Giovedì 07 Febbraio 2013 13:59 Scritto da Martina Vecchi
Da una ventina di giorni ormai si trovava lì, in quelle condizioni. Quotidianamente il fratello e la paziente signora Giancarla, la sua governante, andavano a trovarlo per imboccarlo e tenergli un po’ di compagnia.
Ruffo il fratello gli portava i giornali, Giancarla gli preparava dei sughetti e delle creme delicate, perché Ezechiele non poteva masticare.
I medici confidavano nella tempra del Lupo, e stimavano che di lì a poco si sarebbe rimesso in piedi e, con un po’ di pazienza e molto ottimismo, sarebbe tornato quello di prima.
Ma facciamo un passo indietro.
Cos’era successo perché Ezechiele si riducesse così?
Erano stati i famosi Tre Porcellini, ovviamente.
La storia era sempre quella: uno costruisce la casa di paglia, il secondo di legno, il terzo di mattoni. Il Lupo soffia via le prime due per papparsi i due Porcellini, che per salvarsi si rifugiano dal fratello. La terza casa è di mattoni e, soffia che ti soffia, rimane lì.
Allora Ezechiele Lupo prova a coglierli di sorpresa calandosi dal camino, ma ad accoglierlo c’è un bel pentolone d’acqua bollente, e il Lupo ci casca dentro.
Ora, fin qui tutto regolare.
Ma i tre Porcellini non se lo sono mica mangiati, il Lupo. Ah no. No no.
Avrebbero potuto, data la perfidia di quell’Ezechiele, ma non lo fecero.
Quando mai si è sentito di tre placidi Porcellini che si divorano un Lupo senza pietà?
Quel che fecero fu chiamare immediatamente l’ambulanza e portarlo all’ospedale, dove lo immersero in una speciale vasca di acqua gelata per staccargli gli abiti di dosso.
Ezechiele era irriconoscibile. Tutto spelacchiato, senza nemmeno un’ombra di barba.
Sembrava una pecorella tosata. Più che l’onta e l’umiliazione poterono il bruciore e un fatto che andò a peggiorare la situazione.
Nel trasferire il Lupo dalla vasca alla barella, due maldestri infermieri se lo fecero scivolare (era tutto bagnato e, così liscio, guizzava via come un pesce..) e il poveretto cadde a sederoni sul pavimento, rompendosi l’osso sacro. Perciò, oltre alle bruciature, la frattura.
Peggio di così.
Inutile dire che il Lupo e la sua famiglia sporsero denuncia, ed Ezechiele ottenne danni morali e materiali. I Tre Porcellini dovettero fare pubblica ammenda, e altrettanto pubblicamente furono biasimati dal sindaco, che decise di prendere un provvedimento disciplinare, che avrebbe dovuto risvegliare il senso civico dei maialini, e sarebbe servito da monito per tutti gli sbruffoni che da allora in avanti avessero deciso di maltrattare i poveri lupi affamati.
Quello che ci interessa è vedere cosa successe poi.
I Tre Porcellini scontarono una pena di trenta giorni presso la scuola di ballo del paese.
La punizione fu scelta dallo stesso sindaco apposta, perché sapeva perfettamente che i Porcellini non sapevano ballare.
I tre fratelli sarebbero stati seguiti da un’insegnante professionista (dietro lauta ricompensa) che avrebbe insegnato loro tutti i balli da sala.
Come mai una punizione del genere?
E qui è necessario fare un altro passo indietro.
Già da parecchio, ormai, il paese intero era in fibrillazione per un evento che si ripeteva una volta ogni tre anni da cinquant’anni. Il modesto e semi-sconosciuto paese di Rivaviva aveva l’onore di ospitare la più grande e importante gara di ballo del mondo, che chiamava a sfidarsi ballerini straordinari di ogni nazionalità. Per l’occasione il villaggio diventava un’attrazione turistica, e tutti i commercianti, albergatori, ristoratori si facevano in quattro per riservare agli ospiti un’accoglienza degna di tale nome.
