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I signori della Strada- Secondo Capitolo-Nuova Versione

Da Albix

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TOMMY

Tommy apparteneva alla vecchia guardia degli italiani a Londra.

Agli specchi lavorava in nero e contemporaneamente percepiva il sussidio settimanale di disoccupato che, ufficialmente, gli spettava per essere stato licenziato dalla fabbrica dove aveva lavorato in precedenza ma che, a sentir lui, gli spettava invece come forma di rimborso delle tasse pagate in quegli anni; e poi, in una società come quella inglese, dove un paio di guanti per la caccia alla volpe costavano cento sterline (cioè quanto egli più o meno percepiva lavorando per un mese agli specchi,  sabati e domeniche inclusi) non spettava certo ai proletari come lui fare economia. Inoltre, aggiungeva chiosando  Tommaso, bisognava in qualche modo difendersi dall’inflazione inventata dai banchieri e dai padroni; e dato che a Londra le scale mobili le trovavi solo nella metropolitana,  lui si difendeva percependo quel piccolo sussidio governativo che, congiunto al salario variabile degli specchi, gli consentiva di vivere tranquillamente.

Questo Tommy  (come lo chiamavano a Londra) era un ragazzo di estrazione borghese, di quelli che agli occhi dei bempensanti non sarebbero mai riusciti a giustificare nè la loro inquietudine nè la loro insoddisfazione.

Alto, longilineo e dai lineamenti regolari (lo ammiravo e un poco lo invidiavo per la facilità con cui attirava gli sguardi delle donne, ai quali ad onor del vero prestava soltanto un’attenzione compassata; cosa che accresceva attorno a lui quell’alone di privilegio e di fascino) era dotato di  un carattere volitivo e deciso che unito al suo carisma affabile ed altruista ti portava istintivamente a volergli bene nonostante alcune sue contraddizioni che non solo era incapace di spiegare ma di cui mostrava di non rendersi neppure conto. Ma quest’ultima cosa, in coscienza,  lo vedeva in tutto uguale al movimento generazionale di cui anche io facevo parte.

Aveva lasciato Roma nei primi anni settanta, quando il sogno di una società più libera si era già infranto sulle barriere del perbenismo e della ipocrisia borghese. Così, deluso dal tradimento di quella classe operaia nei cui sindacati lui, attivista del movimento studentesco, aveva ciecamente creduto; ancora troppo acceso di quel furore giovanile che negli anni ideali del ‘68 aveva sprigionato la massima energia vitale; frastornato, incredulo, che quel fragoroso boato fosse stato solo lo scoppio di una bolla d’aria piuttosto che il primo scricchiolio del crollo fatale di un sistema capitalista logoro,  da abbattere ad ogni costo; con la voglia di dimenticare e di ritrovare i più che mai vivi aneliti di emancipazione; sospinto dal fascinoso richiamo culturale della nuova frontiera del movimento, che all’ombra del Big Ben cercava in quegli anni rifugio e rigenerazione lì, dove le istanze e la ricerca di una nuova identità di un occidente inquieto e sbandato parevano trovare, se non una risposta immediata, almeno un riverbero di speranza e di riscatto nei crismi e nelle illusioni dei miti orientali, di cui la capitale dell’ex Impero Britannico per il suo passato coloniale e per vocazione costituiva l’avamposto ideale e sicuro.

Incerto, inerme, confuso e amareggiato si era lasciato quasi passivamente trascinare verso Londra da una di quelle correnti energetiche, tanto misteriose e inspiegabili quanto invisibili e incontrollabili che impetuosamente sono capaci di trascinarsi dietro anche il destino di interi popoli e nazioni.

- “Oh” gli feci sbucandogli alle spalle da un intrico di stradine.

-”Mi  hai messo paura” fu la sua trasalita risposta.

-”Scusami Tommy! Eri così soprapensiero che non ho saputo resistere all’idea di uno scherzo. Come stai?

