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I ricordi di Sofia e le lettere di Marcello (Messaggio in bottiglia 11^ puntata)

Da Lundici @lundici_it

Sofia cominciò a scartare delicatamente il pacchetto, avendo cura di non strappare la preziosa pellicola. Ancorché fosse evidente l’impazienza di scoprirne il contenuto, sembrava tesoreggiarne la sorpresa. Mentre la osservavo, durante la lunga operazione, non potei fare a meno di notare una sorta di leggera pressione, che le sue dita affusolate operavano sulla carta, forse nella speranza di intercettare rilievi altrimenti impercettibili, o forse perché solite muoversi in simil guisa chissà per via di quale attività o arte che allora potevo solo immaginare, o ancora…

I ricordi di Sofia e le lettere di Marcello (Messaggio in bottiglia 11^ puntata)
Avrei tirato innanzi in quel novero di innumerevoli ipotesi, se un fenicottero non avesse distolto lo sguardo mio, e di Sofia. Quello di Elsa era già impegnato altrove, proprio verso quei volatili che, nel frattempo, avevano formato un semicircolo (dando il dorso al Mulino spagnolo) in attesa di dare inizio a quello che fu per me un vero spettacolo, al punto che pensai fosse un’usanza di benvenuto riservata al viandante di turno. I graziosi fenicotteri si mostravano quasi immobili e, nella loro solennità, ricordavano un corpo di ballo o un coro lirico in attesa che la bacchetta del direttore segnasse l’avvio dell’esecuzione. In effetti, si era disposto di fronte a loro un atipico direttore, il fenicottero che poco prima aveva attirato la nostra attenzione, il quale, con un colpo deciso dell’ala destra – la sua bacchetta – diede inizio allo strabiliante spettacolo per i cinque spettatori presenti; ad infoltire l’estemporanea platea erano sopraggiunte le due donne che avevo precedentemente inserito fra le possibili Sofia. I raggi del sole si adagiavano sulle quattro pale, che li riflettevano ad intermittenza nel punto esatto in cui si erano disposti i fenicotteri, le cui ali – che si muovevano all’unisono – catturavano i raggi riflessi al fine di proiettarli oltre il proscenio, in rarefatti cristalli policromatici che osservavamo aleggiare e infine scintillare al contatto con l’argenteo mare della laguna di Orbetello. All’orizzonte, due barche si incrociavano e, per un istante, sembravano fondersi intanto che le rispettive vele, mosse dal vento, tributavano un fragoroso e meritato applauso che, unito al nostro, riecheggiava nella generosa natura e nelle orecchie di quei fantastici volatili, che ripresero a deliziarci aggiungendo, a torsioni e piroette, soavi e garruli (ricercare il canto tipico dei fenicotteri) canti che intonarono per tutto il resto della rappresentazione. Alla fine – circa dieci minuti dopo – ci salutarono librandosi in volo nel cielo terso, mentre noi privilegiati spettatori dedicavamo loro il nostro ultimo applauso.

Ognuno ritornò all’attività che aveva piacevolmente interrotto. Mentre Sofia ed io stavamo guadagnando la marmorea panchina, un altro battito d’ali attirò la nostra attenzione. Prima di voltarci, pensammo ad una ripresa dello spettacolo. Invero si trattava di due “artisti” ritornati nei pressi di Elsa. Ci sedemmo, quindi, e Sofia proseguì nel disvelamento del dono. Sollevò – tendendolo fino al limite dello strappo – un ampio lembo della carta regalo e mi mostrò ciò che apparve. La copertina di un libro, di colore blu, su cui si scorgevano solo alcune lettere, “mil”, accanto all’immagine di una donna in morigerato abito scuro.

I ricordi di Sofia e le lettere di Marcello (Messaggio in bottiglia 11^ puntata)
A quel punto la curiosità di Sofia prese il sopravvento e, in un battibaleno, tirò fuori quel volume che la stava colmando di gioia, la stessa che stavo provando anch’io nel guardarla. Quando potei osservare tutto il libro, compresi che quella gioia non era dettata soltanto dalla suggestione del momento. Si trattava infatti di quel particolare fascino, a tratti sconfinante nel mistero, che nel tempo diviene privilegio e compagno di alcuni testi; Tutte le poesie di Emily Dickinson rientrava a pieno titolo in quel novero.