Ebbene, l’unica piccola scuola di ballo di Rivaviva aveva quell’anno deciso di partecipare.
Sarebbe stata una novità assoluta, e secondo l’opinione di molti si trattava di un azzardo inutile, ma l’insegnante era stata irremovibile, e riteneva i suoi allievi sufficientemente in gamba e preparati per affrontare una prova del genere.
-Ma lei vorrà scherzare!- aveva provato a obiettare il sindaco- si troveranno in mezzo a professionisti di massimo livello! Sarà un’onta, un’umiliazione per loro, non sono all’altezza!-.
Niente da fare. Gli allievi e le allieve della modesta scuola di danza “Il Tacchino” della maestra Colomba furono ufficialmente iscritti alla gara.
Ebbene, adesso arriva il bello.
Timmy, Tommy e Jimmy, i nostri baldi Porcellini, figuravano tra gli allievi di quella scuola e, malgrado la loro fosse una punizione da scontare, furono regolarmente iscritti alla gara assieme agli altri. I poveretti tremavano dal terrore. Chiesero in tutti i modi al sindaco e all’insegnante di cambiare la pena, magari attivandosi nel sociale.
Avrebbero potuto attaccare i manifesti ai muri, o fare le pulizie nelle scuole, o potare le siepi, o ancora meglio, fare gli operatori sociali presso l’Ospizio Collebianco di Ripaviva.
Qualsiasi cosa ma non il ballo.
Qualsiasi cosa. Anche gli animatori per bambini ai compleanni. Si sarebbero travestiti da Lupo.
Tutto ma non il ballo.
Gli abitanti avrebbero riso di loro, che sarebbero diventati lo zimbello del paese, e la loro memoria dannata dai posteri, nei secoli a venire.
L’intera discendenza suina sarebbe stata indelebilmente macchiata.
Ovviamente non riuscirono a smuovere neanche di un minimo la già solida posizione del sindaco. Loro avevano sbagliato, e loro avrebbero pagato.
I preparativi per l’evento erano cominciati, dicevamo, già da un anno.
L’intero paese era profondamente orgoglioso, malgrado il rischio, di avere i propri ballerini tra i concorrenti. Da un anno i danzatori del paese si allenavano strenuamente. Da solo un mese, invece, i poveri Tre Porcellini avevano imparato a mettere un piede davanti all’altro.
- Non ce la faremo mai…- mormorava sconsolato Timmy.
- Siamo delle schiappe…- si lamentava Tommy.
-Moriremo di vergogna- piagnucolava Jimmy.
Il programma di gara comprendeva i balli da sala, e perciò Tango, Valzer lento, quickstep.
Ai quali l’insegnante Colomba aveva aggiunto salsa, merengue, paso doble, jive, rumba, bachata, lambada, charleston, tip tap, samba, cha cha cha… E flamenco.
Ecco, lo zelo di Colomba (che era una gazzella e quindi, dobbiamo dirlo, una forza della natura) derivava da una notissima trasmissione televisiva, “Ballando nelle stalle”, che andava in onda il sabato sera e catturava l’intenzione di centinaia di telespettatori.
Quale miglior esempio per un’insegnante che voleva appassionare l’intero paese, cercando con determinazione di smuovere pigre zampe e fondoschiena mollicci?
E allora su: video lezioni, simulazioni di gare.
E tutti dal sarto per confezionare su misura gli abiti di scena.
Il povero sarto, tale signor Tassi (era, in effetti, un tasso) aveva dovuto farsi aiutare da moglie, sorella e cognata per confezionare abiti per sedici ballerini.
I Tre Porcellini proprio non sopportavano le prove dei costumi. Essendo abbastanza goffi, erano insofferenti e impazienti quando si trattava di prendere le misure, per non parlare poi di quando venivano punti con gli spilli.
