Massimo e Tizi vi occupavano un monovano al primo piano, molto ampio e dall’interno gradevole, con la moquette in colore marrone chiaro e delle tende a fiori su delle grandi finestre, di quelle che gli Inglesi chiamano a ghigliottina, cioè “sash windows”.
La parete di destra, su cui era sistemato un letto a due piazze dal copriletto celeste trapuntato di bianco, era coperta da un armadio in legno incassato nel muro mentre di fronte, un arco decorato in legno, tramite una porta a soffietto, dava accesso ad un cucinino. Al centro della stanza vi era un tavolo in legno coperto da una tovaglia bianca ricamata e quattro sedie, sempre in legno. Sul tavolo capeggiava un vaso di fiori profumati che sembravano appena colti dal giardino, tanto mi apparvero vivaci e profumati. Seguii con lo sguardo Trici che spostava il vaso sul cornicione di una stufa a muro, schermata da una graticella in ferro posta sulla sinistra dell’ampio locale. Sempre a sinistra, completavano l’arredamento uno scaffale in legno, su cui spiccavano un mangianastri, delle musicassette e dei libri, un ampio divano ed una tavolino lungo e basso.
Dopo aver sistemato i caschi in uno scomparto dell’armadio a muro diviso a piani, Massimo mise su un nastro dei “Doors”, chiedendomi se mi piacessero.
- “Sì, molto”- rispose Martine, che in Italiano sapeva dire solo alcune frasi fatte ma riusciva a seguire agevolmente le conversazioni di carattere colloquiale e quotidiano.
Sedemmo tutti attorno al tavolo e Massimo posò davanti a sé un pacchetto di sigarette, un accendino, delle cartine ed un pezzo di fumo grande quanto un dado da cucina e con lo stesso colore verdognolo, anche se la sua consistenza era più solida e compatta. Era lo stesso “fumo” da cui aveva attinto davanti al Teatro, poco prima.
Gli allungai un involucro che conteneva un po’ di erba. La prese e la odorò profondamente.
-“ L’erba mi piace anche più dell’hascish!” – disse convinto. La mise da un lato e prese ad armeggiare per un “joint”, unendo prima tre cartine e sbriciolandovi sopra dell’hascish, sfregandolo da un angolino del suo “tocco”, dopo aver provveduto a bruciacchiarlo un po’ alla fiamma del suo accendino.
-“ Siete venite su assieme?” – chiesi rivolto a Tizi, che nel frattempo si era diretta verso il cucinino. La ragazza di Massimo si sporse dalla porta per rispondere:
-“Sì, ma io mi fermo qui a Londra, mentre Massimo partirà presto.”
Colsi una punta di amarezza in questo suo dire.
-“ Dove parti?” – chiesi io con curiosità.
-“When summer ‘s gone, where will we be? – mi rispose lui indicando con il dito il mangianastri che suonava.
-“ Summer ‘s almost gone…” – replicai ridendo anch’io, perché mi ricordavo che il testo della canzone dei Doors proseguiva proprio così.
-“Non lo so” – fece poi Massimo riprendendo seriamente la mia domanda iniziale- “forse proprio alla fine dell’estate vendo la moto e parto. Magari me ne vado in Messico….. chissà!?”
-“ Ehi, il Messico è proprio un bel viaggio!” – esclamai io- “ Cos’è che ti spinge là? Qualcosa in particolare?”
-“Belìn! Questa sì che è una domanda-rischio!” – fece Massimo ridendo – “Toh, fuma!” – disse poi passandomi la canna che aveva nel frattempo terminato, mischiando l’hashish con il tabacco di una sigaretta, aggiungendo ad un’estremità un cartoncino arrotolato a mò di filtro ed incollando abilmente le cartine dopo averne umettato velocemente i bordi.
Martine chiese a Tizi qualcosa da leggere. La ragazza di Massimo le indicò delle riviste posate su uno dei comodini accanto al letto, dove si stese a leggere, dopo essersi tolta le scarpe, estraniandosi da noi, perché non amava molto fumare, quantunque riuscisse sempre ad armonizzarsi perfettamente con la nostra sensibilità come e più che se avesse fumato con noi.
Tizi ci chiese se avremmo gradito il thè oppure il caffè. Martine disse qualcosa di buffo sul caffè degli Inglesi e tutti votammo per il thè, anche Massimo che si alzò per andare a frugare in uno scaffale-libreria che stava addossato al muro, di fronte a me.
Quando tornò a sedersi mi porse tre libri.
…….continua………