«È una delle mie poetesse preferite, sono contentissima!» esclamò Sofia, dalla cui voce traspariva la sfrenata impazienza di cominciarne la lettura.

«Lo è anche per me» risposi entusiasta. Poi, dopo una breve pausa, aggiunsi: «Mi racconti del primo incontro?»

Affiorò sul volto di Sofia un velo di candore, la cui origine potei leggere tra le righe della sua risposta:

I ricordi di Sofia e le lettere di Marcello (Messaggio in bottiglia 11^ puntata)

«È successo quando avevo tredici anni. In quel periodo cominciavo ad appassionarmi alla poesia e a leggerla per diletto. In realtà Emily Dickinson, e tanti altri autori, mi erano già vicini sin dalla nascita e, incarnando il tipico costume delle persone sagge, attendevano solo il momento giusto per appalesarsi nelle vesti dei loro scritti, i quali intanto facevano bella mostra di sé sulle mensole delle tre librerie disposte in casa, una delle quali – per metà destinata ad accogliere i libri scolastici – si trovava proprio nella mia cameretta, dove avvenne l’incontro. Era un pomeriggio strano, che seguiva una giornata un po’ turbolenta. A scuola avevo visto un ragazzo bellissimo e da quel momento la sua immagine prese ad occupare tutto lo spazio disponibile nella mia mente. In classe fu un disastro. All’uscita lo cercai, ma invano e ciò ne amplificò la figura, sognando la quale ripetei meccanicamente i soliti gesti, comuni a quasi tutti i ragazzi della mia età (tornare a casa, pranzare ecc.). Verso le tre e trenta del pomeriggio, mentre ero beatamente distesa sul mio letto (i libri non li avevo neanche tirati fuori dalla cartella), intenta a fantasticare sulle note di Don’t you (forget about me) dei Simple Minds, fui catapultata nella realtà dall’antenna della mia radio. Quel giorno, non potendo contare – per ovvie ragioni – sulla mia pazienza, pensai di ricorrere ad una soluzione più rapida. Presi un volume dalla mensola più vicina e lo posizionai in modo tale che reggesse l’antenna capricciosa, ma non ci fu verso e… una folata di vento proveniente dalla finestra semiaperta sfogliò il libro e lo richiuse, inducendomi a focalizzare lo sguardo su un’altra finestra. Fu così che passai dalla mia stanza a quella di Emily Elisabeth Dickinson, la quale scelse quel momento per appalesarsi nella mia vita.»

«Grazie Sofia, mi hai fatto dono di un racconto bellissimo. Ma quel testo conteneva tutte le sue poesie?»

«No, Antonio, solo una parte, un’intensa selezione di componimenti che imparai tutti a memoria. Nonostante ciò, e per ragioni inspiegabili, non mi sono mai messa sulle tracce della sua intera opera. Ora sai perché questo dono ingloba molteplici valori, uno dei quali è una sintonia con persone sensibili che stanno a tanti chilometri di distanza. Tu, invece, le conosci tutte?»

«Ho letto tutte le poesie, ma di ognuna mi è parso di comprendere solo una parte e ciò deriva, per un verso, dal potere misterioso insito in tali espressioni letterarie e, per l’altro, dalla scelta presa da Emily Dickinson di chiudersi nella sua camera per oltre vent’anni.»

«Hai colto nel segno, Antonio. I versi indagatori e la vita di chi li vergò, hanno avuto un ruolo vitale per Marcello, per me e, indirettamente, anche per la nostra piccola Elsa. Tenendo sempre presente il suo pensiero, riusciamo a vivere nella nostra attuale condizione, ma prima di riprendere a raccontarti gli episodi salienti della nostra epopea, vorrei fare un omaggio a questa immensa poetessa.»

«Oh! Sofia, dal primo disvelamento del libro, ho cominciato a sperare che tu declamassi qualche poesia. Sono pronto ad ascoltare.»