La moglie del signor Tassi era un’abilissima sarta, ma non poteva tollerare l’impazienza dei maialini. Brontolavano, sospiravano, si stancavano subito, facevano movimenti bruschi, e qui mi sta stretto, e qui mi sta largo, e qui cade male.
Tant’è che la sarta un bel giorno, talmente esasperata dal loro atteggiamento, punse apposta Jimmy sul sedere, e questi fece un salto alto fino al soffitto:-Ahiiiiiii!-
Piagnucolava dal dolore. Non ne poteva più.
Effettivamente i Tre Porcellini si distaccavano completamente dal resto del corpo di ballo.
A parte che i ballerini erano per la maggior parte tassi, donnole, volpi e gatti, i Tre Porcellini erano davvero ridicoli con quegli abiti dai colori sgargianti, pieni di frange, brillantini, paillettes..
Nel ballo se la cavavano male. Il sospetto dell’insegnante Colomba, però, era che non si trattasse tanto di negazione per il ballo, quanto piuttosto di un atteggiamento volutamente imbranato, scorretto, come se i tre facessero apposta per non dare soddisfazione e per isolarsi dal gruppo. E per una sorta di sottile autolesionismo. In fin dei conti ciò che era in discussione era il loro comportamento, e il loro sapersi intrattenere all’interno di un gruppo, con delle regole da rispettare.
Una buona condotta avrebbe riabilitato l’immagine dei tre fratelli agli occhi del villaggio.
Il momento peggiore era la decisione delle coppie. Ovviamente nessuna ballerina voleva essere assegnata a uno dei Porcellini.
-Piuttosto ballo da sola- aveva concluso un giorno Luana la Volpe- Mi pestano sempre la coda-
Tommy schiacciava i piedi a tutte.
Timmy dava gomitate.
Jimmy perdeva l’equilibrio, inciampava e faceva cadere a terra la partner.
L’insegnante Colomba non sapeva più che pesci pigliare.
La goccia che fece traboccare il vaso, però, fu l’intemperanza di Jimmy. Stanco di essere così pulito e diligente e rispettoso, un pomeriggio arrivò alle prove fradicio di fango. Lurido.
Durante il tragitto da casa a scuola di danza aveva visto una bella, succulenta pozza fangosa e SPLASH! ci si era tuffato dentro. Che bello rotolarsi in libertà nella poltiglia!
- Cosa?! CHE COSA??!! Tu, lurido schifoso suino!, fuori dalla mia palestra! Fuori!-.
Ebbene, Jimmy fu chiamato al cospetto del sindaco e delle autorità locali. L’accusa era di insubordinazione. Si decise per due settimane di lavori forzati.
Sveglia alle quattro, pulizie nel palazzo del comune, nella scuola e nella parrocchia per tutta la mattina. E niente crusca per merenda. E nemmeno per pranzo.
Timmy e Tommy erano profondamente amareggiati. Non capivano il comportamento del fratello.
- Si è comportato da egoista. La sua pessima condotta ricadrà su di noi. Ci manca anche che ci squalifichino. Anzi, magari non ci fanno nemmeno partecipare..-.
Stranamente, le settimane successiva a quello spiacevole episodio trascorsero lisce, sotto un silenzio ovattato fatto di pesanti sottintesi e celati malumori. I due Porcellini rimasti si impegnarono al meglio delle loro possibilità. Volevano recuperare.
Alla fine era stato deciso per la loro partecipazione alla gara. In fondo non era loro, la colpa.
Colomba era abbastanza soddisfatta, tanto che decise di proporre Timmy per l’insidiosissimo quickstep, un aggrovigliarsi di piedi, un’intricata sequenza di passi. Timmy era terrorizzato, ma allo stesso tempo soddisfatto e orgoglioso.
Aveva stabilito una buona sintonia con la Donnola che faceva coppia con lui (un’accoppiata un po’ strana, però..) e aveva provato fino a notte alta.
