I sogni sono fatti della stessa materia di cui è fatta l'haute couture

Da Lazitellaacida
Ho imparato a capire che la fashion week più divertente ed appassionante da seguire è quella della couture che si tiene, ovviamente, due volte all'anno: per la primavera/estate a gennaio, (saggiamente qualche settimana prima degli Oscar) e per l'autunno/inverno a luglio.
E' una fashion week ristretta: si tiene solo a Parigi, è dedicata giustamente solo alla donna ed è rivolta a pochissimi eletti nel mondo.
La couture, forse più di ogni altro business del settore, è ciò che traina tutto il resto del sistema. Certo lo so che i grandi soldi si fanno con profumi, rossetti e borse, ma la couture rimane regina nel mantenere alto il posizionamento della moda inteso come sogno, come arte, come maestria.
Ergo, dopo aver scorso tutte le sfilate in maniera sufficientemente esaustiva (mi sfugge tuttavia il motivo per il quale il colosso style.com non copra Jean Paul Gaultier e Stephane Rolland) ecco qui un piccolo riassunto di quello che è necessario sapere nel caso venissimo invitate a corte all'ultimo momento e non sapessimo proprio cosa indossare.
ARMANI PRIVE'



Re Giorgio anziché correre dietro a Lady Gaga per dimostrare di saper ancora fare il giovane di tendenza, avrebbe potuto comprarsi un iPhone come tutti i nonni del mondo e giocare a Candy Crush. Tuttavia pare finalmente tornato in sé: ha scelto Cate Blanchett come testimonial (volesse il cielo) e ha smesso di creare opere futuriste per le passerelle.
Giorgio Armani non può rinnegare la sua essenza, non può dimenticarsi di chi è. Armani è innegabilmente classico perché mia madre mi dirà sempre fino a che avrà fiato in corpo: “ho visto le sfilate oggi: certo che Armani non gli si può dir niente, è elegante”.
Le sue collezioni non sono noiose in sé ma quanto per l'immagine che riflettono: mai un capello fuori posto, ma un trucco più nuovo o sbavato o meno prevedibile. La ferma impeccabilità in ogni sua forma.
Spero che tra questi 5 uscite ci sia la prescelta per l'Oscar alla Cate anche se ormai è diventato sempre più frequente realizzare abiti custom. Tuttavia continuo a pensare che Cate Blanchett sia quasi sprecata per Armani visto il suo apprezzabilissimo e spesso fuori dalle righe gusto sul red carpet.
ATELIER VERSACE



Lady Gaga è la figlia putativa di Donatella e mai come in questo momento è stato più chiaro di così.
E' il superbo incontro tra due icone dell'eccesso, l'estasi della comunità gay, il tripudio dell'acqua ossigenata.
Donatella ama portare in passerella i suoi cloni, errore nel quale spesso sta cadendo anche la mia amata Victoria Beckham, disegnandosi addosso intere collezioni, l'intero brand, l'intera immagine della Maison. I valori del brand Versace sono sempre ampiamente rispettati nelle collezioni couture (estrema sensualità, colori accesi, attitudine rock). Purtroppo, a mio avviso, si rischia di perdere il favore di quelle fasce di wannabe (qualcuno dovrà pur alimentare il sogno) che conoscendo il personaggio (e vedendone riflessa l'immagine ovunque nelle collezioni) si allontanano dal brand. E' un peccato poiché, per esempio, queste 4 uscite sono davvero magnifiche.
CHANEL COUTURE



Chanel come sempre è stato uno degli argomenti di conversazione principale nella settimana della couture. Non solo per il grandioso spettacolo che Karl ama mettere sempre in scena (è ancora così necessario?) ma anche e soprattutto per lo "scandalo sneaker".
Nella fattispecie io non mi sono scandalizzata particolarmente per le sneaker indossate con la couture quanto più per l'assoluta mancanza, per l'ennesima volta, di un filo logico tra le centordicimila uscite di collezione. Non credo che nessuna che non sia malata in testa indosserebbe mai un abito del genere con le scarpe da ginnastica (seppur Chanel) visto che l'immagine sui red carpet e le best dressed list esercitano ancora la loro discreta influenza su Hollywood. Mi preoccupo piuttosto per la mancanza di idee, per la mancanza di sogno che le passerelle Chanel continuano a trasmettere, nonostante l'immenso circo che periodicamente viene messo in scena.
Per la cronaca, l'unica maniera accettabile di vedere quelle sneakers è con il classico tailleur bouclé. Lo prenderei come un segno di Coco che, per l'ennesima volta, para il culo a Karl.
CHRISTIAN DIOR



Anche Dior ha portato in passerella delle scarpe sportive ma le trovo totalmente irrilevanti ai fini della collezione.
I pezzi più interessanti sono questi e spero presto di vederli indossati da Jennifer Lawrence e Marion Cotillard. Anzi, credo che il diffondersi dei pantaloni sulla couture Dior sia da attribuire completamente alla collaborazione con J.Law sulla quale certi abiti sembrano veramente sprecati.
Se l'abito per gli Oscar non sarà custom, spero che sia il terzo di questo gruppo. Se un giorno mi capitasse invece di dover presenziare agli Academy Awards, una tuta ricoperta di fiori di tessuto blu credo che sarebbe TOTALMENTE la mia prima scelta.
N.B. Le catenine a fiocco – amore a prima vista →


