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I Tesori Segreti di Jolly Roger (N°12): I Rednecks Horror + Non Aprite quella Porta (1974)
Creato il 20 febbraio 2015 da Giuseppe ArmelliniIl termine Redneck viene usato in modo dispregiativo per indicare lo stereotipo dell’abitante degli stati meridionali degli USA. Attenzione: non tutti gli abitanti del sud, ma quelli che presentano alcune caratteristiche un po’ selvagge: quelli che abitano in camper o in baite, che sono conservatori (repubblicani) e razzisti fino al midollo. I luoghi comuni “vogliono che il Redneck sia rozzo e ignorante, intollerante verso temi come religione, sesso e politica, appassionato in modo feticistico di motori, spesso ubriaco (con la grappa distillata in casa!), sdentato e talvolta incestuoso” (fonte: Wikipedia). I Rednecks sono tipacci provinciali che sputano per terra e bestemmiano, masticano tabacco, puzzano di alcol e maledicono il prossimo.Ci sono comunque precise ragioni storiche che spiegano la loro attitudine scontrosa verso gli “Yankees” (i pallidi abitanti del nord USA): essi, abitando nel sud degli USA, non hanno ancora pienamente digerito l’essere stati sconfitti nella guerra di Secessione Americana e, per certi versi, non hanno ancora completamente ripudiato l’eredità ideologica del Ku Klux Klan. I Redneks esistono ancora, nonostante siano passati ormai 150 anni dalla sconfitta del Generale Lee.Il Generale Lee…Avete pensato al generale dell’esercito sudista, oppure all’auto di Bo & Luke?Beh, anche se avete pensato all’auto, non avete comunque sbagliato: la serie Hazzard è un tipico esempio di ambiente “Redneks”. Infatti, il termine non viene utilizzato con riferimento specifico all’horror, anzi!L’associazione del termine Rednecks al cinema horror è principalmente dovuta ad un unico film.Un unico film che ha scritto la storia del cinema horror.“Non Aprite Quella Porta”.Nonostante la rubrica horror includa di solito una breve panoramica su una terzina di film, questo qui merita una puntata a sé stante. Ma è solo la prima parte…Poi ne vedremo altri :-)
NON APRITE QUELLA PORTA – THE TEXAS CHAINSAW MASSACRE (1974)
Facevo la seconda superiore, avevo 16 anni, quando un mio compagno di scuola – che mannaggia a lui aveva ben 300 videocassette horror (sì perché allora c’erano ancora le videocassette), me ne prestò una, dicendomi “Toh, guarda questo. E’ un casino figo”. Era un film di vent’anni prima, ma del resto molti horror americani sono arrivati da noi solo grazie alla diffusione dei mitici, ormai pensionati, “videoregistratori”.Il film ha un titolo abbastanza ridicolo, “Non Aprite Quella Porta”. Titolo che non c’entra un cazzo con l’originale, “The Texas ChainSaw Massare”. Ma, ad onor del vero, “Il Massacro Texano della Motosega” sarebbe suonato ancora più ridicolo…I protagonisti (buoni) mi stavano tutti sulle balle; cinque cazzoni in giro su un pulmino che non facevano altro che dire idiozie. E poi quell’aria desolata, grave, quell’ambientazione arida e silenziosa, rotta soltanto dal canto insopportabile dei grilli e da una luce del sole talmente soffocante che ingialliva tutto.Sta prima mezz’ora di film m’aveva nauseato così tanto che pensavo di dovermi prendere un travelgum per arrivare alla fine.Non succedeva nulla!Dialoghi insulsi, personaggi fastidiosi e situazioni disturbanti. La calura era talmente pesante che usciva dal film e mi stroncava il cervello.Quaranta minuti e ancora non era successo niente…Poi, d’un tratto, entra in scena Lui.Il Leatherface (Faccia di Cuoio).La violenza che si scatena in quei due soli, allucinanti minuti non aveva (e non ha mai più avuto) eguali nella storia del cinema horror.Una montagna umana, che si muove in modo goffo, coperto da una maschera di pelle umana. Sbuca da una porta e spacca il cranio di un ragazzo a martellate, poi lo trascina dentro il suo antro del macellaio, sbattendo dietro di sé la porta metallica con rabbia inaudita.La ferocia devastante con cui il Leatherface “Chiude Quella Porta” è come il fendente di una falce che mozza il fiato allo spettatore impotente.Appena dopo, afferra un’altra ragazza del gruppo, la solleva di forza e la appenda – viva – ad un gancio da macellaio, conficcandoglielo nella schiena e lascandola lì, a dissanguarsi in un secchio posto sul pavimento.Una violenza agghiacciante, di una gratuità assoluta, perpetrata come fosse una cosa tranquilla, una cosa normale.Rimasi con gli occhi sbarrati. Spensi il video. L’horror per me non era questo, qui si andava troppo oltre.La mia prima impressione su Non Aprite Quella Porta è che fosse un film ripugnante.