-”Beh, insomma….E tu? Hai trovato lavoro. poi?

-”Si! Una società per la quale ho già lavorato in passato mi ha promesso di riassumermi…..forse la settimana prossima….comunque appena si libera un posto! Sai quelle macchine che trasformano il latte in crema, addossate ai negozi di souvenirs lungo le strade…?”

-” Ah, sì! Mi pare di averle notate, qualche volta. I turisti sembrano andarci pazzi, o sbaglio?

-” Ah, si! Ma piacciono anche agli inglesi.

-”Allora è anche meglio! Cosa ti danno?”

-”Si lavora a percentuale del 10%”

-”E quanto viene a settimana?”

-”Non lo so! Dipende dalla postazione!  Lì a Oxford Street, verrebbe molto, ma a me non daranno certo quella! Data la mia passata esperienza, però, potrebbe anche toccarmene una buona, se non proprio quella che è sicuramente occupata da venditori più esperti di me! Speriamo bene…

-”Io ho parlato con il mio boss! Aspettavo che mi chiamassi a casa…”

-”Si, ti ho chiamato, ma non c’eri…”

-”Ah si?! Quando, hai chiamato?”

Parlava sempre in un tono calmo,  quasi indifferente,  come se le sue parole fossero il resoconto di vicende che riguardavano altri, non lui. Quel giorno sentivo nella sua voce un inconsueto fremito emotivo.

- “Ho chiamato alcuni giorni fa . Poi ho saputo ai gelati che mi avrebbero ripreso e non ho  più riprovato, tanto più che avevo in mente di passare a salutarti! ”

Dopo avermi sorriso lievemente, sembrò riacquistare la sua aria indifferente di sempre.

-”Perchè, cosa ha detto il tuo boss?”proseguii io.

-”Ha detto che il posto c’è”

-” Ah!, mi fa piacere; ti ringrazio. Comunque ora provo ai gelati; in seguito, se poi non mi danno una buona postazione, sai com’è….”

- “Come vuoi tu! Non ti preoccupare, tanto il lavoro qui si trova facile. E poi magari ti prendi il mio posto. Qui è abbastanza buono…”

-” Com’è che lasci?”

-”Rientro in Italia”

-”Ah, te ne vai in vacanza?”

-”No, non in vacanza. Sto meditando un passo più impegnativo, una scelta più importante. Qui a Londra mi sono proprio rotto. Pensa che ieri la polizia ha fatto irruzione in casa,  mentre non c’era nessuno e quando sono rientrato ho trovato tutta la mia roba fuori dalla porta…”

-”Non mi dire! Un’altra certezza di Londra che si sgretola..”

Ero sinceramente dispiaciuto di quella notizia, non solo per il mio amico, ma per il fatto in sè. Io pagavo ben cinque sterline di affitto per la mia camera ammobiliata in Caledonian Court Road, ma mi avevano sempre affascinato queste specie di comunità libere che erano gli squatting londinesi anche perchè, secondo il mio modo di pensare di allora, era più giusto prendersi le case sfitte che lasciarle vuote senza vita e senza luce. A quel tempo infatti valutavo soltanto l’aspetto sociologico e culturale del fenomeno squatting senza preoccuparmi o riuscire a vedere l’aspetto economico, soprattutto dal punto di vista dei proprietari delle case che, se fossero stati enti pubblici, ancora ancora, ma trattandosi di privati,  l’osservazione non sarebbe stata un’operazione da lasciare indifferenti.

Comunque sia, così andavano allora le cose, anche se di lì a poco il clima doveva seriamente mutare.

- “Eh già” – continuò Tommaso , -“solo l’anno scorso non si sarebbero permessi, questi maiali, di fare una cosa del genere! Sfondare uno squatting!”

-”Avevo sentito dire che stavano per emanare un nuovo Squatting Act….lo avranno già fatto?”