Che dire, Jimmy era stato escluso dalla gara, e se la passava piuttosto male.
Gli avevano negato la crusca e puliva da mane a sera senza quasi fermarsi.
Si stava pentendo delle sue azioni, soprattutto perché in tal modo aveva rischiato di penalizzare i fratelli, cui era molto legato.
La fatidica sera finalmente arrivò.
L’enorme sala da ballo era stata allestita per l’occasione e tirata a lucido (da Jimmy).
La platea era gremita di spettatori. Il pubblico elegantissimo attendeva con trepidazione l’inizio della competizione.
I giudici di gara dall’aria severa e spietata sedevano in prima fila.
Ballerini agguerriti e inamidati giungevano da ogni parte del mondo e dietro le quinte ripassavano i balli.
In un camerino sul retro del teatro Timmy ripeteva mentalmente la sequenza di passi del quickstep. Era tesissimo. La Donnola Monica faceva meditazione.
-Che ne dici di ripassare? Tanto per essere più tranquilli..- propose Timmy.
E si misero a ballare nel pochissimo spazio che erano riusciti a ricavare.
La coppia stava volteggiando quando, inavvertitamente, Timmy urtò un pesantissimo vaso che gli si capovolse sulla zampa sinistra, facendolo urlare dal dolore.
Tragedia.
Timmy gridò dal male. La Donnola Monica, in preda al panico, chiamò immediatamente i soccorsi. Colomba e la guardia medica si erano precipitati.
-No… Non ci posso credere… A venti minuti dalla gara… Non ci posso credere…- Timmy era sconvolto.
- Ma come diamine è potuto succedere?-. chiese Colomba, che intuì la risposta vedendo il vaso in frantumi.
La zampa di Jimmy era gonfia e bluastra, e il dolore lancinante. Il medico applicò subito un impacco col ghiaccio, e prescrisse una pomata e dell’antinfiammatorio.
-Non puoi certo ballare in queste condizioni..- mormorò sconsolata Colomba.
-E io adesso con chi ballo?- chiese Monica, tra le lacrime- mi sono sempre allenata con Timmy..-.
-Una soluzione ci sarebbe- disse una voce proveniente da fuori.
Jimmy, che era sempre stato lì, comparve sulla soglia.
-Ballerai con me-.
-Che cosa?!- urlò Monica.
Colomba era senza parole.
Timmy si dimenticò per un attimo del dolore alla zampa.
-Tu?-.
-Tu qui? Stasera?-.
È il caso di fare un’ulteriore digressione.
Da quando Jimmy era stato punito, qualcosa si era mosso dentro di lui.
Come se la fatica che aveva fatto fino ad allora non fosse più stata vana. Sentiva che in qualche modo sarebbe potuto essere utile a qualcuno. Aveva concluso che soffrire spesso paga, e che si impara molto dagli errori.
Da sempre aveva disprezzato l’idea del ballo, ma adesso era diverso.
Qualcosa gli diceva che se si fosse impegnato e avesse portato a termine la sua esperienza con la danza, le cose si sarebbero sistemate. In un modo o nell’altro.
E poi c’era la questione che gli premeva maggiormente. Riconciliarsi con i suoi fratelli.
E così per due intere settimane aveva sgobbato. La mattina si alzava prestissimo per fare le pulizie. Terminava nel tardo pomeriggio e, fino a notte inoltrata, provava e riprovava i passi di tutti i balli, in coppia con una scopa, mettendo finalmente in pratica tutti gli insegnamenti e gli accorgimenti e le raccomandazioni dell’insegnante Colomba.
Quella sera era pronto.
Pronto a dimostrare a tutti che era cambiato e si voleva impegnare per fare un’ottima figura.
-Ma…. Te la sentiresti? Sono due settimane che non provi assieme a noi, e io avevo proposto Timmy per il difficilissimo quickstep, in rappresentanza della scuola di ballo di Rivaviva… Non so se sia il caso..-.