Col tempo, mi venne voglia di portare a temine la visione che avevo interrotto. Non so perché. Non Aprite Quella Porta aveva lavorato nel mio cervello come un verme, lentamente aveva divorato i miei pregiudizi iniziali.Questo film sembrava avere qualcosa di ineffabilmente speciale e ora, che l’avrò visto decine di volte, lo confermo.Un film che è costato 100 mila dollari e ne ha guadagnati 100 milioni. Un’idea geniale: per la prima volta, un film horror portava sullo schermo la violenza “vera”, non i soliti fantasmi, vampiri o licantropi. Bensì l’orrore della cronaca reale, con personaggi che, malgrado gli eccessi, potenzialmente potevano benissimo esseri i nostri stessi vicini di casa.1.000 circostanze fortuite e fortunate lo hanno reso Capolavoro. Un’attrice che fugge nel bosco, urta contro i rami e si ferisce per davvero, sanguina sul serio, ma continua a recitare e a correre. Un attore, Gunnar Hansen, che le corre dietro con una maschera addosso che gli impedisce quasi totalmente di vedere, sbattendo la testa ovunque e rischiando la pelle (ha una motosega accesa in mano), ma che continua a correre.Lo stesso Gunnar che, interpretando il Leatherface, decide di andare contro la sceneggiatura, stabilendo che il suo personaggio non avrebbe mai parlato, ma soltanto emesso grugniti. Secondo lui, il Leatherface sarebbe stato ancor più inquietante laddove la sua violenza fosse stata associata ad un ritardo mentale, perché in questo modo sarebbe stata più infantilmente genuina ed innocente (il regista Tobe Hooper apprezzò l’idea….tanto che i grugniti del Leatherface sono in realtà dello stesso Tobe Hooper).Una location incredibile – la casa sperduta – che fa terrore sola a vederla. E che non era nemmeno disabitata, anzi, la troupe era ospite della famiglia che realmente vi abitava. E mentre loro giravano la famigerata scena della “cena” nel salotto, i veri proprietari erano probabilmente in un’altra sala della loro casa a cenare per davvero.Oggi, la casa del Leatherface è una Steak House! Meta di peregrinaggio di migliaia di fans da tutto il mondo. Chissà che buoni bocconcini di carne…ma che tipo di carne sarà?!Ci sono film horror decisamente più blasonati e forse più belli di NAQP (es. L’Esorcista, Shining, The Thing, Suspiria, Evil Dead….) ma non si può negare il valore oggettivo di Non Aprite Quella Porta, che supera tutti quelli citati:1) è il film horror più imitato della storia;2) ha inventato un concept, una matrice, che è stata poi riproposta in centinaia di film, quella della “final girl” – la ragazza sgamata, quella che sopravvive all’eccidio dei suoi amici. Meritevole quasi di una sopravvivenza darwiniana;3) è stato il primo tentativo riuscito di “mitizzazione” del “villain”, cioè della figura del cattivo. Il Leatherface è entrato nella nostra cultura come mostro moderno, relegando i vari Dracula, Uomini Lupo e Frankenstein al passato. Il film ha “aperto quella porta” a tutti gli slashers degli anni 70 / 80, a Jason Voorhees, Freddy Krueger e quant’altri;4) ha trasportato l’horror fuori dai miti del gotico, del vampirismo e del soprannaturale, trainandolo in una dimensione molto più spaventosa: quella REALE. Quella di mostri che non hanno l’aspetto di mostri, perché sono umani, ma sono ancora più mostruosi dei mostri della fantasia: la realtà di serial killers realmente esistiti come Ed Gein, oppure della provincia americana devastata dai delitti della Manson Family. In particolare, fu proprio quest’ultimo fatto di cronaca a sconquassare le sicurezze della società americana (anno 1969), provocandone un terrificato sbalordimento e preparando il terreno ad un horror come questo, che seppe cogliere il mutamento della sensibilità della collettività e le sue nuove paure più profonde;5) ha issato i Redneks a protagonisti negativi dell’horror, inventando un nuovo sottogenere, facendo scoppiare, da una parte, il bubbone del contrasto (fino ad allora sopito) tra città e provincia, tra civiltà e arretratezza, mentre dall’altra parte ha aperto una voragine con una visuale diretta sulle nefandezze delle quali un’umanità moralmente lontana dalla civiltà, ma fisicamente vicinissima ad essa (anzi, silenziosamente nascosta in essa), poteva arrivare a macchiarsi.I Rednecks di NAQP sono personaggi terrificanti, icone del cinema imitate innumerevoli volte: 1) l’Autostoppista, fratello minore di Leatherface, uno schizofrenico, autolesionista e violento, pericoloso, restio a qualsiasi rimorso, vuoto e totalmente incapace di provare qualsiasi empatia con le vittime, tanto da prendersi gioco di loro. 2) Il Leatherface, gigante disumano, affetto da ritardo mentale, un uomo grosso ma col cervello di un bambino, incapace di accettare la propria deformità e così innocentemente malvagio da utilizzare esseri umani vivi per strappar loro la faccia, cucendosela addosso per guadagnarsi un aspetto più umano. 3) Il Cuoco, con l’aspetto di una persona normale e perbene, ma abietto e meschino, lucido, con una personalità sadica e dominante. 4) Il Nonno, un ex macellaio che uccideva le mucche a martellate, talmente abituato alla normale crudeltà del suo lavoro da non riuscire più a distinguere una mucca da una persona umana, in quanto, davanti ai suoi occhi, una persona è come una mucca, soltanto un ammasso di nervi a cui spezzare la vita per macellarne la carne.
Ok, mi fermo qui. Ho già detto troppo!
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