-”No, non credo. Lo avrei saputo. Sono i conservatori che dall’opposizione premono sul governo. E sono sempre più forti…”

Di nuovo notai  nel suo animo quell’inconsueta emozione.

-”Dove stai ora?”

-” Ho riparato in casa di amici, su a Fulham; loro sono organizzati; c’è sempre qualcuno a casa e se escono tutti, specialmente la sera, lasciano le luci accese. Eppoi anche le case a fianco sono occupate da squatters: famiglie di operai disoccupati, poveri diavoli. Lì non oseranno di certo sfondare”

-” Allora sei a posto, no?”

-” Si, magari fosse tutto lì!”

Mi fissò negli occhi intensamente come se valutasse l’importanza o l’opportunità di continuare a parlare. Io sostenni il suo sguardo, poi gli offrii una delle mie sigarette. Continuò dopo aver aspirato sbuffi di fumo verso il cielo.

-”Ma mi dici tu che cosa ci sto a fare ancora qui? Sto scoppiando, capisci? Non mi ricordo più neanche che cosa sia venuto a fare e quel che è peggio, a volte, non ricordo più neppure chi sono! La mia vita, i miei pensieri, le mie azioni sono così diverse da quando abito qua! Chi è il vero Tommaso, mi chiedo? Quello che ieri lottava, seppure ingenuamente, per cambiare la società o quello che oggi vive dentro una nube di illusioni,  in un’astronave di cui non si conosce neanche la rotta?”

Il suo tono così insolitamente acceso suscitò la mia congeniale vis polemica e come potei,  cercai di tenergli testa,  anche perchè, pur non conoscendo la rotta, come diceva lui, io sentivo di dover continuare ancora il mio viaggio; andando avanti e senza voltarmi indietro.

-”Il movimento segue sempre una rotta, secondo me! Si tratta di aspettare! Siamo in un momento di stasi; presto le nubi si diraderanno!…

- “No, basta!”-  Mi interruppe bruscamente -“Io voglio tornare a terra! Devo riallacciarmi al mio passato, al mio vero io! Qui è tutta una fregatura ben confezionata!Eppoi, di quale movimento mi stai parlando?”

- ” Parlavo del movimento di liberazione rappresentato dalla musica rock, che ha raccolto, in qualche misura, l’eredità degli hippies….

- Ma apri gli occhi anche tu, per favore!!! non ti accorgi che anche l’ideologia hippy è stata trasformata  in una ideologia commerciale??Qui cantiamo l’amore, la pace, la libertà! Ma la vita, perdio, non è fatta di canzoni. Qui ci stiamo prendendo per il culo! Anzi: ci stanno prendendo per il culo! A cominciare dal grande fruttuoso business del Rock Discografico e Musicisti in testa! Altro che movimento di liberazione!”

-”Forse la musica Rock in realtà è solo un compagno di viaggio, un sogno che allieta la vita! Ma insieme anche un’idea, una grande rivoluzionaria idea di cui ancora non conosciamo l’esatto disegno….”

-” L’unica vera rivoluzione è quella dell’azione, non quella dei sogni. Ogni idea per essere credibile, deve avere una possibilità di affermazione concreta, deve cioè contenere in se il seme dell’applicazione e siamo noi uomini a doverla realizzare! Capisci!?”

-”Chi ti dice che le idee del movimento Rock non troveranno un domani, applicazione? Le grandi idee, lo sai bene, possono camminare per secoli e poi zampillare improvvise come le vene sotterranee di petrolio…”.

-” Si, aspetta e spera tu. Io mi sono stufato di aspettare, di pensare e anche di sognare. Stiamo facendo il gioco dei padroni, non lo capisci? Ti danno la musica, ti danno l’alcool, ti tollerano anche il fumo purchè non gli rompi le scatole. Ed in più ci speculano anche sopra! E se non ti basta, per dimenticare, ci sono altri palliativi….”

