Ieri sera ascoltando il Vangelo a Messa ma anche se non siamo andati in Chiesa è probabile che la parola ci sia comparsa in mente per aver visto presepi viventi, per avere dei figli piccoli o che fanno domande su “chi è papà quello con il cammello?” (chissà perchè mi viene più spontaneo associare l’interlocutore al padre), ho per un attimo, riflettutto sulla parola magi.
Non la parola Maghi che possiamo leggere negli annunci di giornaletti urbani o su riviste da 1€ di Cairo editore (non è che investe molto sul Toro!) ma magi e poi re.
Un binomio che ci portiamo dietro, senza pesare peraltro, dalla catechesi fatta da bambini.
Credo che oggi quel periodo sfugge spesso al ricordo dei quarantenni mentre per noi era una scuola particolare (voti rari, passavano tutti, ma c’erano educatori particolari).
Chissà cosa ci avranno detto allora anche perchè era un catechismo a memoria (L’ultima lettera al nipote di Umberto Eco sull’Espresso ci consola, sul valore delle poesie imparate a memoria!!!) con domande incomprensibili e risposte a ritornello.
Ma i magi erano 3, erano Re e quella Mirra , e poi l‘incenso non si asperge sui morti?
Ma erano Regolamenti non direttive! Ora invece dall’altare il sacerdote afferma che erano dei sapienti, che leggendo avevano premonizioni di eventi (supportati dall’interpretazione delle stelle).
I doni? Magari erano simbolici ma collegati alla cultura che non prevarica, ma riconosce che è per l’uomo ciò che si scopre.
Insomma il presepe è un dono, quindi rinnovabile, senza che gli architetti debbano poi perderci tanto tempo sulle dimensioni delle case che sono a misura d’uomo, come altezza!
Ora con la senilità la mente accoglie un’interpretazione del raziociniovi ma quanto vi resterà,dato che la vita più si avvicina al guado, vive di sogni e ricordi?