-” E allora?”- dissi io, per riprendere il discorso.
- ” Certo la libertà, come tutte le cose, ha il suo prezzo! D’altronde, a volte, gli affetti sono la parte più soffocante della nostra storia personale. Il mondo è un grande, affascinante, mistero di cui noi occidentali abbiamo perso le tracce oramai da secoli, credo.”
- ” Strano! Avevo sempre pensato che questi mondi alternativi o paralleli, questi misteri esoterici fossero da cercare in India, o da qualche parte in Oriente………”
- ” In India, in Nepal, in Cina o in Messico, che differenza fa? Quel che importa è prendere atto che la nostra civiltà è arrivata ad un capolinea e che presto verremo tutti spazzati via come fuscelli, se non riusciamo a scendere da questo treno lanciato a folle velocità verso il baratro dell’ignoto!”
- ” Non pensi che la nostra cultura, quella underground, intendo dire, o comunque quella del movimento hippy e quella rock che, in una certa misura, ne è la continuazione, enfatizzi un po’ troppo i difetti della nostra società?”
- ” Tu pensi? Ma guardati in giro? Non vedi anche tu gente alienata che vive dentro a gabbie di cemento, soggetta al lavaggio del cervello di TV e giornali, governata da uomini spietati, senza scrupoli, senza dignità, senza amore? Tu chiami progresso le armi che distruggeranno il mondo? Le industrie che inquinano i mari e la terra? Tu chiami libertà i riti stanchi delle nostre democrazie fasulle?!”
Non c’era astio, aggressività, o antagonismo nelle sue parole. Ma solo una accorata, sincera passione. Ed io, che pure ero abbastanza critico verso la nostra società e che in fondo mi trovavo a Londra spinto dalla stessa misteriosa, invisibile forza che aveva incrinato le certezze della nostra generazione, stanca di vedere guerre, lotte di potere, ingiustizie, soprusi, ipocrisie e falsità non avevo le sue stesse certezze o quelle di altri che avevo incontrato nel mio viaggio e vagavo con la mente, alla ricerca della mia verità personale, di una strada senza scorciatoie; e cercavo di non essere pecora di un gregge in cammino ma mi sentivo più un animale selvatico, solitario e ribelle; ed in questa mia vaghezza di idee e di intenti preferivo giocare il ruolo dell’avvocato del diavolo, ma con lealtà, per capire, per convincermi delle ragione altrui e trovare anch’io una via da percorrere, ovunque essa portasse, purchè avesse una meta nella quale credere.
- ” Però, mi è sembrato di capire, leggendo e raccogliendo testimonianze di chi è già stato in India”- ripresi quindi pacatamente, dopo aver sorseggiato un po’ del mio thè – ” che da lì guardano alla nostra società come a un modello da imitare; chi c’è stato lì, ma anche in Afghanistan, in Nepal, sul Tibet, ha visto tanta di quella miseria, che al confronto, la nostra società, rappresenta quantomeno un male minore, se non proprio il miraggio di una vita migliore!”
- ” Buonanotte!” – proruppe Massimo con una risata fragorosa ed amichevole. Si avvicinò Tizi, in punta di piedi, dicendoci sottovoce di parlar piano, perché Martine si era appisolata.
-” Vi conviene stare qui per stanotte!” – disse Massimo. Tu puoi dormire nel divano, ed io mi sistemerò nel mio sacco a pelo a fianco a te; basterà spostare un poco il tavolino.
- ” Allora ti preparo il divano!” – mi confermò Tizi con un sorriso.
Passammo la notte, sino quasi all’alba, a fumare e a bisbigliare, più che a parlare, di musica, di fumo, di idee, di progetti, di visioni del mondo, dei problemi che affliggevano il nostro mondo e dei rimedi possibili, dei sogni della nostra generazione, dei viaggi, della vita e della morte. Mi disse che secondo la cultura degli indiani yaqui , secondo quanto aveva appreso dalla lettura dei libri che mi aveva mostrato poco prima, la morte cammina silenziosa e paziente al nostro fianco sinistro, sempre pronta in ogni momento a chiamarci, da questo mondo, con il suo tocco, leggero ma inesorabile e definitivo E che vivere con questa consapevolezza della morte incombente, la nostra vita acquistava un senso totalmente differente e nuovo, come una sorta di sfida quotidiana e continua, senza indulgere a debolezze o a vanità; e senza l’illusione di sentirsi eterni, poichè eterni certamente non siamo, anche se ci comportiamo come se lo fossimo.
Quindi crollammo anche noi, vinti dal fumo e dalla stanchezza. E quando l’indomani ci salutammo, scambiandoci i rispettivi indirizzi, io credevo che sarebbe stato bello rivederci e raccontarci il resoconto delle nostre vicissitudini future ed ancora parlare di progetti e di sogni.
Invece, soltanto qualche anno dopo, seppi che la sua vicenda terrena si era chiusa, in un modo solitario e misterioso, come solitarie e misteriose erano state certe sue parole e certe frasi, pronunciate quella sera che lo avevo conosciuto di fronte a quel teatro londinese e in casa sua e della sua ragazza, in quello stesso intenso e lungo giorno trascorso insieme.
….continua e si conclude con l’Epilogo alla prossima puntata.
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