Un'aspirante scrittrice deve essere in grado di descrivere qualsiasi tipo di sensazione. Dovrebbe.Ci sono moltissime sensazioni che non sono in grado di descrivere, una fra tutte quella data dai regali di Natale, quando ero bambina.
E' strano, perchè quella stessa sensazione a volte ritorna, inaspettatamente e non a Natale, non in prossimità di un albero addobbato o di un foglio scrocchiante di carta da pacchi colorata.
Quella stessa sensazione ritorna quando sono così completamente immersa in qualcosa di nuovo e rassicurante da non riuscire a non stupirmi di tutto.
Ho tolto il nastro, ho strappato via la carta impaziente, ho guardato stupita e contenta il mio giocattolo nuovo e ci ho giocato sino a sera tardi. Poi mi sono addormentata pensando ancora al mio regalo, è lì poco distante da me poggiato da qualche parte ed io non vedo l'ora che sia di nuovo mattina per correre giù dal letto e ricominciare a giocare e non sentire la fame e la sete e mal tollerare i richiami di mia madre dalla cucina che mi dice di andare a tavola. E poi la mattina arriva e c'è un istante, un istante soltanto in cui non ho ancora realizzato che il mio regalo è reale. C'è un momento brevissimo in cui io non credo sia vero. Poi torna tutto ed è un tuffo al cuore. Io voglio solo il mio regalo, il mio regalo è la cosa più bella del mondo. Se ho il mio regalo non avrò bisogno di nient'altro.
Non è una buona metafora, lo capisco, è facile travisarla.
Ciò che voglio dire non è che ciò che vivo adesso durerà il tempo dell'entusiasmo che ha un bambino per un giocattolo nuovo. Ciò che voglio dire è che io vivo costantemente con quella sensazione addosso.




