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I Signori della Strada – XXXVI

Da Albix
I Signori della Strada – XXXVI

londra7-” Le ragioni che mi spingono a partire le ho trovate dentro a questi libri, credo” – disse rispondendo alla mia domanda di prima.

Gli allungai il “joint” e presi in mano uno dei tre libri. Su una copertina grigio-scura  spiccavano,  in caratteri bianchi e cubitali, il titolo “Viaggio ad Ixtlan” ed il suo autore, un certo Carlos Castaneda, che non ricordavo di avere mai sentito nominare prima di allora. Al centro della copertina un cerchio bordato di bianco, racchiudeva il disegno di un paesaggio brullo, costellato di cactus, dove  un sentiero tortuoso  si inerpicava sino alle colline che si intravvedevano sullo sfondo; sul paesaggio incombeva un grosso rapace, proprio sopra due uomini che, discutendo pacatamente, si trovavano in marcia, ai piedi del sentiero, in direzione delle colline. La figura di quei due uomini mi colpì più di ogni altra cosa nel disegno: chissà perchè mi parvero due uomini di diversa età, ma affiatati e solidali. La loro presenza conferiva all’insieme un tocco di suadente serenità. O almeno, quella fu la mia percezione di allora. Certo non potevo neppure lontanamente immaginare che, di lì a qualche anno, quella stessa copertina, di quello stesso libro, mi avrebbe trasmesso ben altre, differenti,  emozioni mentre lo sceglievo tra le cose che la madre di Massimo mi mostrava, invitandomi a prenderne  una per  suo ricordo personale.

-” Cosa sono? Dei  romanzi?” – gli chiesi posando il libro e  riprendendo il “joint” che lui mi porgeva. Tirai rapidamente e lo passai subito a Tizi che nel frattempo ci aveva raggiunto per dirci che il thé era in infusione e tra breve sarebbe stato pronto. Dopo un tiro delicato e veloce, lei lo passò a Massimo.

- ” E’ difficile dare una definizione di questi libri…Direi che non sono dei romanzi….almeno non nel senso classico del termine…..Tu, Tizi, visto che li hai letti anche tu, come li definiresti?”- fece Massimo restituendomi il “joint“.

- ” Forse li definirei dei libri di formazione…” – fece lei, arricciando le labbra in una strana posa  meditativa che accentuava la sua sensualità- ” E’ la storia di un  incontro tra due uomini che appartengono a due mondi diversi, se non addirittura opposti. Da un lato abbiamo un vecchio indiano yaqui, depositario di una cultura orale, quasi esoterica, direi; dall’altro un  giovane  antropologo americano, con una solida cultura scientifica alle spalle, raziocinante forse all’eccesso……”

-” Più che un incontro, sarà stato uno scontro!” – chiosai io, passandole ancora il “joint”.

Tizi rifiutò gentilmente, allontanandosi di seguito a controllare il thè che aveva lasciato in infusione.

-”  Tizi, da buona studentessa di lettere, è capace di analisi approfondite”- disse con dolcezza e non senza una punta di sincera ammirazione Massimo, dopo aver dato gli ultimi tiri al “joint”, schiacciandolo poi sul posacenere che già ospitava i residui della sua preparazione. -”Ma dal confronto-scontro  tra la civiltà occidentale rappresentata dal giovane americano e quella esoterica rappresentata dal vecchio indiano,  emergono delle vere e proprie rivelazioni   in questa trilogia”- riprese Massimo, sistemandosi meglio sulla sedia. -” Ho scoperto, ad esempio, che la visione del mondo che ci viene insegnata sin da quando nasciamo è soltanto una delle possibili descrizioni del mondo. Ma ve ne sono altre, possibili e parallele, per così dire. E  per scorgere questi altri mondi è necessario che noi riusciamo a cancellare la nostra storia personale!”

- ” In che senso?”- chiesi io già affascinato, accendendo la sigaretta che avevo offerto a Massimo e subito dopo accendendo anche la mia.

- ” Vedi”- rispose Massimo, dopo aver aspirato avidamente, emettendo con le parole, numerosi sbuffi di fumo- ” noi siamo prigionieri di ciò che gli altri sanno di noi; ed ogni giorno che viviamo, ogni atto che facciamo, è passato al filtro di chi già ci conosce e si aspetta da noi certi comportamenti e determinati risultati, pena la loro delusione, la censura, le critiche, la necessità di dar loro delle spiegazioni. Insomma il risultato è una compressione della nostra sfera di libertà: cancellando la nostra storia personale, ci riappropriamo della nostra originaria libertà!”

-” Ma cancellare la nostra storia personale significa anche perdere le persone che ci amano!?” – esclamai in un impeto di ingenua curiosità.

-” Eh, già!”- emise in un sospiro Tizi,  che si avvicinava con il vassoio e le tazze di thè.

Lasciò le nostre tazze e si avviò verso Martine, portandosi via il vassoio con le altre due.

Massimo la ringraziò con un tenero e lieve bacio sulle labbra.

……continua……

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