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Sofia si accinse a scartabellare il testo ma poi, colta dall’imbarazzo della scelta, affidò quest’ultima alla brezza marina. Appoggiò dunque il dorso del volume sulla panchina, esattamente nello spazio tra lei e me, staccò le dita dalla sovraccoperta e chiamò in causa le forze della fisica. Il libro, per un istante, sembrò afferrato da due mani invisibili che lo aprirono sulle pagine centrali, ma le molecole dell’aria non avevano alcuna intenzione di rimanere a guardare e si precipitarono a completare l’opera “incompiuta” della forza di gravità. Alla vista di quella poetica scena, si stagliò nella mia mente un’immagine “antica”, uomini intenti a fare esperimenti utilizzando rudimentali congegni. Dai sembianti mi parve di riconoscere Pitagora e Leonardo Da Vinci. A pochi passi da loro, altre due figure di cui però non ero in grado di osservare i volti, ma ne potevo udire le voci, inconfondibili nei loro piacevolissimi accenti toscano e napoletano.

Se alle prese con quei congegni ci fosse stato solo lo scienziato italiano, avrei potuto pensare che si trattasse di una sequenza della famosa scena di “Non ci resta che piangere” in cui, Roberto Benigni spiega a Leonardo Da Vinci le invenzioni che dovrà fare, mentre Massimo Troisi lo costringerà a giocare a carte, cimentandosi nell’impresa, vana, di insegnargli le regole della scopa.

Ma lì c’era anche Pitagora, sul cui volto si riflettevano i pensieri dell’animo, errante nel tempo e in pena per le sorti della sua Grecia.

Mentre fantasticavo, le forze portarono a termine la loro opera e Sofia poté prendere il libro per eseguire la sua.

Più dolce appare il successo

a chi mai lo conobbe.

Apprezza meglio un nettare

la più crudele arsura.

 

Nella schiera vermiglia

che oggi ha conquistato la bandiera

nessuno così bene

saprebbe definire la vittoria,

 

come il soldato sconfitto, morente,

sul cui orecchio deluso

lontani inni trionfali

vanno a infrangersi, chiari e torturanti.

Trascritto anche questo momento, mi preparai alla lettura da fare l’indomani, sul lungomare Caracciolo, dove mi attendevano i miei cari amici per la consueta lettura del giovedì pomeriggio.

Messaggio n. 4f

Nell’attesa delle risposte, passa anche il mese di agosto. In sintesi, cinque mesi senza reddito, né stipendio né cassa integrazione. Il fatto scandaloso è che i rappresentanti dello Stato e dei sindacati, Cgil e Uil, si permettono ancora di essere permalosi, fino al punto di rimarcare toni e pensieri. Nonostante cominci a scoraggiarsi, Marcello prende carta e penna e continua a scrivere.

In data 2 settembre 2010, viene inviato a Miriam Deserti (Filcams-Cgil) il seguente messaggio:

I ricordi di Sofia e le lettere di Marcello (Messaggio in bottiglia 11^ puntata)

Salve, in attesa delle risposte alle lettere (ndr “quadro complessivo”) e del testo dell’accordo (se ne parlò al telefono per il posdomani, circa un mese fa) ti comunico che le denunce legali e quelle giornalistiche sono convogliate in un’unica direzione.

Grazie e cordiali saluti

Marcello Marchesi

Dopo poche ore, arriva la risposta:

Per quanto riguarda i testi dell’accordo io li ho inviati, probabilmente c’è stato un problema di ricezione e ho inviato anche la circolare che ho fatto alle nostre strutture territoriali.

Per quanto riguarda vostre denunce non ho inteso bene cosa intendi, ma se quanto scritto vuole essere una minaccia non mi piace nemmeno un po’.

In ogni caso riallego i documenti, sperando che questa volta la spedizione vada a buon fine.

Saluti, Miriam

Marcello replica a tono, seduta stante:

Assolutamente no, le denunce non sono una minaccia. Ho semplicemente inteso comunicare a te, quale rappresentante di un grande sindacato, che la battaglia intrapresa sarà condotta strenuamente.

Grazie per la disponibilità

Marcello Marchesi

Dopo aver ascoltato quelle lettere, ancora più crude ed eloquenti: cinque mesi senza alcun reddito, ci abbracciammo e ci demmo appuntamento per il giovedì successivo.

 

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