Magazine Cinema
E l'ultima copertina di Life....
Ben Stiller, arrivato al suo quinto film da regista decide di portare in scena un racconto di James Thurber già portato al cinema nel 1947 con il titolo Sogni proibiti da Norman McLeod.
E cerca una profondità di sguardo e di pensiero che non ha mai avuto o cercato nelle sue prove precedenti .
Per fare questo decide di immergersi in un genere che agli americani piace parecchio: quello della narrazione di un riscatto personale e per questo sceglie la vita di un grigio archivista fotografico che, relegato in una esistenza avara di soddisfazioni, fugge con la mente in una specie di mondo alternativo in cui tutto è il contrario di quello che è veramente.
E quando la vita gli porrà davanti delle scelte ineluttabili lui dovrà indossare, un po' con disagio ma anche con tanto coraggio, i panni di quell'eroe che ha vestito nei suoi voli pindarici.
Lo Stiller regista azzarda in un genere che non gli è mai appartenuto e riesce meglio , decisamente meglio nel mondo distorto e grottescamente tratteggiato in cui vive il suo alter ego eroico , mentre è ordinario, anche un po' scialbo nella parte newyorchese e nei duetti con la coprotagonista Kristen Wiig, attrice dalla notevole verve comica ( come le altre due donne della vita di Walter Mitty, la madre interpretata da una Shirley Mc Laine in formissima e la sorella in cui recita un'altra attrice di notevole talento comico come Kathryn Hahn) che però viene opacata, offuscata dal tono sentimentalista che presto viene assunto dalla pellicola.
Inoltre infarcisce il film di una grande quantità di riferimenti letterari e filmici dando luogo a un mappazzone bulimico, con gags a volte riuscite, a volte un po' meno e che viene riscattato decisamente dalle ambientazioni inconsuete e poco frequentate dal cinema ( l'Islanda è decisamente una figata con i suoi colori sgargianti e la sua natura incontaminata o quasi).
Lo Stiller attore funziona decisamente meglio : è decisamente nelle sue corde il personaggio di Walter Mitty dimesso sia fisicamente che emozionalmente e rende bene la crescita dell'autostima che lo caratterizza per tutto il procedere della narrazione.
Il problema de I sogni segreti di Walter Mitty è che richiede un'empatizzazione costante da parte dello spettatore letteralmente preso d'assalto da una serie di sequenze che rimangono impresse ( quelle del sogno e quelle del viaggio in Islanda) per come riempiono l'occhio ma richiede anche un surplus emozionale che personalmente non ho avuto la fortuna di provare.
Niente emozione, niente lacrime che goccia a goccia hanno tentato di esondare dai canali lacrimali di fronte a un qualcosa che visivamente ha quello scatto in più ma che non è riuscito a solleticare adeguatamente le corde emotive che aveva intenzione di pizzicare con leggerezza.
Un film diviso in due che ha parlato più alle mie cornee che al mio cuore e a cui non sono riuscito ad abbandonarmi totalmente come avrei voluto.
Anzi un'emozione il film me l'ha riservata: ma è colpa di David Bowie e di Space Oddity, un brano che conferma ancora una volta la sua immortalità.
Cosa che non accade a Walter Mitty e al suo mondo: un take away di suggestioni e pulsioni cinematografico/ letterarie che nel mio caso non sono riuscite ad arrivarmi fino al cuore.
Un peccato, avrei voluto veramente nascondermi, perdermi dietro e dentro il mondo segreto di Walter Mitty...
( VOTO : 6 / 10 )
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