-” A cosa ti riferisci? All’eroina, per caso?”

-” Si, anche all’eroina! All’eroina e alle Chiese!”

-” Alle Chiese?! A quali Chiese!”

-” A tutte quante! A tutte le chiese dell’eterno oblio, di tutte le Religioni di questo sporco mondo, dall’occidente all’Oriente. Ma in fondo, a pensarci bene, anche una fumeria d’oppio è una chiesa dell’oblio. E se l’eroina non è di tuo piacimento,  puoi prenderti un aereo e andartene in Oriente: poi se il tuo cadavere galleggerà nel Gange l’Occidente avrà perso un rompiballe e l’Oriente un sognatore illuso e così sia!”

Adesso anche la sua barba, rada e ispida sulle guance secche, sembrò fremere. Ma io non mi feci impressionare e proseguii nella esposizione del mio pensiero.

-” Ma vedi l’Oriente non è solo lo sballo dell’oppio! C’è molto di più e di diverso dall’oppio, in Oriente! Anche lì è come dappertutto: ognuno vi trova solo le risposte che cerca. Lo sballone magari le trova nell’oppio, magari, forse; ma qualcun altro potrebbe trovarle in una dimensione meno materialista e spietata; nell’assunzione di un modello alternativo di vita al nostro; un modello che sia più a misura d’uomo; nella scoperta di valori che non siano solo il profitto, la carriera o la famiglia!  Cosa credi che siano andati a cercare in Oriente John Lennon, Santana, George Harrison e gli altri leaders del Movimento?”

Mentre esponevo animatamente la mia tesi, Tommy si era confezionato abilmente una sigaretta.

Aveva cavato dalla tasca della sua giacca di tweed una piccola scatola di latta, dalla forma rettangolare contenente un aromatico tabacco secco, e su una cartina Rizla , sfilata da una confezione contenuta nella scatola stessa,   aveva distribuito sapientemente, con il pollice, l’indice ed il medio della mano destra, una congrua porzione di tabacco, senza avere mai mollato la presa della scatola del tabacco, tenuta saldamente  sulla base del palmo della mano sinistra.

Dopo  una slinguata veloce sulla striscia gommata, l’aveva abilmente arrotolata e tenendone ormai solo le due estremità tra i due pollici e i due medi, vi aveva passato sopra gli indici per verificarne la completa adesione e l’aveva infilata nell’angolo sinistro delle sue labbra sottili. Ripescato poi il coperchio, incastrato alla base della scatola, l’aveva rinchiusa e me la aveva passata,  mentre con la mano destra frugava alla ricerca del suo accendino. Rifiutai il suo invito,  facendolo accendere dai miei svedesi in legno. Si era appoggiato al muro con le spalle, il ginocchio sinistro sporgeva grazie alla pianta che egli aveva puntata sul muro,  all’altezza della tibia destra.

Durante il nostro colloquio qualche turista di passaggio si fermava ad osservare i quadri che Tommy, come ogni mattina, aveva deposto in bella mostra, un pò inclinati alla parete, e altri orizzontali sopra il telone.

Alcuni italiani si scambiavano cenni di intesa, riconoscendo il familiare idioma; molti chiedevano bruscamente “How much?” indicando con il dito qualche specchio di loro gradimento; altri, forse più sicuri nell’uso della lingua inglese  , precisavano “quanto costa quello” indicando sempre con lo stesso gesto, o con gli occhi, l’oggetto del loro interesse.  Solo gli inglesi e quelli che conoscono qualche cosa di più della semplice grammatica, aggiungevano anche un “please”. Ma Tommy, quel giorno meno che mai, si mostrava  poco interessato agli affari e solo quelli veramente convinti gli mettevano i soldi in mano. E  lui  li intascava rapido, consegnando lo specchio prescelto con un freddo ringraziamento.

