L'ultimo post tratto dall'intervista rilasciata per il blog di MediationHub, riflette attorno ai valori e alla mission del mediatore o, almeno, di quel mediatore che risponde al nome di Massimo Silvano Galli.
Intervistatore: Visto che i guadagni sono magri, cosa ti spinge ad affrontare ogni mediazione?
M.S.Galli: Chi ha detto che i guadagni sono magri? Se non confiniamo la mediazione al semplice disciplinare una lite tra due condomini, piuttosto che una crisi matrimoniale, un conflitto scolastico o lavorativo, ma cominciamo a comprenderla nella sua totalità, se ne afferriamo l’aspetto fondante di ogni relazione umana, i margini di intervento sono infiniti. Se poi vogliano fare i romantici, c’è un valore aggiunto che ogni mediazione restituisce: le storie. Le storie degli uomini che la mediazione riunisce (anche nel senso di “rimette insieme”, di “rinarrare”, tessendo nuove trame e nuovi orditi in cui riconoscere un senso comune) con tutta la loro carica di vitalità spesso, ahìnoi, così trascurata e malriposta in questo nostro tempo che pare aver dimenticato quanto l’umano sia un animale in cui carne e storia si con-fondono contendendosi il primato del “chi sono”. Intervistatore: Vi sono, chiamiamoli “valori” cui ti ispiri per affrontare le mediazioni? M.S.Galli: Diciamo che il mediatore, quale soggetto neutrale (o che si sforza di essere neutrale) non dovrebbe avere alcun valore. Egli, semmai, è una specie di camaleonte che abbraccia e fa suoi i valori delle parti che a lui si rivolgono. Si pensi a quali danni fanno quei mediatori il cui valore è la giustizia, per dire uno dei fraintendimenti più comuni sul ruolo del mediatore. Qual’è è la giustizia in cui credono? La loro? Come la disciplinano? Aiuto! No, il mediatore, semmai, è un generatore di valori, quei valori che si creano quando due sguardi con desideri diversi (le parti) si incontrano e devono far copulare, per così dire, i loro desideri affinché ne nasca uno nuovo che li rappresenti entrambi. Il mediatore, cupido, aiuta questi due sguardi ad incontrarsi e a fondersi, affinché ne discenda un terzo meticcio, il più possibile sano e portatore di benessere: quella cosa che qualcuno chiama riduttivamente “accordo”. Intervistatore: Sempre rimanendo nei “valori”, ne individui alcuni specifici della Mediazione? M.S.Galli: A questo punto, parlerei di vision più che di valori. Personalmente, ne individuo due irrinunciabili e propedeutici a quell’approccio alla mediazione il più possibile scevro da pre-comprensioni e pre-giudizi: una concezione del conflitto come elemento evolutivo di ogni forma vivente e, quindi, non da sconfiggere o, peggio, da evitare ma, semmai, dai ricercare, lavorando per soppiantare ogni sua forma distruttiva con configurazioni costruttive e generative e, al contempo, una posizione equidistante o, meglio, equivicina a qualsivoglia concetto di verità, comprese quelle verità non ancora formulate. Senza queste due vision credo sia impossibile fare mediazione. Intervistatore: Quale è la tua “mission” personale? M.S.Galli: Nel mio studio di mediatore, come nella mia vita privata, nei miei incontri, durante le mie lezioni, nelle mie relazioni personali, provo a diffondere una cultura della mediazione che vada oltre i singoli particolarismi cui può essere applicata e oltre le sue, per altro opportune, speculazioni professionali. Intervistatore: Ora passiamo ad una domanda un po’ particolare. Vorrei che, senza pensarci troppo, mi definissi la mediazione con un simbolo, e con un altro mi indicassi il tuo essere mediatore. M.S.Galli: Giuseppe Capogrossi è uno dei più grandi pittori del Novecento e non solo italiano, ha disegnato per buona parte della sua carriera forme a metà tra ingranaggi, dentiere, specie di dita… Immaginate due mani o, appunto, due ingranaggi che si guardano, si sfiorano dando l’illusione di potersi/volersi incastrare, cosa che a volte quasi succede ma mai totalmente. Infatti, in queste opere, questi oggetti più che altro si osservano, a diverse distanze l’uno dall’altro, segnalando così la potenzialità dell’incastro, dell’incontro, della fusione, che tuttavia mai accade totalmente. Quel che accade, invece, è che tutte queste opere denunciano una bellezza, una relazione, un’armonia e un equilibrio faticosamente raggiunto. Io ho scelto uno di questi segni, di questi incontri promessi quale logo della mia attività che non si esaurisce nella mediazione, ma la contempla nel concetto più generale di relazione. Intervistatore: Un commento tuo personale sulla Mediazione, piena libertà di risposta...M.S.Galli: Abbiamo appena iniziato.