioni di qualche tipo (militari, economiche, strategiche)?
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