-” Senti, le religioni e le filosofie orientali non sono poi tanto diverse dalle nostre! Un’accozzaglia di idee che hanno come scopo principale quello di reprimere e condizionare la gente e soprattutto di perpetuare il potere in mano di chi ce l’ha: preti e papi compresi! No, lo so io cosa ci vuole. La conquista del potere ci vuole per cambiare le cose. Come hanno fatto Lenin, Mao e Fidel Castro!”

- “Ci sono tanti modi di prendere il potere, diversi dalla rivoluzione che è giocoforza cruenta e che a me pare un metodo da superare! Per esempio si può prendere il potere trasformandolo attraverso la trasformazione delle persone che lo detengono.”

Tommaso sgranò gli occhi come per farmi intendere che non capiva.

“ Mi spiego meglio!” – rispresi io con foga. – ” Se riuscissimo ad inculcare alla gente idee più serie e più eque sulla gestione del potere, come risultato ritroveremmo  , necessariamente, persone educate a quel modo. Ed io credo che dall’Oriente dovranno arrivarci queste iniezioni di novità e di fiducia”.

-”A me questa tua via mi pare proprio una pia illusione! Eppoi è un’idea così tortuosa che non potrà dare risultati pratici documentati”- disse sconsolatamente, scuotendo   la testa dai capelli lunghi e lisci. Poi concluse, in tono più fermo – -”Più ci penso e più mi convinco che l’unica strada praticabile è quella della rivoluzione”.

Capii in quel momento che stava cercando soltanto di convincere se stesso e non me. Io dal mio canto, ero convinto del contrario, anche se parecchi dopo, ritornando col pensiero a quel nostro ragionare, mi sarei accorto che la sua analisi era più acuta e razionale della mia, idealista ed utopistica, ai massimi livelli.

-”Ma come non vedi che così ragionando ti ritroveresti a sbranarti e a combattere per un cadavere in putrefazione? Ti ripeto che occorre intervenire sulla base piuttosto che puntare al vertice!”.

-”Senti filosofo, se tu intervieni sulla base, anzicchè sul vertice, è chiaro che i tempi di intervento si moltiplicano a dismisura ed io credo solo in questa vita e in  ciò che fanno gli uomini. Del resto la rivoluzione ha come scopo ultimo quello di rieducare il popolo; ma per farlo, occorre impadronirsi del potere! Capisci?”

No, non capivo, anche se intuivo che dietro quel discorso, quel suo atteggiamento indubbiamente nervoso stava maturando una decisione di cui ebbi conferma solo parecchi anni dopo. Mi sorpresi a pensare come mi era parso diverso Tommaso, quando lo avevo conosciuto. Lo avevo preso subito a modello: con quel suo modo distaccato di trattare le cose materiali della vita; il rifiuto dei valori nei quali io sentivo di non credere e dai quali mi ero allontanato lasciando l’Italia per altri lidi.E con lui, nel suo gruppo, avevo appreso a lasciarmi andare, guidato dalle onde lunghe e dolci del fumo,  sulle cui nubi mi ero trovato sospeso quasi senza rendermene conto, ma piacevolmente, senza chiedermi un solo perchè.

Ed ora provavo invece una strana inquietudine come se di colpo mi fossi risvegliato da un sogno infranto e mi ero così tanto identificato in lui ed avevo creduto così a fondo nel suo mondo londinese che ora la sua crisi non poteva non essere  anche la mia.

Sentii il bisogno di allontanarmi, per stare un pò solo a camminare e a pensare. Lo salutai affettuosamente, come sempre e forse di più.

Non lo rividi più,  perchè lui partì per l’Italia ed io per altre strade. Seppi di lui dai giornali: le sue scelte sbagliate; i suoi cattivi maestri; il suo ravvedimento operoso,  della cui sincerità mai io dubitai.  E della sua morte,   sotto le gomme di  un’auto,  come uno sparo accidentale,  inspiegabilmente e improvvisamente partito dal fucile del tempo.

….continua……

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