-Dovrei ballare con… Con… Con Jimmy?- chiese la Donnola Monica, quasi inorridita.
Timmy, che fino ad allora era stato zitto, parlò.
-Sentite, io credo che si possa fare. Insomma, non possiamo mandare a monte tutto. E poi è mio fratello, no?-.
-Sì, ma io non ho mai ballato con lui….- mormorò Monica- Non siamo… Ehm.. Affiatati..-.
- Beh, in ogni caso lo spettacolo deve continuare- concluse risolutiva Colomba- è l’unica soluzione e non c’è tempo per inventarsi qualcos’altro. Tra l’altro stiamo per andare in scena-.
Jimmy si infilò in fretta e furia il costume del fratello, gli stava un po’ corto perché lui era più alto.
Gli venne applicato sulla schiena un grosso “34”, che corrispondeva al numero della coppia per la gara.
Si precipitarono tutti in pista perché la giuria stava per decretare l’inizio della serata.
La musica attaccò. Salsa.
La coppia russa di volpi bianche era un portento. Erano partite a razzo e davano del filo da torcere a tutti.
Tango.
Una coppia di tassi spagnoli era più agguerrita che mai.
Valzer. Paso doble. Rumba.
Quickstep.
“Ci siamo”pensò Jimmy”Il mio momento è arrivato. Devo far vedere chi sono”.
La Donnola Monica fluttuava nel suo morbido vestito lilla. All’inizio qualcuno in platea mormorò, e si sentirono dei ridolini, quando videro Jimmy, ma si dovettero tutti ricredere perché il Porcellino danzò divinamente.
Girava e volteggiava, volteggiava e girava.
Le sue zampe sembravano essersi staccate da terra.
La gara si concluse.
I giurati avevano bisbigliato per tutto il tempo, e ora sembravano aver raggiunto un accordo.
Tre coppie rimasero al centro.
Uno dei giurati, un gufo, chiamò i numeri 15 (le volpi bianche), 8 (i tassi spagnoli) e… 34.
Un maiale e una donnola.
Colomba si sentì mancare. Lo stesso per Tommy, che era stato escluso a causa di un valzer mediocre, e Timmy, dolorante e lamentoso.
-E la coppia vincitrice è… La numero…-.
La tensione era alle stelle.
-…La coppia numero 34!-.
In sala ci fu un boato.
Scrosciarono gli applausi in platea. Gli abitanti di Rivaviva, il sindaco, tutti i ballerini della scuola locale “Il Tacchino”, Colomba, corsero in pista e sollevarono Jimmy urlando “Hip hip hurrà!” a squarciagola.
Timmy, barcollando, si avvicinò per complimentarsi col fratello:-Chissà se al tuo posto avrei vinto ugualmente!-.
Jimmy, gongolante, e con la coppa da un chilo in mano, si mise in posa per la foto di coppia, e poi per quella di gruppo.
La gara era terminata e la piccola scuola di ballo “Il Tacchino” della maestra Colomba di Rivaviva aveva trionfato, quella sera.
Stanchi ma soddisfatti, i concorrenti si avviarono verso l’uscita.
Una figura goffa e scura si avvicinò, tentennando, a Jimmy.
-Volevo farle i miei più sinceri e sentiti complimenti. Avete fatto bingo- disse piano Ezechiele Lupo- devo dire che la punizione è servita a tutti voi, e ne sono felice. Spero che in futuro potremo intrattenere rapporti civili..-.
Jimmy diventò rosso:-Ehm, lo spero anch’io. Vedo che si è ripreso. Dovrei porgerle delle scuse, ma credo che il risultato di stasera parli da sé..-.
-Ne sono convinto.-rispose il Lupo. Arrivederci, allora, eh…-.
-Arrivederci-.
Jimmy imboccò l’uscita, ma poi ci ripensò e tornò indietro.
-Senta, signor Lupo. Le andrebbe una pizza assieme a noi?...-.