ZAHIR MURAD



E' il designer che più ama vestire quella bomba sexy di Jennifer Lopez, anche se spesso penso che non sia il più adatto. I natali libanesi del designer sono piuttosto evidenti, sopratutto per i tratti in comune con Elie Saab.
E' difficile descrivere lo stile iper-romantico e stranamente mai eccessivo dei due. E' impossibile dire che sono minimalisti ma è altrettanto vero che il barocco è tutt'altra cosa.
Sembra quasi una perfetta alchimia di elementi laddove anche solo una perlina di troppo potrebbe rovinare tutto.
In una cosa sicuramente si differenziano però: mentre per Elie Saab la donna pare quasi una creatura angelicata, per Murad la concezione femminile è decisamente più sensuale.
ELIE SAAB





E' sempre una guerra interiore per me cercare di scegliere i 4/5 look migliori della collezione perché quando lo faccio compilo una specie di wishlist mentale. Rimane tuttavia è impossibile ridurre la scelta finale a pochi look perché è inevitabile volersi soffermare su tutti.
Sarà che stanotte ho sognato che indossavo proprio un abito di Elie Saab (la sera prima ho sognato che parlavo con Emily Schuman della sua casa nuova a Los Angeles quindi non stupiamoci, è già tanto che non abbia sognato di essere amica di Anne Hathaway come qualche tempo fa), questa volta ho voluto dedicarmi anche al mio tessuto favorito al mondo, lo chiffon.
Troppo spesso sottovalutato, è il tessuto più elegante che la mia mente concepisce. Forse (troppo) poco per gli Oscar, ma per una serata a Buckingham Palace ci sta tutto. Anzi, Kate Middleton dovrebbe prendere appunti e smetterla con Jenny Packham.
I ricami invece sono ciò che che fa innamorare di Elie: anche se le collezioni sembrano assomigliarsi, sembra sempre che riesca ad inventare ogni sei mesi una nuova maniera di essere regali con degli abiti così enormemente lavorati.
Nel mio caso l'amore profondo oltre allo chiffon è sempre rivolto alle profonde scollature a V (nella scorsa collezione il mio preferito in assoluto era questo).

VALENTINO






Quante parole di ammirazione si potranno ancora spendere su Valentino che non siano già state dette? Credo che con Valentino dove cadi cadi, si cade sempre bene.
Anche questa couture a mio avviso conferma quanto emerso dall'ultima collezione prêt-à-porter: sembra che il duo Chiuri-Piccioli sia uscito dal tunnel del pizzo, del rosa e del confetto a tutti i costi e stiano veramente portando il vecchio (ma sempre, sempre, sempre e non smetterò mai di dire S E M P R E apprezzabile) Valentino verso una nuova era: una vera e propria evoluzione dello stile reso famoso dal Garavani che ora sembra passato al livello successivo o meglio, alla generazione successiva.
Il tema della collezione è l'opera ma direi che potrebbe essere palese solo nella prima uscita (per altro già indegnamente indossata da Katy Perry ai Grammys).
Ho apprezzato molto le uscite minimali, direi quasi fluide, in colori davvero poco semplici come il tortora o il cenere. Abiti che sembrano dei drappi appoggiati al corpo, che cadono sembrando colate di tessuto. I ricamati poi, sembrano quasi dei miracoli.
Infine la parte dedicata al tulle, sempre in colori rinascimentali, a conferma di una tendenza già ampiamente lanciata dalla Connie e di cui io sono felice rappresentante!
GIAMBATTISTA VALLI



Valli, sempre Valli, fortissimamente Valli.
Amo il modo che ha di dosare i colori con sapiente discrezione, senza cercare di toccare tutta la tavolozza ma sapendosi soffermare solo su alcuni colori.
La sua collezione ha sviluppato molte (forse troppe) modellerie corte, evidenziando la ricerca di una silhouette con un decisivo focus sulle gambe e di conseguenza molto orientata al pubblico giovane (Blake Lively, I'm talking to you). Tuttavia la couture di Valli è interessante perché non ha nessuna eredità da sviluppare se non la propria, sta costruendo il proprio stile senza imitare (nemmeno) Valentino di cui più volte, persino io, si è pensato fosse l'erede.
VIONNET



Concludo la carrellata sulla couture con Vionnet che, contrariamente alla scorsa stagione, mi ha un po' deluso. Il braccio creativo ora non è più Goga Ashkenazi ma Hussein Chalayan che io, da provinciale quale sono, non ho mai molto apprezzato. Chalayan è un visionario della moda, un artista che mette nelle sue creazioni più arte di quanta in realtà sia necessaria. No, bugia, non voglio essere così cattiva. Tuttavia se amo Valentino, Valli e Saab non sono proprio il genere di persona che trova interessante Martin Margiela, Chalayan o la Demeulemeester. 
Nell'intera collezione i capi più interessanti sono questi cinque, anche se più li guardo e più mi ritrovo a piangere la mancanza della semplicità di Goga. 

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